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Anno III, n. 23, Luglio 2009
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Letteratura contemporanea (a cura di Maria Franzè) . Anno III, n. 23, Luglio 2009

Zoom immagine Un mare amico ma qualche volta
agghiacciante: la storia delicata
e toccante di due realtà infantili

di Monica Catalano
Falzea edita un libro dove i bambini
sono protagonisti: tra gioia e paura


Le storie parallele di due bambini provenienti da luoghi, culture, situazioni diverse, accomunati solo dal mare. Ma non lo stesso mare, bensì due entità differenti: l’una fonte di gioia e divertimento, l'altra, invece, di paura, morte, speranza e rimpianto. Un racconto per bambini i cui protagonisti, anch’essi bambini, rappresentano un tragico ed attuale spaccato di realtà. L’infanzia, spensierata e sicura, di colui che potrebbe essere nostro figlio, contrapposta a quella del figlio dell’immigrazione clandestina, dolorosa, colma di paura, di rimpianti, di triste realtà e destinata a finire, per questo motivo, troppo presto.

Due paesi differenti: quello di pietra di cui «gli uomini dicono che non dà niente, non regala cibo e sorrisi e lo vogliono lasciare, abbandonare, accantonare come un giocattolo vecchio e rotto», dove i bambini si divertono ancora correndo per le strade ed ogni sera si riuniscono per inventare i giochi del giorno dopo; e poi “il nostro”, dove, al contrario, i bambini sembrano non avere più amici, perché i momenti di svago sono diversi, più individualisti, spesso segnati dalla solitudine.

Questo ed altro troviamo nel libro Quanto mare… scritto da Alfredo Stoppa ed illustrato da Sonia M. L. Possentini (Falzea editore, pp. 40, € 12,00).

 

Un viaggio verso l’ignoto

«Quanto mare. Io non sapevo niente del mare. Non l’avevo mai visto, nemmeno in sogno». Sono queste le parole che aprono il racconto del bambino che viene da lontano e che per la prima volta si trova di fronte ai colori cangianti dell’acqua marina, ognuno dei quali legato a dei ricordi, a delle emozioni, talvolta felici, talvolta cupe come la paura che lo attanaglia. Un mare notturno che si confonde con la strada su cui avanzano le ombre di chi s’imbarcherà con lui, una «macchia nera», che sembrerebbe pronta ad inghiottire tutti: uomini e donne costretti a partire ed il cui triste lamento appare foriero di funesti presagi.

«Non c’è luce sulla barca del capitano cattivo, solo tanti di noi, stretti l’uno all’altro, una coperta sulle spalle, appiccicati come pecore per farci caldo e coraggio», anche la luna è “spenta”, nascosta dalle nuvole. La paura e il vuoto negli occhi degli adulti, i ricordi del «paese di pietra» in quelli del bambino che rivede gli amici, i giochi fatti insieme in quella terra che non avrebbe voluto lasciare e dalla quale il mare lo allontana inesorabilmente. Poi qualcosa lo tranquillizza e gli consente di dormire: l’immagine di un bambino, raffigurato in una cartolina che ha visto in una bottega del suo paese, intento a costruire un castello di sabbia.

 

Arriva il giorno

La mattina porta con sé la luce del sole e con essa un caldo che «brucia la testa». Qualcuno parla, alcuni stanno male, due bambini giocano con un bottone rosso. Poi l’imponderabile: «scagliati, spinti, strattonati, saltiamo come tanti pesci impazziti nella pancia del mare». La lotta per la sopravvivenza e ancora quella paura tormentosa che cresce sempre di più.

Infine i soccorsi, mani “amiche” che salvano, curano e sfamano, ma solo i corpi, perché le anime vengono lasciate a se stesse. «Siamo in tanti, ma siamo soli». Qualcuno non ce l’ha fatta, non è sopravvissuto a quelle acque che adesso hanno «un colore in più: il rosso di un bottone».

 

Una gita tanto attesa

«Che bello, andiamo al mare. Domani mia sorella grande viene a prendermi e, se non si mette a piovere, in un’ora siamo in spiaggia». Queste le parole di “nostro figlio”, un figlio del benessere, un bambino che pensa di meritare quella gita perché ha aiutato la mamma e per cui il mare, che considera “una forza”, rappresenta divertimento e piacere.

Un bambino come tanti, che ha già preparato le cose da portare ed il costume da indossare e che è intento ad immaginare i giochi che farà in spiaggia, il castello di sabbia che costruirà, la «coca gelata» che berrà, la splendida giornata che terminerà solo al tramonto.

Domani è il “grande giorno” e le ore sembrano trascorrere più lentamente, troppo lentamente. Il suo cane, stanco, smette di giocare con lui, così prende i colori ed inizia a disegnare: tra le altre cose, «una barca scassata in mezzo ad un mare d’inchiostro», su di essa un bambino triste.

Poi il tempo inizia a cambiare, c’è vento e le nuvole si intensificano, un tuono seguito dalla pioggia. Tutto lascia presagire che domani resterà a casa, si stende sul letto ed immagina onde oscure che avvolgono una barca, si accorge di aver dimenticato il disegno del bambino dallo sguardo triste in cortile e pensa che quello sia il giorno «più grigio del ventunesimo secolo» perché l’indomani la gita tanto agognata non si farà. Rabbia, delusione, capricci che fanno sorridere la mamma; mentre il papà, per soddisfare la sua voglia di mare e di avventura, gli propone di leggere L’isola del tesoro.

Intanto la mamma guarda la televisione poi accende la musica a tutto volume, perché sullo schermo c’è l’ennesimo sbarco di clandestini, uomini e donne che «hanno dei visi uguali ai nostri, solo che guardano in avanti il vuoto o fissano, cupi, i loro piedi. Ci sono anche bambini, si tengono per mano, hanno occhi sorpresi e i vestiti pieni di mare. Uffa…».

 

I bambini non sono tutti uguali

Delicatezza e sensibilità sembrano essere il filo conduttore di questo racconto che tocca il cuore anche di chi non è più bambino da tempo.

Il mare, da sempre amico e nemico dell’uomo, è l’elemento unificante di due storie che si incontrano solo nel sogno. Due bambini che non hanno nient’altro in comune: l’uno figlio di un papà scrittore per il quale il giorno più cupo è quello in cui non gli viene pubblicato un racconto; l’altro figlio di un papà disperato, consapevole «che i poveri nessuno li capisce davvero». Un bambino protetto dalle dure informazioni del notiziario, un altro protagonista di quelle stesse notizie.

Forse dovremmo trovare un modo diverso per proteggere i nostri figli, facendo capire loro che non tutti i bambini sono uguali, che non tutti sono così fortunati da poter dormire al sicuro nel proprio letto. E allora perché non iniziare facendo leggere loro questa storia?

 

Monica Catalano

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno III, n. 23, luglio 2009)

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