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Home Page (a cura di Tiziana Selvaggi) . Anno III, n. 20, Aprile 2009

Zoom immagine Memorie di viaggio
tra canti e racconti
seguendo El Padre

di Eliana Grande
Il passaggio in Calabria del fondatore
dell’Opus Dei, nelle pagine di un bel
volume dell'Editoriale progetto 2000


«Per me che ho conosciuto direttamente il fondatore dell’Opus Dei, è motivo di sorpresa e ammirazione riscontrare in queste pagine quei particolari del vissuto umano che spesso sono parte essenziale di una personalità assai più delle note e dei caratteri ufficiali che, in genere, sono contenuti nelle biografie  e nelle presentazioni degli uomini celebri».

Con queste parole Joaquín Navarro-Valls, giornalista ed ex direttore della sala stampa vaticana, introduce alla lettura de La Calabria di Escrivà (Editoriale progetto 2000, pp. 336, € 15,00) della giornalista e scrittrice Assunta Scorpiniti, autrice dedita – fra le altre cose – alla ricerca antropologica e all’organizzazione di eventi culturali, e attiva nel mondo della comunicazione cattolica.

Dopo altri due lavori – pubblicati anch’essi da Editoriale progetto 2000 – la Scorpiniti propone questo libro, che è anche un viaggio, con una finalità particolare: ripercorrere lo stesso itinerario compiuto sessant’anni fa da Josemaría Escrivà de Balaguer per «incontrare e conoscere il popolo calabrese››.

 

In cammino tra strane coincidenze, canzoni...

Il viaggio ha inizio a Roma, nella chiesa di Santa Maria della Pace, dov’è sepolto il santo spagnolo. All’interno, «giovani sacerdoti silenziosi come ombre, che si pongono in preghiera, o entrano solo per salutare il santo, come si fa con una persona viva e presente». L’autrice stessa afferma che l’esperienza in cui aveva deciso di immergersi, finalizzata alla stesura di questo libro, non poteva che partire da qui, per permettere al lettore di entrare in contatto visivamente e fisicamente con i luoghi di riferimento della “storia” da raccontare.

È il primo passo di un cammino iniziato il 17 maggio 2004, ovvero nello stesso giorno in cui dodici anni prima, nel 1992, Giovanni Paolo II proclamava Escrivà beato. Una «casualità» la definisce la giornalista, una «coincidenza di date» che la sorprende e le provoca un «tuffo al cuore» seguito da una «strana leggerezza».

La metafora del “cammino” è sempre presente tra le pagine di questo libro, che è anche il «racconto di un viaggio nel viaggio». E tra una pagina e l’altra, tra una “tappa” e l’altra, le riflessioni di Escrivà sembrano star lì apposta per offrire al lettore/viaggiatore una pausa di serena meditazione e ristoro spirituale.

L’itinerario si snoda fra le varie località visitate da san Josemaría dal 18 al 23 giugno 1948 sulla vecchia Aprilia modello 438. I “compagni d’avventura” sono Umberto Dionisi, rettore di Santa Cecilia, Alberto Taboada, Álvaro Del Portillo, che sarà il primo successore di Escrivà, e Luigi Tirelli Barilla, di origini calabresi, destinato a diventare il primo sacerdote italiano dell’Opus Dei.

Ed è proprio la diretta testimonianza di quest’ultimo, raccolta da Assunta Scorpiniti, che introduce e accompagna idealmente il lettore non solo di luogo in luogo, ma di ricordo in ricordo, indietro nel tempo verso una Calabria contadina provata dalla guerra ma bella, bellissima, col suo profumo di mare, di cedri e di gelsomini e le memorie inviolate della sua arte e della sua storia.

E – per un attimo – sembra che giunga davvero alle orecchie il suono della «bella voce baritonale» di Escrivà che, costantemente allegro nonostante il diabete di cui soffriva, continuava a intonare «canzoni del repertorio popolare o anche classico e riusciva a dare un significato spirituale alle stesse parole che esaltano l’amore umano».

Questo perenne buonumore del santo aragonese era un dono spirituale che attraverso di lui si diffondeva in tutti coloro che gli stavano intorno: di fronte alla domanda su quale fosse la cosa che gli mancasse di più del suo rapporto personale con san Josemaría, Luigi Tirelli Barilla risponde «la voce».

 

...e foto in bianco e nero

Tengo un amor, Yo te diré, Mai più nessuno al mondo, Quanto sei bella Roma... la Scorpiniti riporta fedelmente nel suo libro i testi delle quattro canzoni trascritte dal monsignore così come le cantava Escrivà, con le sue “variazioni sul tema”, e arricchisce visivamente il racconto con le belle foto in bianco e nero delle località visitate dal santo: Scalea, dove lui e i suoi compagni di viaggio pernottarono nella pensione Barbarello, il Santuario di San Francesco di Paola, del quale Escrivà era particolarmente devoto, Palmi, dove si fermarono per un gelato.

E poi, immortalati nelle fotografie o emergenti dalle testimonianze, dai ricordi, dai racconti, i volti della gente di Calabria, con la sua vita quotidiana, la storia, la fatica e la speranza, la miseria e la fede. Come scrive ancora Joaquín Navarro-Valls, «Il fatto [...] che in Calabria siano ormai tanti, i devoti di San Josemaría, le città e i paesi dove la sua Opera è conosciuta e apprezzata, le strade dedicate a lui fa pensare a una simpatia naturale tra il santo aragonese e la gente calabra». E aggiunge: «come spiegare altrimenti la devozione che si è diffusa in un Sud così travagliato e, tante volte, escluso?».

Quella rivelata, mostrata, restituita a tutti i sensi del lettore nel libro della Scorpiniti, è la Calabria ordinaria, normale, come la via indicata da Escrivà, finalizzata alla crescita spirituale attraverso l’impegno costante e il compimento del proprio lavoro quotidiano, una via che non implica «nessuna rivoluzione personale, né richiesta di scelte radicali, ma solo normalità pulita infarcita di preghiera».

È la Calabria dei piccoli proprietari «ricchi solo dei frutti della terra» e dei braccianti che «lavoravano dalle quattro del mattino al tramonto per un tomolo di grano». Quella dei pescatori e degli emigrati. La stessa che vide Escrivà.

 

Eliana Grande

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno III, n. 20, aprile 2009)

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
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