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Direttore responsabile: Fulvio Mazza
A. XV, n. 163, aprile 2021
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Home Page (a cura di La Redazione) . A. XV, n. 163, aprile 2021

Zoom immagine Gli autori contemporanei
analizzati con le loro opere

di Mario Saccomanno
Una raccolta di saggi di Guglielmo Colombero
scritti dopo il Duemila. Prefata da Fulvio Mazza


Tra le molteplici opere platoniche che hanno influenzato nel corso dei secoli un numero smisurato di autori, è da annoverare sicuramente il Simposio . Nel celebre testo, la classica formula dialogica, tipica delle opere di Platone, costruita sul modo di interrogarsi socratico, si interseca a una struttura tendente all’oratoria. Infatti, di volta in volta, nel dialogo è riportato il discorso sull’Eros proferito dai vari interlocutori, figure di spicco della società ateniese del tempo. A dare l’ultima definizione è proprio Socrate, che riporta ai presenti quanto riferitogli da Diotima, la sacerdotessa di Mantinea. Le tesi avanzate dal celebre filosofo ateniese cozzano con quanto affermato in precedenza da tutti i partecipanti al banchetto, fra cui spiccano descrizioni dell’Eros che hanno esercitato comunque un’influenza notevole nel corso del tempo, come quella del celebre commediografo Aristofane. Quest’ultimo, avvalendosi della forza espressiva del mito, aveva spiegato l’amore come una continua ricerca di una mancanza, sintomo di una condizione originaria di completezza recuperabile solo tramite l’incontro con la persona amata.
In questa sede, per avvicinarsi al testo che si vuole presentare, è importante considerare la conclusione del dialogo platonico. Si legge di Socrate che, infaticabilmente, dopo aver discusso sulle caratteristiche di Eros, continua a dialogare con alcuni interlocutori stremati su temi di svariata natura fino al sorgere dell’alba. Aristodemo – riporta Platone nel testo – rende noto che l’intento socratico era quello di mostrare come un bravo commediografo dovesse anche essere un bravo tragediografo. Ci sono numerosi dialoghi platonici in cui viene approfondito il tema dell’ecletticità nell’arte, di come sia importante o meno saper spaziare tra diverse sfumature che caratterizzano il proprio mestiere.
Di sicuro, risulta particolarmente significativo comprendere l’obiettivo verso cui tende la maieutica socratica in merito a questo aspetto, poiché il tema è attualissimo e stringente. In effetti, nella specializzazione di ogni lavoro, nella particolarizzazione di ogni occupazione che caratterizza il quotidiano, sembra davvero impossibile pensare a una modalità d’azione che possa essere realmente conforme al proposito socratico. Anche in campo artistico, le sfumature sono innumerevoli e in costante aumento tanto che possedere uno sguardo ad ampio raggio risulta essere davvero un’impresa ardua.
Di sicuro, l’eclettismo di cui parla Socrate appare necessario per costruire una visione che sia completa, in grado di includere ogni sfumatura sotto uno sguardo universale e, al contempo, soggettivo, cioè capace di non smarrire le proprie particolarità. Essere in grado di spaziare consciamente tra vari argomenti è uno degli elementi peculiari che emergono facilmente dalla lettura del testo
Nuovi percorsi della Letteratura contemporanea. Analisi, convegni, Prefazioni e recensioni sugli scrittori coevi (Bottega Editoriale, pp. 302, € 18,00) di Guglielmo Colombero. Del resto, anche Fulvio Mazza, curatore del testo e autore della Prefazione (che viene qui di seguito riportata), sottolinea giustamente la grande capacità di Colombero di saper muoversi egregiamente tra diversi temi senza snaturarsi e senza risultare mai ridondante agli occhi del lettore.
Il testo, di prossima pubblicazione, ripercorre alcune delle tappe principali della lunga e soddisfacente collaborazione con Bottega editoriale. I contenuti, come si sarà compreso, spaziano fino a includere, volendo riportare solo qualche esempio, recensioni di sillogi poetiche, romanzi, saggi e così via. Inoltre, le monografie, le introduzioni, gli interventi come moderatore in prestigiosi convegni che si incontrano nella lettura del volume, sono lavori che l’autore ha sempre intrecciato alla stesura e alla successiva pubblicazione dei suoi quattro testi, avvalorando ancor di più l’eclettismo a cui si faceva cenno poc’anzi a partire dalle speculazioni socratiche.
A ben vedere, è importante soffermarsi e chiarire ancora, particolarizzandone alcuni aspetti, come l’eclettismo di Colombero non abbia mai scalfito minimamente il suo modo d’agire. Il lettore che ha già imparato a conoscere le opere dell’autore e che magari non ha approfondito alcuni dei numerosi aspetti legati alla sua fitta produzione, nel leggere il testo a cui si sta introducendo si accorgerà facilmente di come Colombero abbia maturato nel corso del tempo uno stile singolare rintracciabile in ogni diverso approccio alla scrittura. Di sicuro, il filo rosso della produzione di Colombero è la sua voglia di snocciolare le tematiche di un testo, qualunque sia la natura che esso presenti. Di conseguenza, che si tratti di un romanzo, di un saggio, di una raccolta poetica, che si abbia a che fare con una commedia o con una tragedia – giusto per ricalcare il tema socratico di cui si è discusso in apertura – Colombero non smarrisce la sua identità, il suo essere. Al contrario, è sempre perfettamente a suo agio nell’indagine da tracciare. Un particolare riportato nella
Prefazione chiarisce questo aspetto: «Mi sforzo sempre più di scovare i criptosignificati annidati fra le righe di qualsiasi opera letteraria, romanzo, saggio o raccolta poetica che sia».
È possibile rendersi conto facilmente dell’eclettismo dell’autore leggendo i contributi di Colombero alle riviste
online Bottega Scriptamanent e DireFareScrivere già disponibili. Solo come esempio, è possibile imbattersi nella recensione del romanzo Tacchi di latta. L’amorale (Castelvecchi Editore, pp. 166, €17,50) di Giuseppe Sabino in cui vengono discusse le problematiche vicende di un ragazzo che cerca di districarsi tra bullismo, matriarcato e insegnamenti ricevuti distorti per riuscire a trovare se stesso, la propria dimensione. Altre recensioni utili a comprendere il modo di interrogarsi caratteristico di Colombero sono il commento al testo Introduzione a Sila. Luoghi e stagioni (Rubbettino Editore, 2017, pp. 128, € 15,00) di Filippo Veltri, oppure la recensione a Costantino. L’infante di Naissus (Il Seme Bianco, 2020, pp. 240, € 19,90) di Gerardo Passannante o, ancora, la recensione a Semplice svolta del destino (Planet Book, 2020, pp. 376, € 19,00) di Eleonora Fontolan.
Leggendo le anticipazioni al volume, si noterà come quanto descritto da Colombero presenti un’impronta caratteristica ben marcata, uno stile univoco capace di cogliere sfumature difficilmente intravedibili a un lettore poco attento. Ovviamente, Colombero tiene conto delle caratteristiche peculiari del linguaggio prescelto dall’autore del libro con cui interagisce tramite le sue introduzioni o recensioni. Considerando questo aspetto fondamentale, l’ecletticità di cui si è discusso diventa un vantaggio, una freccia affilata del suo arco che gli permette sia di indagare con più facilità gli aspetti caratteristici di un testo, sia di particolarizzare i suoi interventi e i suoi scritti. Di conseguenza, l’eclettismo è utilizzato per rendere nitidamente visibili i temi portanti di quanto, di volta in volta, discusso.


Mario Saccomanno

Dodici anni di costante, intensa e proficua collaborazione con Bottega editoriale rappresentano, volendo usare le parole del diretto interessato, «un fiore all’occhiello» nel curriculum letterario del critico Guglielmo Colombero, torinese, classe 1957.
Diplomato al prestigioso Liceo Classico “Vittorio Alfieri”, Colombero è un personaggio poliedrico: per quasi vent’anni si è guadagnato da vivere esercitando (piuttosto malvolentieri, pare) la professione di consulente informatico. Ma in gioventù, nell’irripetibile stagione degli anni Settanta, aveva ricoperto con passione il ruolo di direttore di sala del cinema “Giardino d’Essai”, uno dei cineforum torinesi più apprezzati dagli estimatori della filmografia d’autore. In tale contesto, si era fatto le ossa come esperto di critica cinematografica.
Chiuso l’indigesto capitolo informatico, il ritorno all’attività di esegeta, questa volta della parola al posto dell’immagine, ha significato per Colombero il recupero delle proprie radici culturali più autentiche, e anche della propria identità, frustrata per anni da un ambiente lavorativo che lui detestava cordialmente. E non solo nell’indagine su testi altrui: Colombero è anche autore, e grazie al supporto di Bottega editoriale ha potuto pubblicare quattro singolari romanzi storici, due con Falzea Editore – Himilce la sposa di Annibale (2007, pp. 346, € 15,00), Tomyris la signora delle tigri (2009, pp. 282, € 15,00) – e due con Città del Sole Edizioni – Ombre a Betlemme (2012, pp. 336, € 15,00), Constantinus. La croce e il serpente (2014, pp. 408, € 18,00). Guarda caso, due editori entrambi calabresi: per cui, dal punto di vista letterario, il nordico Colombero (padre piemontese, madre friulana) si può definire meridionale d’adozione.
Leggendo le sue recensioni – alcune di prossima uscita sulle riviste online Bottega Scriptamanent e DireFareScrivere – di opere già pubblicate e in corso di pubblicazione, le sue monografie e le molteplici prefazioni, e scorrendo i suoi interventi come moderatore dei convegni tenutisi nel 2019 con la Federazione unitaria italiana scrittori – un primo al Salone Internazionale del Libro di Torino e i successivi due presso la sede della Fuis a Roma, seguiti poi dalla fiera Più Libri Più Liberi di Roma, con la presenza dello psicologo Annibale Bertola – e dei convegni svoltisi in modo virtuale nel 2020, il lettore si renderà conto di come sia impossibile delimitare la creatività di Colombero entro la nicchia ristretta dell’accademismo e del culto della forma. Volendo lanciare un sassolino nello stagno, potrei affermare che la critica letteraria di Colombero è iperbolica, trasgressiva e barocca. Nel senso che si proietta sempre oltre il perimetro dell’analisi e del commento dei testi. «Io punto a insinuarmi nel corpo della scrittura», mi ha confidato di recente, «e mi sforzo sempre più di scovare i criptosignificati annidati fra le righe di qualsiasi opera letteraria, romanzo, saggio o raccolta poetica che sia. Quei significati reconditi dei quali talvolta neppure gli stessi autori sono pienamente consapevoli».
Memore della sua preziosa esperienza di critico cinematografico, Colombero tenta sempre di “visualizzare” le parole che analizza, di plasmare delle vere e proprie proiezioni mentali sia delle alchimie autoriali che dell’immaginazione di chi legge. Ciò ovviamente non significa accantonare i canoni dell’analisi testuale: la descrizione dell’itinerario narrativo e la ricostruzione delle sue strutture, l’interpretazione dei simboli e delle allegorie, la definizione degli eventuali attributi metatestuali. La comprensione delle ragioni d’essere di un testo resta una tappa fondamentale dell’indagine critica di Colombero, dove il metodo analitico si amalgama armonicamente con la riflessione metodologica.
Il risultato di questo paziente lavoro sia esegetico che ermeneutico è dunque condensato in queste pagine, che offriamo al lettore in una struttura sintetica e accessibile, in grado di stimolare l’attenzione verso la parola scritta, sia sotto il profilo culturale che sotto quello dialettico, ma senza trascurare il versante del puro e semplice piacere della lettura.

Fulvio Mazza

(www.bottegascriptamanent.it, anno XV, n. 163, aprile 2021)

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