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A. XVIII, n. 200, maggio 2024
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Editoria varia (a cura di Anna Guglielmi)

Zoom immagine L’Italia cinquant’anni fa:
una foto in bianco/nero
scattata da un borgo
emblematico e magico

di Francesca Molinaro
Da Città del sole edizioni, definizione di un profilo storico-sociale.
Confronto tra diverse generazioni: chi parte, chi resta e chi torna


è il 1966, siamo in un piccolo paese in provincia di Reggio Calabria, Cerasi, dove un gruppo di ragazzi si prepara, come avviene per tradizione ogni anno a maggio, ad assaltare il ciliegio della parrocchia. Quella dei “ladruncoli” di ciliegie è solo uno dei tanti bizzarri racconti, degli abitanti di questo paesino, che si intrecciano l’uno con l’altro per creare la trama di una storia più grande, quella di una realtà dolorosa, povera e colpita dal fenomeno dell’emigrazione. Domenico Genovese, medico presso la Asl della sua città, ci offre con Il Ciliegio del Prete (Città del sole edizioni, pp. 136, € 12,00) un ritratto in bianco e nero della Calabria degli anni Sessanta.

 

Il ciliegio del vicino è sempre più fiorito!

Tutti gli episodi contenuti nel libro sono ambientati in questo piccolo paese a poco più di venti chilometri dal capoluogo calabrese: Cerasi, nome che affonda le sue radici nel linguaggio vernacolare e fa riferimento alle ciliegie, elemento di collegamento tra tutti i personaggi del testo. Come precisa il narratore «Cerasi deve il suo nome al territorio ricco di piante di ciliegio, la vallata ne è piena», ma il protagonista della storia è un albero in particolare, quello cresciuto nel territorio della Curia e sorvegliato da «mastro Gnazio il bovaro, dal suo cane lupo che si chiamava Sgarra e, se non bastasse, da donna Cicca, la moglie».

Questo “albero del desiderio” appare nel libro dopo ben quaranta pagine. Tra i vari ciliegi «uno eccelleva per la sua maestosità: alto, frondoso, svettante con i suoi grandi e folti rami rivolti verso il cielo; le sue ciliegie maturavano un mese prima delle altre, erano le più belle, le più rosse… le più proibite: il ciliegio del prete!».

 

Gente di Cerasi

Il gruppetto di ragazzi, che era solito “assaltare” il ciliegio, aveva formato una piccola squadra di calcio locale che si allenava come meglio poteva, non essendo possibile, a quel tempo, avere un campetto da gioco a disposizione dei giovani, così come si evince dal racconto di uno di loro: «A noi della squadra accadeva spesso di essere costretti a bere dell’ottima acqua quasi calda, quando passavamo dalla vecchia tabaccheria, dopo l’allenamento “abusivo” effettuato sul vicino campo di comare Rocco Corelli; da dove per altro, spesso e volentieri, dovevamo scappare trafelati per sottrarci alle ire dello stesso. […] Perché nella Calabria degli anni Sessanta i terreni dovevano essere usati per seminarvi il grano o il fieno per gli animali. Non era nemmeno minimamente pensabile di destinarli a dei perditempo, che correvano dentro una palla sognando l’Inter di Helenio Herrera o la Juventus di Sivori».

L’«ottima acqua quasi calda» a cui si fa riferimento è legata al negozio di tabacchi di Don Peppe, il quale «si era ormai convinto che lo Stato lo volesse far chiudere ed allora aveva cercato di prendere in contropiede la burocrazia tiranna cominciando a chiudere prima lui». Per “gabbare” il fisco Don Peppe aveva messo in atto una serie di espedienti per risparmiare, come spegnere il frigorifero delle bibite (per questo motivo l’acqua era calda), rinunciare alla caffettiera elettrica per quella napoletana e chiudere le luci “superflue”, lasciando così “giocare alla cieca” gli amanti delle carte che frequentavano il suo negozio.

 

L’esplosione del fenomeno emigratorio

Uno dei temi portanti di tutto il libro è il massiccio flusso di calabresi che, a partire dagli anni Sessanta, iniziò a spostarsi verso il Nord Italia. «Credo che ad attendere l’estate con più trepidazione di tutti fosse però Lobetto Luddeni. Aspettava Anna, la sua ragazza (la considerava ancora tale); era andata via due anni prima su un treno diretto a Milano, inghiottita da quel flusso migratorio che caratterizzava la Calabria di quella prima metà degli anni Sessanta e che purtroppo l’avrebbe continuata a caratterizzare… forse per sempre! La gente partiva alla ricerca di un avvenire migliore, violentando affetti, amori, speranze e forse… forse anche quel futuro, che spesso poi appariva diverso, alcune volte molto diverso, da come uno se lo era disegnato». Per chi restava la partenza era un dolore ma allo stesso tempo una speranza, la speranza che almeno qualcuno di loro aveva “preso il volo” verso una vita migliore, così come afferma lo stesso Luddeni: «è forse meglio qua che non fanno niente ed io lo so… lo so io… quante cose mi restano da pagare ogni mese… a me non pensa nessuno… […] almeno là lavorano tutti, e così può anche darsi che mi mandano i soldi che avanzo!».

Nel libro viene poi presentata una storia diversa dalle altre, quella di Ciccio, un uomo emigrato alla volta di Torino, il quale decide poi di ritornare nella terra natia. La particolarità del racconto sta nel fatto che i suoi compaesani lo vedono cambiato, diverso, quasi non lo riconoscono, attribuendo la colpa di questa stranezza alle “diavolerie del Nord”. Persino i parenti stentano a riconoscerlo, secondo il cognato, infatti, «quando lui è partito di qua nel cinquantasei, era normale! Voi che siete medico, pensate che alla Fiat gli ha potuto fare male qualche “macchinario”?». Il divario tra Nord e Sud è messo maggiormente in evidenza dal narratore: «quella sua eccessiva solerzia, condita da atteggiamenti a volte strani, in un Sud lento e pacioso veniva attribuita a malattia […] malattia su cui poteva avere un ruolo l’incognita tecnologica guardata sempre con molta diffidenza».

L’autore mescola con estrema abilità realtà e finzione. È a tutti noto, infatti, che il fenomeno dell’emigrazione era particolarmente accentuato negli anni Sessanta: si tratta, quindi, di un evento reale mescolato a racconti verosimili, per sottolineare che forse i furti delle ciliegie e le varie stramberie degli abitanti di Cerasi potrebbero essere una migliore alternativa agli artifici tecnologici che hanno “invaso” il Nord, cambiando profondamente le persone e il vivere quotidiano.

 

Francesca Molinaro

(www.bottegascriptamanent.it, anno III, n. 21, maggio 2009)

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
Progetto grafico a cura di: Fulvio Mazza ed Emanuela Catania. Realizzazione: FN2000 Soft per conto di DAMA IT