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Anno III, n. 23, Luglio 2009
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Comunicazione e Sociologia (a cura di Pierpaolo Buzza) . Anno III, n. 23, Luglio 2009

Zoom immagine La verità sulla Commissione
Mitrokhin e sull’attendibilità
della stampa italiana: è vero
ciò che scrivono i giornali?

di Antonietta Zaccaro
Periodista, di la verdad!, Giraldi editore,
per insinuare un ragionevole dubbio


Negli ultimi anni si è molto parlato di Commissione Mitrokhin, dell’uccisione dell’ex colonnello del Kgb Aleksandr Litvinenko, morto il 23 novembre 2006 per avvelenamento da polonio 210, di Paolo Guzzanti e di Mario Scaramella. Sono nomi che hanno riempito e continuano a riempire le pagine dei giornali, nazionali e non, di ogni orientamento politico, ma ci siamo mai chiesti se quella che leggiamo sulle nostre testate giornalistiche sia la verità dei fatti? Il libro-inchiesta di Gabriele Paradisi, Periodista, di la verdad! Controinchiesta sulla Commissione Mitrokhin, il caso Litvinenko e la repubblica della disinformazione (Giraldi editore, pp. 324, € 14,00), si propone di fare chiarezza sui lati oscuri e controversi sui quali la Commissione parlamentare e il suo presidente, Paolo Guzzanti, ha indagato fino al marzo 2006, in concomitanza con le elezioni politiche che videro vincitore Romano Prodi, con una risicata maggioranza. Nel perfetto stile dell’inchiesta giornalistica e aiutato dai nuovi mezzi informatici attraverso il blog Cieli limpidi, l’autore smaschera le manipolazioni che muovono il mondo dell’informazione italiana, insinuando nel lettore un ragionevole dubbio.

 

La morte di Aleksandr Litvinenko

Tutto ha inizio il 1° novembre 2006 in un sushi bar di Piccadilly Circus, a Londra, dove si incontrano Mario Scaramella, consulente della Commissione parlamentare d’inchiesta Mitrokhin e dell’intelligence italiana, e Aleksandr Litvinenko, ex colonnello del Kgb, rifugiato politico in Gran Bretagna (ricordiamo che la Commissione Mitrokhin aveva il compito di indagare sulla presunta connivenza tra politici italiani – specie di sinistra – e il Kgb). L’ex colonnello sembra nervoso, non presta molta importanza a ciò che il giudice napoletano (così il libro definisce Scaramella)  gli rende noto, alla fine del pranzo Aleksandr Litvinenko inizia ad accusare i primi sintomi di avvelenamento da polonio 210 che lo porterà alla morte il 23 novembre. Subito le forze di polizia indicano Mario Scaramella come il materiale esecutore dell’omicidio; in Italia, questo sconosciuto giudice conquista le prime pagine dei giornali e con lui anche la Commissione per la quale lavorava Guzzanti.

Tutti conoscono il deputato attualmente nel Gruppo misto, all’epoca dei fatti senatore di Forza Italia, ma non tutti sono al corrente dei suoi trascorsi giornalistici e l’autore, sempre portando alto il baluardo della verità, lo contatta, attraverso Cieli limpidi, per interrogarlo riguardo l’ormai famoso consulente e il suo lavoro in Commissione. L’atteggiamento è quello di un uomo di sinistra che si pone con una sorta di stizza nei confronti di un sostenitore del Cavaliere. Paradisi, prestando fede alle “voci di corridoio”, accusa l’allora senatore Guzzanti di falso in relazione ad un articolo scritto nel 1982, in occasione della guerra civile in Salvador e con il quale vinse il “Premiolino Bagutta”. L’errore che compie l’autore è quello di non seguire l’iter dell’inchiesta giornalistica che prevede, innanzitutto, di verificare le notizie, prima di muovere un’accusa. Non partendo da questo presupposto, Paradisi si scontra con Guzzanti, rischiando anche la querela. Ma è proprio da questo scontro ideologico che nascerà l’amicizia e la collaborazione tra questi due personaggi agli antipodi.

Considerando che ogni notizia deve essere verificata, Paradisi, coadiuvato dall’ex senatore Guzzanti, inizia la sua inchiesta atta a smascherare il complotto per screditare lui e il suo lavoro, improntato da la Repubblica e da due suoi giornalisti, Carlo Bonini e Giuseppe D’Avanzo, curatori dell’inchiesta sulla Commissione Mitrokhin e autori delle clamorose interviste ai protagonisti della vicenda: Oleg Gordievskij, Evgenij Limarev, Aleksandr Litvinenko e Vladimir Bukoskij.

 

Le interviste

La prima incongruenza che subito colpisce l’attenzione del lettore è la data delle interviste: sono state tutte effettuate almeno due anni prima dello scoppio del “Caso Litvinenko”. Perché Bonini e D’Avanzo aspettarono così tanto tempo prima di pubblicarle? Perché non esiste alcuna registrazione audio e/o video di queste clamorose interviste? A queste domande Paradisi cerca di dare una risposta contattando, tramite Internet, luogo in cui si snoda tutta la vicenda, i protagonisti, le fonti prime, atte a dissipare i suoi dubbi.

Il primo personaggio ad essere contattato è Evgenij Limarev, ex istruttore del Kgb, ora esiliato in Francia. Egli iniziò una collaborazione con i due giornalisti nell’aprile 2001, continuata, poi, fino all’ottobre 2006 quando viene pubblicata su la Repubblica l’intervista con la quale l’ex istruttore fornisce un elenco di tutti i politici italiani collusi con il Kgb, tra i quali spiccano i nomi di Alfonso Pecoraro Scanio (Verdi), Oliviero Diliberto (Comunisti italiani), Francesco Giordano (Rifondazione comunista) e, dulcis in fundo, Romano Prodi (antagonista di Berlusconi nelle allora imminenti elezioni). Interrogato a proposito delle sue dichiarazioni, Limarev ammette di aver avuto contatti con Scaramella e Guzzanti riguardo alla Commissione Mitrokhin, ma nega di aver riscontrato «amicizie russe» in riferimento ai politici indicatigli. Su questa intervista si basa il «il “teorema” guzzantiano contro Romano Prodi», impiantato su una seduta spiritica avvenuta in pieno sequestro Moro, nella quale uno “spirito” si sarebbe palesato all’allora professore di Economia e gli avrebbe indicato il luogo di prigionia di Moro: Gradoli. Prodi venne accusato da Guzzanti di aver sviato le indagini verso un paesino chiamato “Gradoli” e non su “via Gradoli”, luogo effettivo di detenzione. Su questo si posano le supposizioni che «Er Mortadella» abbia volutamente ingannato le forze dell’ordine per dare il tempo ai suoi amici delle Br di raggiungere un posto sicuro. Queste accuse non sono mai state considerate veritiere, in quanto, ci sarebbe da ricordarlo a Guzzanti, non si sa se gli “spiriti” esistano, ma sicuramente la loro testimonianza non ha ancora valore legale.

Dopo aver smentito, anche con l’aiuto del senatore, le dichiarazioni di Limarev, Paradisi inizia ad interrogarsi sulla veridicità dell’intervista ad Aleksandr Litvinenko pubblicata il 26 novembre 2006. Contattare il diretto interessato sarebbe stato impossibile, dato il suo improvviso decesso, allora cerca di rintracciare i due giornalisti per consultare le registrazioni dell’intervista, in quanto veniva esplicitamente detto che fosse «on the record». Alle sue domande Bonini rispose: «L’intervista non venne incisa su nastro ma da me “stenografata” e quindi trascritta integralmente il giorno stesso sul mio portatile. […] Come forse saprà (e come è noto alla comunità mondiale di chi fa giornalismo) la formula linguistica “on the record”, non significa “registrata”, ma “attendibile”. Quando una persona parla “on the record”, significa che autorizza il suo interlocutore ad attribuirgli quel che sta dicendo. Ed è quel che è accaduto con Litvinenko».

Dopo queste dichiarazioni il nostro investigatore capisce di aver aperto il vaso di Pandora e contatta un altro protagonista della vicenda Oleg Gordievskij, ex capo della “residentura” del Kgb, a Londra, ora collaboratore dei servizi segreti britannici. La sua intervista venne pubblicata nel dicembre 2006, in essa egli chiama Scaramella «lurido bugiardo» e esprime pareri contraddittori su tutta la vicenda Mitrokhin. Alle domande postegli da Paradisi, Gordievskij risponde: «l’intervista su la Repubblica era per il 90 per cento una fabbricazione e una manipolazione. Si tratta del più sporco giornale del mondo».

Il mistero si infittisce e così viene contattato lo scrittore russo dissidente, in Occidente dal 1976, Vladimir Bukoskij, la sua intervista venne pubblicata poco dopo quella di Gordievskij ed è da essa che scaturisce il tormentone di «Prodi our men», cioè che il candidato della sinistra alle elezioni politiche fosse un uomo del Kgb, Bukoskij, alquanto stizzito, risponde: «nell’insieme, sia i fatti in questione che le mie opinioni sono stati seriamente travisati in questo testo [l’intervista di Bonini e D’Avanzo, Ndr] […] Mr. Scaramella mi ha chiesto più volte se ci fosse qualcosa sui collegamenti sovietici di Prodi nella mia vasta raccolta di documenti, e risposi di no. Tutto qui».

Dopo le svariate smentite da parte dei protagonisti della vicenda, il nostro autore si sarebbe aspettato almeno un trafiletto di smentita su la Repubblica e sui giornali italiani che portarono avanti la tesi di Bonini e D’Avanzo, ciò non avvenne e tuttora i più non conoscono la verità, o presunta tale, dei fatti riguardo alla Commissione Mitrokhin.

Questa inchiesta si è svolta tutta sul filo di Internet, «che capillarmente e con strumenti sempre più potenti e “popolari” insidia il monopolio ai “media” tradizionali». Il «Potere dell’Informazione» è messo in dubbio e minato dalle fondamenta da questo nuovo spazio libero e impossibile da controllare quale è la rete, essa «può essere uno strumento di monitoraggio utilissimo allo sviluppo equo delle società democratiche, introducendo un concetto nuovo ed essenziale: la partecipazione. Politici e giornalisti d’ora in poi potranno essere sottoposti ad attenta e stretta osservazione da parte di moltitudini di semplici cittadini».

È in atto il Watergate dell’informazione, Internet sarà il futuro ed è nostro compito partecipare alla sua creazione.

 

Antonietta Zaccaro

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno III, n. 23, luglio 2009)

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