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Comunicazione e Sociologia (a cura di Marilena Rodi) . Anno IV, n. 33, maggio 2010

Zoom immagine Tutto ciò che c’è da sapere
sullo smaltimento dei rifiuti.
L’ennesimo inganno politico
ritratto di un sistema malato

di Marina Bisogno
Da Edizioni creativa un libro che svela
la nocività e l’inutilità dell’inceneritore


Ogni problema è generato da una causa, e il dramma del trattamento dei rifiuti affonda le sue radici in un modus vivendi totalmente da riformare. Convinti che il consumo sia condizione necessaria per il nostro vivere, ci lasciamo manipolare dai media e dalla continua creazione di bisogni inesistenti. Gianluca Ferrara, direttore editoriale di Edizioni creativa, ha dato vita per la collana Dissensi, ad un testo di denuncia e di informazione in cui affronta l’atavico problema dello smaltimento dei rifiuti, mettendone in luce le zone d’ombra.

Al di là del “Caso Campania”, egli spiega con un linguaggio semplice ed efficace la pericolosità e l’inutilità dei termovalorizzatori, denunciando la mancanza d’informazione e la manipolazione del sistema di smaltimento da parte delle classi politiche di turno. Con la collaborazione del professore americano Paul Connet, di Rossano Ercolini, insegnante impegnato da anni nella lotta contro gli inceneritori, e di Alex Zanotelli, religioso e missionario italiano, l’autore solleva il mantello sotto cui i più tentano di nascondersi, riesumando una verità graffiante e difficile da accettare.

Incenerire i rifiuti? No, Grazie! (Edizioni creativa, pp.102, € 10,00) rivela che è il sistema economico attuale, con la malsana idea che tutto può essere usato, scartato e bruciato, ad incentivare la cultura del termovalorizzatore. Partendo da tale premessa, Ferrara muove una critica profonda a questa maniera smodata, perversa e acritica, che condurrà ciascuno di noi, da Nord a Sud, all’auto-disfacimento. Un testo che racchiude notizie d’élite, che gli ordinari sistemi d’informazione preferiscono celare ai più e che solo i coscienziosi riescono a procurarsi, ponendosi domande e inseguendo le risposte. Una successione di false verità che creano disagio e tanta rabbia, ma che dovrebbero spingerci ad acquisire un ruolo critico e partecipe all’interno di questa società civile o presunta tale.

 

I danni alla salute e gli inceneritori

«A prescindere dalla terminologia con cui si vogliono denominare (inceneritori, termo-distruttori, termovalorizzatori o come fanno a Parma con il nome di Polo ambientale integrato, termine che invoglia quasi a recarvisi per fare un picnic…) è sicuro che tutti gli impianti costruiti per incenerire i rifiuti (compresi quelli dotati di Bat, Best available techniques) producono una miriade di sostanze estremamente pericolose. Quali sono queste sostanze? Prima di tutto, alcune polveri che sono particelle microscopiche, classificate in base alla propria dimensione. […] Sfortunatamente, più fini sono le polveri e più pericolose diventano per la salute; basti pensare che queste particelle sono così piccole che non possono essere filtrate dal naso e dai bronchioli; anzi, possono penetrare in profondità, nei polmoni, tanto da poter attraversare la parete cellulare e giungere fino al nucleo della cellula agendo sul suo Dna». Gli inceneritori, oltre alle polveri, generano metalli pesanti come piombo, mercurio, arsenico e cadmio, altamente nocivi per la salute.

Tra l’altro questi velenosi giganti non riducono i rifiuti ma li trasformano semplicemente. Le ceneri prodotte andrebbero depositate in discariche speciali i cui costi superano dieci volte quelli delle discariche tradizionali. Il danno generato dall’incauta ed illegale gestione di queste ceneri è immane, venendo così violato il diritto alla salute enunciato nel nostro testo costituzionale. Non esiste nemmeno una convenienza economica, infatti «il trasporto […], la pressatura dei rifiuti e l’essiccatura richiede più energia di quella determinata dalla loro combustione. Ma, e qui sembra il maggior paradosso, l’energia prodotta dai cosiddetti termovalorizzatori viene venduta all’Enel ad un prezzo di circa il triplo di quello medio stabilito dal mercato». Il dato più sconvolgente è che questo è possibile grazie al pagamento da parte dei contribuenti Enel della Cip6, (Comitato interministeriale prezzi n.6 del mese di aprile 1992, che stabiliva i prezzi con i quali i privati potevano vendere all’Enel energia elettrica prodotta da fonte rinnovabile o assimilata). In conclusione ciascuno di noi paga per il proprio avvelenamento. Ricostruita l’amara verità, l’autore si concentra sui mezzi alternativi, prendendo ad esempio le esperienze di altri paesi. L’ideale sarebbe l’utilizzo dell’energia proveniente da materiali riciclati perché gli inceneritori rinforzano lo spreco.

 

Rifiuti zero

L’autore rileva che alcune città americane quali San Diego, Philadelphia e Boston hanno abolito la costruzione di termovalorizzatori e che in Europa alcuni paesi stanno puntando sull’energia eolica e sul riutilizzo. Ferrara riporta le esperienze di singole regioni d’Italia ed in particolare quella della Campania, che da zona fertile è stata tramutata in pattumiera nazionale, causa l’ingerenza della criminalità organizzata.

La via d’uscita si fonda sull’impegno e su un’inversione di tendenza radicale, che imponga un consumo coscienzioso, le cui tappe e strategie sono riportate nel testo.

L’applicazione di una raccolta differenziata porta a porta, di incentivi e il compimento di operazioni di riciclaggio condurrebbero al tanto agognato “Rifiuti zero”, un motto che implica la pretesa da parte di tutti noi che le industrie non si servano mai e poi mai di materiali non riciclabili, proprio come avviene in altre realtà civili. Nel testo non mancano le accuse, ma quello che emerge da queste pagine è una richiesta di generalizzata responsabilità. L’emergenza è una questione italiana e soprattutto perenne, figlia del malgoverno e dell’abulia, destinata a schiacciarci almeno fin quando governanti e governati non opteranno per un diverso regime di vita, fatto di essenzialità e coscienza critica.

 

Marina Bisogno

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno IV, n. 33, maggio 2010)
Collaboratori di redazione:
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