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Filosofia e religioni (a cura di Angela Potente) . Anno IV, n. 31, marzo 2010

Zoom immagine La simbologia
del sangue

di Eliana Grande
Il Mulino pubblica
nuove riflessioni
sul valore del sacro


Con l’intento di fornire un Contributo ad una lettura dell’Occidente cristiano, come esplicitamente annunciato dal sottotitolo, Geraldina Boni e Andrea Zanotti, entrambi studiosi di Diritto canonico e docenti presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Bologna, hanno dato alle stampe l’ultimo frutto delle loro ricerche, intitolato Sangue e diritto nella Chiesa (il Mulino, pp. 352, € 25,00).

Attraverso un’esposizione chiara e sistematica ed una cospicua quantità di riferimenti bibliografici – utili al lettore interessato ad approfondire ulteriormente una tematica affascinante ma anche vasta e complessa – gli autori si muovono all’interno di un’articolata costellazione di significati simbolici legati al sangue, spostandosi, di volta in volta, tra le diverse possibili prospettive: teologica e liturgica, antropologica e sociologica, storica e giuridica. Da tutto ciò viene fuori un quadro composito di rimandi e intrecci che, in ultima analisi, si raccolgono e ricollegano intorno ad un elemento – il sangue, appunto – che, per sua stessa natura e fin dagli albori della storia umana, è connotato da una pluralità semantica e simbolica. Infatti: «L’uomo non è mai rimasto indifferente al sangue, anche se la caratteristica saliente della reazione al sangue va probabilmente ricercata nella sua ambiguità: raccapriccio e fascino, ripulsa e attrazione, tremore e trepidazione; sangue vettore di purezza e di putredine, di spurcitia e di sanctitas; sangue come icore divino e sangue come eccipiente di germi maligni e di virus patogeni; sangue come apportatore di lutto e rovina e sangue come talismano, con efficacia catartica o anche apotropaica».

 

Il sangue di Cristo

Il primo capitolo è interamente dedicato all’esposizione della tematica relativa al versamento del sangue di Cristo, alla sua finalità salvifica e al superamento definitivo, da esso suggellato, dell’antica alleanza fra Dio e il suo popolo, in virtù dell’inaugurarsi di una nuova riconciliazione, scaturita, questa volta, non dal sacrificio veterotestamentario di un agnello immolato al Signore, bensì da quello del Figlio stesso di Dio. L’“Agnello senza macchia” attraverso l’effusione del suo sangue redime il mondo e riallaccia, una volta e per sempre, i legami spezzati fra terra e cielo, umano e divino, naturale e soprannaturale. La croce stessa, altare e patibolo sul quale avviene l’offerta, diviene luogo di congiunzione e intersezione fra la dimensione materiale e quella spirituale.

Il sacrificio di Cristo, dunque, in virtù del suo essere «libero e volontario» e «ostensione inaudita dell’amore del Padre e del Figlio» diviene supremo, «“Il Sacrificio” per eccellenza, anzi l’“Unico Sacrificio” che oltrepassa definitivamente quelli veterotestamentari, i quali pure ne avevano costituito – per traslato – il paradigma».

La logica retributiva dei sacrifici animali, che aveva caratterizzato fino ad allora il rapporto fra uomo e Dio, viene scardinata e oltrepassata dall’evento del Golgota, che va a costituirsi, quindi, come spartiacque fra antico e nuovo patto. «Secondo la formula eucaristica il sangue di Cristo è garanzia di una nuova alleanza con Dio; la sua morte sacrificale garantisce quella nuova alleanza annunziata in Geremia, 31, 31 ss., che si concreta nella nuova legge scritta non più nella pietra ma nei cuori e che comporta il perdono dei peccati».

 

Sangue e diritto, fra ombre e luci

Dopo l’affascinante disamina di questa tematica relativa al valore salvifico del sangue di Cristo, ricca di spunti di riflessione troppo delicati e numerosi per poter essere qui adeguatamente approfonditi, la trattazione passa ad indagare quegli aspetti e quei rimandi simbolici legati al sangue che hanno investito, nel corso dei secoli, non solo la sfera teologica ma anche, come dicevamo, quella antropologica, sociale e giuridica.

Attraverso un percorso argomentativo chiaro e ben documentato, l’attenzione degli autori va a toccare una dopo l’altra tali varie implicazioni: dall’orrore nei confronti del sangue, dichiarato dalla chiesa delle origini – emblematicamente espresso dall’interdizione nei confronti dei chierici a svolgere qualsiasi attività che potesse comportare spargimento di sangue, dalla guerra alla caccia, fino all’esercizio della medicina e della chirurgia – passando per i vari divieti basati sul vincolo del sangue – impedimenti a ricevere gli ordini sacri o a sposarsi per motivi legati alla “purezza” del sangue – fino alle prescrizioni alimentari riconducibili al sangue ed espresse dal divieto di mangiare determinati tipi di carne, finanche alla totale astinenza.

Vi è spazio, nelle pagine di questo studio, oltre che per la conoscenza di numerose curiosità erudite riconducibili alla chiesa nascente, anche per l’approfondimento di risvolti che sono stati rilevanti nel corso dei secoli o sono proprio oggi particolarmente significativi nell’ambito del diritto e in quello del rapporto tra chiesa e società. Ci riferiamo, ad esempio, alle delicatissime tematiche bioetiche relative alla clonazione, all’ingegneria genetica e alla fecondazione artificiale o, risalendo indietro nel tempo, all’ombra nefasta che le crociate, l’Inquisizione e la persecuzione perpetrata nei confronti degli eretici e ogni forma di violenza e intolleranza hanno gettato sulla storia dell’istituzione ecclesiastica e dell’intero Occidente cristiano, come riconosciuto dallo stesso Giovanni Paolo II, che chiese perdono di tutto questo un decennio fa, in occasione dell’anno giubilare e dell’ingresso nel nuovo millennio.

 

La riscoperta del sacro nell’era della tecnica

Il sangue, dunque, come elemento fondamentale nell’ambito del cristianesimo, dai suoi albori fino ai giorni nostri, in questa epoca multisfaccettata in cui convivono da una parte «il procedere della tecnica e il congedo del sacro che essa sembra trascinare con sé come un corollario» e dall’altra «il diffondersi di esperienze e dati di realtà che sembrano andare nella direzione diametralmente opposta». Basti pensare alla grande attenzione che si concentra intorno al fenomeno delle stimmate, del culto delle reliquie, o dello stesso sangue di Cristo. Un paradosso che poi forse tale non è, seguendo lo spunto di riflessione proposto dal libro nella sua fase conclusiva: «l’età della tecnica produce, nel suo inesausto comunicare, deserti di solitudine che non trovano più composizione nel vivere comunitario, dimensione invece indispensabile per ogni religione degna del nome. [...] Se così stanno le cose, alcune manifestazioni cultuali e religiose che a prima vista sembrerebbero fuori storia [...] possono riacquistare una piena cittadinanza proprio in quei contesti che mirano a espellere le visioni religiose del mondo».

Il discorso, dunque, dopo aver compiuto un largo giro, va a ricongiungersi proprio al punto dal quale era partito: il sangue di Cristo, quel sangue sparso sul terreno del Golgota nel venerdì santo, quel vino offerto ogni giorno nel rito eucaristico.

Questa circolarità ben evidenzia, allora, l’esigenza di riscoprire e rivalorizzare il significato originario, essenziale e sacrale del sangue come vita e «recuperare una visione della religione che fu quella dell’Occidente, ancorata alla carne e al sangue dell’Uomo salvatore».

 

Eliana Grande

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno IV, n. 31, marzo 2010)

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
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