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Anno III, n. 27, Novembre 2009
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Home Page (a cura di Anna Guglielmi) . Anno III, n. 27, Novembre 2009

Zoom immagine Marco Travaglio racconta
fatti pubblici, ma oscurati

di Pierpaolo Buzza
Il viaggio in un paese diviso tra sprechi, illegalità
e ipocrisie: episodi molto importanti ma poco noti


Partiamo da un presupposto: Marco Travaglio non è di destra né di sinistra. È un giornalista. E, in quanto tale, il suo unico dovere è quello di raccontare i fatti.

Purtroppo però il semplice raccontare gli avvenimenti, in un paese che ha fatto della disinformazione la sua principale politica sociale, ha una portata sovversiva non indifferente.

Italia anno zero (Chiarelettere, pp. 512, € 16,00) è la raccolta degli interventi di Marco Travaglio nella trasmissione Annozero dal suo inizio (14 settembre 2006) fin quasi al termine della terza stagione (2 aprile 2009). I testi sono accompagnati dalle vignette di Vauro, che con la sua satira al vetriolo ha sollevato molte polemiche, e dalle interviste di Beatrice Borromeo alla “Generazione Zero”.

Leggendo con attenzione gli interventi di Travaglio, si riescono a scorgere dei “fili rossi” che vanno a ricostruire, consentono di scorgere nessi, di capire i perché, pongono domande, contestano. Insomma, Travaglio fa il lavoro opposto a quello della grande maggioranza dei sedicenti “intellettuali” italiani da Machiavelli in poi, come osserva il magistrato Roberto Scarpinato.

 

Legge e ordine. A che livello?

Uno dei tasti su cui l’autore batte maggiormente è quello della legalità dello stato. Travaglio è impietoso nel paragonare l’Italia agli Usa: emblematico è il recente caso Madoff, truffatore per milioni di dollari. Quando è stato arrestato, il suo avvocato ha chiesto gli arresti domiciliari e il giudice ha risposto: «La sua età e la pena che lo aspetta sono un incentivo per scappare. Arrestatelo». L’udienza è durata un’ora e mezzo. Madoff è stato condannato al massimo della pena, 150 anni di carcere. In Italia, ben altra musica: i processi a bancarottieri come Tanzi e Cragnotti vanno a rilento e ci sono possibilità che si concludano con un niente di fatto. «E ringraziamo Clementina Forleo e la Procura di Milano se i furbetti del quartierino non si sono pappati l’Antonveneta e la Bnl, oltre al Corriere della Sera».

Il giornalista prosegue con un altro intervento: «quando qui, ad Annozero, abbiamo domandato a Giulio Tremonti perché non ripristina almeno il reato di falso in bilancio, ha risposto che in America è vietato, ma lo fanno lo stesso. Se è per quello fanno anche gli stupri e le rapine: che facciamo, depenalizziamo anche quelli? Il pm Francesco Greco, che ha indagato su tutti i grandi crac, ha spiegato che in Italia Madoff non sarebbe neppure finito in galera».

Secondo Travaglio – come verrà illustrato in seguito – un simile clima di illegalità ad alti livelli si verifica perché l’Italia ha una classe politica che non può permettersi delle severe leggi contro i reati finanziari.

 

Quanto ci costa l’illegalità della classe dirigente

I danni alla comunità determinati da questo modo di gestire la giustizia sono enormi. Truffe per milioni di euro sottratti allo stato, quindi agli ospedali e alle scuole, sono rimaste impunite. Fiumi di soldi pubblici sono stati nella migliore delle ipotesi sprecati dalla cosiddetta Casta; nella peggiore, finiti in mano alla malavita organizzata. «Ora una domanda si impone: non c’era proprio altro da tagliare, prima dell’istruzione e della ricerca? La sanità ci costa 102 miliardi l’anno. Possibile che un posto letto costi 455 euro al giorno in Lombardia e 897 al San Camillo di Roma? Che i parti cesarei siano il 23 per cento in Alto Adige e il 59 in Campania? Che la Sicilia abbia tante cliniche e laboratori accreditati quante tutte le altre regioni d’Italia messe insieme e spenda per la sanità il 30 per cento in più della Finlandia?»

Risolvere questa drammatica situazione sembrerebbe impossibile, servirebbe una grossa spinta dal basso, ma ci hanno portato a pensare che la politica, la giustizia, le istituzioni sono una cosa lontana da noi, che non ci riguarda. Quante volte abbiamo sentito la frase “il conflitto d’interessi l’hanno risolto gli elettori”?

 

I motivi della vastità dello scempio

Travaglio argomenta che il motivo per cui l’Italia si sia ridotta in tale stato risiede nella classe politica che mira a proteggere se stessa. Di più: molti politici entrano in parlamento apposta per cambiare le leggi e difendere se stessi dai loro processi, perlopiù connaturati a reati finanziari e patrimoniali. Per fare un esempio su tutti: il Tribunale di Milano, in data 30 gennaio 2008, ha prosciolto l’imputato Berlusconi perché il fatto (cioè la falsità dei bilanci Fininvest, dai quali l’accusa argomentava fossero state tratte le tangenti destinate ai giudici romani corrotti da Previti) non è più previsto come reato e questo grazie a una legge che nel 2002 proprio la maggioranza dell’allora premier Berlusconi fece approvare a processo in corso. Il conflitto di interessi è colossale; i danni per la comunità pure.

«Fortuna che c’è il ministro dell’Attuazione del Programma, Gianfranco Rotondi: ha appena creato il “Comitato tecnico-scientifico per il controllo strategico delle risorse nelle amministrazioni dello Stato”. Presidente? Paolo Cirino Pomicino. Ma parteciperà pure un altro ex ministro Dc condannato per Tangentopoli, Carlo Bernini. Sentenze per corruzione a parte, ce lo ricordiamo che sono quelli del più grande debito pubblico dell’Occidente?»

Interrogato sulle sue vicende giudiziarie, Pomicino si difende: «Ho solo due condanne e molte più assoluzioni». Finché gli argomenti difensivi di chi ha responsabilità politiche saranno questi, c’è poco da meravigliarsi se i conti pubblici non si risaneranno mai. Dunque, secondo Travaglio, il conflitto di interessi trova in Berlusconi il suo più alto rappresentante, ma è un problema dell’intera classe politica. Non è un caso che quando viene chiesta l’autorizzazione a procedere nei confronti di un parlamentare, i suoi colleghi, trasversalmente, la neghino.

E non è un caso che, in un paese i cui politici si sono scagionati da gravissime accuse grazie alla prescrizione, la giustizia sia così lenta.

 

Dove va a finire il depistaggio mediatico

Di fronte a un tale dilagare di illegalità ai “piani alti”, su quale tema vengono allora portate avanti le campagne elettorali? La sicurezza dalla microcriminalità.

«Come dice il giudice Piercamillo Davigo, c’è una bella differenza tra le leggi di sicurezza e le leggi di rassicurazione. Le prime ci rendono sicuri dai delitti, le seconde sicuri di essere sicuri. Effetto placebo. E qui non c’è destra e non c’è sinistra, anzi c’entrano entrambe: in quattordici anni hanno governato sette anni per ciascuna, sempre nella stessa direzione. Niente sicurezza, tanta rassicurazione.

Sicurezza è rendere più brevi i processi o più lunga la prescrizione e più certe le pene: così i colpevoli vanno in galera prima, gli innocenti escono subito, e il delinquente straniero gira alla larga dall’Italia. […]

Rassicurazione è strillare “tolleranza zero”, “basta scarcerazioni facili”, “immigrati a casa loro”, “castrazione ai pedofili”, “pena di morte”, galera per lavavetri, accattoni, writers; “sindaci sceriffi”, braccialetti elettronici, poliziotti di quartiere, tornelli in tribunale, e poi non fare nulla di concreto».

Travaglio sostiene che fare la faccia cattiva davanti alla microcriminalità (senza comunque intraprendere azioni efficaci) serva alla politica per distrarre l’opinione pubblica dalla “vera” criminalità: quella dei politici, dei banchieri, dei grandi manager, dei mafiosi. Per sostenere questa tesi, Travaglio si sofferma su un esempio: il famoso “stupro della Storta”, avvenuto a Roma nella primavera del 2008.

«La nostra redazione ha monitorato tre giorni di Tg Mediaset dopo lo stupro della ragazza africana nel quartiere periferico romano della Storta e dopo l’omicidio dell’anziana signora ai Parioli. è impressionante: uno stupro e un omicidio hanno avuto più aperture di telegiornali e più programmi di approfondimento dell’attentato alle Torri gemelle. […] Il 20 aprile [2008, Ndr] il Tg5 è riuscito a dedicare sei servizi alla cosiddetta “emergenza sicurezza”, per un totale di 10 minuti e mezzo. “Scia di sangue”. “Paura”. “Terrore”. “Le ronde”. “Manganelli”. Il Bronx è Eurodisney, al confronto.

Eppure ogni giorno in Italia vengono stuprate quattro donne, viene uccisa una persona e ne muoiono tre o quattro sul lavoro. Perché lo stupro alla Storta sì e tutti gli altri no? Perché è uno stupro speciale. Intanto è arrivato nel posto giusto al momento giusto: a Roma, tra il primo e il secondo turno delle elezioni comunali. Il centrodestra, per rimontare, cavalca l’insicurezza. E il capo del centrodestra possiede tre televisioni. E il centrodestra controlla due reti Rai su tre. Viene quasi il sospetto che ne parlino apposta».

E in questo clima di intimidazione mediatica, le leggi che vengono approvate, ad esempio, sull’immigrazione, all’atto pratico producono l’unico effetto di aumentare la rassicurazione e diminuire la sicurezza. La Bossi-Fini ne è un esempio. Nel primo intervento del libro, datato 14 settembre 2006, Travaglio argomenta con esempi concreti come la legge «punisce chi viene per lavorare e premia chi viene per delinquere». Nessun controsenso: se le leggi sull’immigrazione vengono scritte per rassicurare un elettorato spaventato, non potranno mai essere lungimiranti.

 

Chi si oppone?

I baluardi che si dovrebbero innalzare contro questo perfetto sistema propagandistico dovrebbero essere due: un’opposizione forte e una stampa indipendente.

Per quanto riguarda l’opposizione, forse non c’è neanche bisogno che lo spieghi Travaglio perché il Pd è a pezzi. L’intervento del 12 marzo 2009 è intitolato Il partito che non c’è, e la vignetta di Vauro raffigura una cornice vuota. Sopra, la scritta «il paese ha bisogno di opposizione». Sotto, «ora e sempre, inesistenza!»

In questo intervento Travaglio ricostruisce la storia del Pd, senza lasciare spazio a dubbi: una classe dirigente ingessata in vecchi dualismi e, al di là delle intenzioni, chiusa alla “società civile” non permette quello slancio innovativo che gli consentirebbe di recuperare l’elettorato perso. Non è un caso se «il Pd perde tutte le elezioni, come Fantozzi che ha perso tutti i mondiali e un paio di mundialitos: le politiche, le comunali a Roma, le regionali in Sicilia, Val d’Aosta, Friuli e Abruzzo. Ma Veltroni ripete che la linea è quella giusta: sono gli elettori che non capiscono». Forse il paragone con Fantozzi è impietoso, ma indubbiamente efficace.

In una situazione del genere, non ci si può aspettare che l’“opposizione” si opponga veramente. E la stampa? Che ruolo gioca?

 

«In una democrazia matura, la stampa è il cane da guardia del potere. In Italia, è il cane da riporto»

Travaglio sostiene che la stampa, intesa in senso lato, non sia libera di attaccare il potere come in tutte le democrazie mature. D’altronde, se il leader di uno schieramento politico è proprietario di tre reti televisive, e quando è al governo nomina i dirigenti di altre tre, l’informazione non potrà mai essere indipendente. Nel migliore dei casi (quando al governo c’è uno schieramento di centrosinistra), sarà un’informazione partitica. Nel peggiore, sarà propaganda di regime. L’autore identifica così quattro tecniche mediante le quali l’informazione viene manipolata.

«NOTIZIE COL PRESERVATIVO. Sopire, troncare, spalmare di vaselina i fatti più scomodi. […] Giulio Tremonti viene cacciato dal governo perché Fini lo accusa di aver presentato “conti falsi all’Ue”. Pionati smussa: “Da fonti vicine a Palazzo Chigi, si apprende che il clima è sereno e costruttivo”. […] Carlo Lucarelli minaccia una replica di Blu Notte sulle stragi di mafia del 1992, ma la Rai lo blocca: ci sono le elezioni, Falcone e Borsellino violano la par condicio. Ci vorrebbero Riina e Provenzano per garantire il contraddittorio, ma pare che non vogliano venire.

TU CHIAMALE, SE VUOI, RIMOZIONI. Tutte le notizie scomode per Berlusconi o comode per la sinistra spariscono. […] Tutto il mondo vede Berlusconi fare le corna al vertice internazionale di Cáceres, in Spagna, ma il Tg1 le taglia. Tutto il mondo lo sente dare del “kapò nazista” a Martin Schultz, ma il Tg1 taglia. “Roba che nemmeno la televisione dell’Unione Sovietica ai tempi di Breznev”, commenta il “Financial Times”. […] Il 5 maggio 2005 esplode l’inchiesta sulle scalate bancarie. Ma il Tg1 non ne parla, ha ben altro da raccontare. Ecco la scaletta di quell’edizione delle 20: politica; esteri; le punizioni a scuola; la piaga dell’obesità; e, per la par condicio, la pastasciutta […] caldo e spiagge (il 5 maggio!); infine la notizia del secolo: “Un’anatra, negli Usa, ha deposto le uova sotto un albero del Dipartimento del Tesoro. Il servizio del nostro corrispondente…” Altro che scalate bancarie: la notizia del giorno è che l’anatra fa le uova».

Proseguendo con la carrellata delle tecniche di “manipolazione genetica delle notizie”:

«FALSI D’AUTORE. A volte le notizie ci sono. Peccato siano false. Andreotti viene riconosciuto colpevole di mafia dalla Corte d’Appello e dalla Cassazione, fino al 1980 (reato commesso, ma prescritto): tutti i Tg dicono che è stato assolto. Per mesi parlano delle “tangenti Telekom Serbia” a Prodi, Fassino e Dini narrate dal “supertestimone Marini”: poi il truffatore viene sbugiardato e arrestato per calunnia, ma nessuno lo dice. […]

Sempre più difficile: la NOTIZIA SENZA NOMI. Il cronista giudiziario della Rai di Milano, Carlo Casoli, scopre che Previti è imputato per corruzione giudiziaria anche a Roma. Ma nessun telegiornale né giornale radio vuole il suo servizio. Lui insiste e alla fine un direttore cede: “Ok, manda il servizio, ma mi raccomando: non fare nomi”».

In un quadro di depistaggio collettivo, Travaglio e i professionisti del suo calibro (ce ne sono, anche se meno famosi) sono più che utili; sono necessari. Se è vero che la democrazia si basa sulla distinzione tra i poteri, sull’opposizione parlamentare e sull’indipendenza della stampa, senza giornalisti come Travaglio saremmo molto più vicini a una dittatura di quanto potremmo anche solo permetterci di immaginare.

 

Pierpaolo Buzza

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno III, n. 27, novembre 2009)

 

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