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Anno III, n.25, Settembre 2009
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Letteratura contemporanea (a cura di Maria Franzè) . Anno III, n.25, Settembre 2009

Zoom immagine Adolescenza e solitudine: ricordi
e sensi di colpa, il dolore vissuto
come espiazione e scelta di vita

di Paola Nuzzo
Il romanzo di Falzea narra l’esistenza
di Zelinda tra sofferenza e riscatto


Zelinda ha sedici anni e cammina nella vita “controvento”, vive in un altro tempo, quello del ricordo, della promessa e dell’attesa.

Camminare controvento è una metafora della vita; implica uno sforzo maggiore, significa muoversi con un “peso aggiunto” che non consente di avere un passo svelto e naturale.

Avere un “peso sul cuore” incide profondamente sulla nostra possibilità di vivere una vita soddisfacente e questo, simbolicamente, è ciò che accade alla protagonista del romanzo che si trascina, arranca, annaspa e, correndo senza meta, scappa disperatamente e, scappando, non sente il dolore che prova.

Dopo la perdita improvvisa del padre, Zelinda non riesce più a vivere e si chiude nel buio della solitudine, un buio che è fatto di droga, sesso e autlesionismo.

Zelinda non riesce a superare il dolore e per questo si rifugia in un silenzio ostile e indifferente. Ha un pessimo rapporto con la madre e reagisce al suo amore con freddezza comunicando con lei solo attraverso le urla. Separate dal silenzio, tra loro c’è una grande tristezza.

Controvento (Falzea editore, pp. 142, € 12,00), un romanzo di Antonio Ferrara, può essere ricondotto al filone adolescenziale. In questo caso si parla di un’adolescenza inquieta, quella del dolore, che non permette di esprimersi liberamente e non consente di vivere le emozioni positive e forti, i sentimenti e le amicizie intense caratteristiche di quella età.

L’autore, che ha già scritto altri libri per ragazzi, si immedesima nel mondo degli adolescenti anche dal punto di vista dello stile; scritto in prima persona, in modo diretto e scorrevole, sembra un romanzo autobiografico che coinvolge il lettore.

I destinatari privilegiati saranno i ragazzi, ma tutti coloro che si avvicineranno a questo libro scopriranno una scrittura intensa e ritmata.

 

I lati oscuri di un’età complessa

Ferrara ha la capacità di mettere in luce gli aspetti più oscuri di un’età così complessa soffermandosi, in modo interessante, anche sulle conseguenze di un dolore che non riesce ad essere contenuto, soprattutto quando manca la presenza di una figura adulta che possa rappresentare un riferimento positivo e affettivo.

Spesso, sia i genitori che gli insegnanti non si accorgono del malessere dei ragazzi, ma in questo caso Perrone, il professore di Chimica, rivolge la sua attenzione su Zelinda notando le sue braccia piene di tagli; decide di affrontare con fermezza la madre della ragazza per cercare di «curare lo smarrimento» che toglie a Zelinda il «coraggio di guarire».

La giovane sembra infastidita, in fondo capisce che il ruolo dell’insegnante è anche questo: accorgersi dei campanelli di allarme e intervenire prima che sia troppo tardi.

Il dolore non metabolizzato e l’incomunicabilità, vissuta nel rapporto con la madre, portano la ragazza a tormentarsi utilizzando ora il sesso, ora un taglierino, infliggendo al suo corpo ferite evidenti.

Zelinda cerca di autodistruggersi e il taglierino diventa una metafora della sua vita piena di lacerazioni, il simbolo del suo malessere e della sua volontà di ferirsi, di farsi del male.

Spesso i ragazzi subiscono il dolore del loro destino senza reagire e diffidano di tutti: degli adulti ma anche dei loro coetanei.

Con questo sintomo la ragazza lancia segnali lampanti al mondo che la circonda: «Sono una dark. Sono scura, io, nei vestiti e nel cuore». Questo è l’Incipit del romanzo che scorre tra un presente faticoso pieno di ricordi, flashback e sensi di colpa: Zelinda si sente responsabile della morte del padre e cerca «una pausa a un dolore senza riparo».

 

La fiducia riconquistata

Tutto il disordine che c’è nella sua stanza è lo stesso che ritrova nella vita; manca di motivazioni e così vaga senza una meta, senza un obiettivo e riflette su come «tutte le cose erano unite tra di loro, prima, e ora sono sfilacciate e lontane».

Poi, grazie all’incontro con un suo coetaneo, si apre di nuovo al mondo e la speranza torna ad illuminare la sua vita.

Federico gli permette di riconquistare la fiducia in se stessa e negli altri, di affidarsi di nuovo a qualcuno e soprattutto di ricominciare finalmente a vivere come un’adolescente.

E se prima Zelinda si «perdeva nel passato», adesso Federico la incita a guardare al futuro, a «giocare ad andare al cinema a dimenticare». Comprende che è inutile stare “insieme a chi non c’è” e impara a godere “del qui ed ora” condividendo il presente con Federico, con le sue amicizie e con sua madre, la stessa che non riusciva a liberarsi dal rapporto infelice con il compagno Carlo, il quale non l’ha mai rispettata e mai sopportato da Zelinda, ma che finalmente con un colpo di reni, liberandosi dalla sua prigione interiore, uscirà da quella casa per sempre. Zelinda può di nuovo abbracciarla e «rannicchiarsi accanto a lei come in un nido profondo» e ora «non è più impigliata tra le spine».

«I morti sono come gli angeli, passano, lasciano tracce di profumo e se ne vanno»: questo è ciò che adesso pensa la porotagonista, che torna nuovamente a sorridere.

Il dolore della perdita si è affievolito e il padre ora rappresenta un ricordo più dolce: «Mio padre se ne sta accucciato nel mio cuore» pensa Zelinda che finalmente rinasce comprendendo il senso della vita.

 

Paola Nuzzo

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno III, n. 25, settembre 2009)

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