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Home Page (a cura di Tiziana Selvaggi) . Anno III, n° 19, Marzo 2009

Zoom immagine Catania: ricca di storia, cultura,
tradizioni dal passato fino a oggi

di Maria Ausilia Gulino
La Banca popolare del Mezzogiorno insieme a Rubbettino editore
continuano con il secondo volume la collana Le città della Sicilia


È difficile non commentare positivamente l’uscita di un volume di storia delle città, poiché la vita che si svolge nei centri urbani è gran parte di quella che coinvolge il mondo civile. Ciò è tanto più vero quando il volume riguarda le città del Mezzogiorno, sia continentale che insulare. Vi è infatti uno stereotipo culturale, prevalente almeno fino a qualche decennio fa, quello secondo il quale il Mezzogiorno d’Italia non ha avuto e, in qualche caso, non ha ancora città, o meglio un sistema urbano degno di questo nome. A sfatare questo pregiudizio storiografico ha contribuito, per la sua parte, l’iniziativa editoriale che la Banca popolare di Crotone (ora Banca popolare del Mezzogiorno sorta, il 3 novembre 2008, dalla fusione di quella di Crotone con la consorella Banca popolare del Materano) e la Rubbettino hanno posto in essere da circa un ventennio, con la collana, prima delle Città della Calabria e, da due anni a questa parte, delle Città della Sicilia, di cui puntualmente come strenna natalizia, il volume che questa volta si intitola Catania. Storia cultura economia (Presentazione di Francesco Antonio Lucifero, Rubbettino, pp. 400, € 48,00) è espressione. Ma progetti di così ampia portata editoriale, oltre che culturale, non hanno solo bisogno di finanziamenti e di attività imprenditoriale. Essi si fondano su idee, volontà e impegno civile di uomini e donne che in questi anni hanno creato questi volumi, usciti con una puntualità che è cosa più unica che rara nel panorama editoriale italiano. Si tratta, in primo luogo, di Fulvio Mazza l’ideatore e il responsabile delle collane che abbiamo appena citato. Il lettore non ce ne voglia per questo conflitto di interessi (che nasce dal fatto che si tratta del direttore di questa rivista) che platealmente qui denunciamo per metterlo opportunamente in guardia.  Nelle pagine del volume su Catania, Mazza ci offre un racconto davvero suggestivo del modo in cui si avvia, ogni anno da vent’anni, l’allestimento dei volumi. Dopo la scelta della città, sede della banca, a cui dedicare il volume dell’anno, il consulente scientifico della collana, Fausto Cozzetto e la sua insostituibile collaboratrice Rossana Sicilia (e qui, sempre in modo semiserio, avvertiamo ancora il lettore che in questa coppia di intelligenze, il primato probabilmente spetta a lei…) compiono una sorta di viaggio alla scoperta dell’ignoto, costituito dall’apparato archivistico, bibliografico, iconografico e quant’altro che la città la cui storia si va a ricostruire, può offrire al gruppo di autori incaricati della redazione dei capitoli sui vari periodi storici (dall’antichità anche preistorica, fino alla contemporaneità, che raggiunge gli ultimi giorni che precedono la stampa del volume). La coppia non visita e cerca soltanto “carte vecchie”, si mette bensì in rapporto con gli ambienti intellettuali e politici della città e torna poi a casa con un patrimonio di conoscenze che mette a disposizione dell’attività redazionale. Così è avvenuto anche con questo volume su Catania.

Scendendo nei particolari, si compone di due parti: il Passato e il Presente. Enrico Iachello scrive l’Introduzione alla parte prima, Concettà Molè L’Età antica, Benedetto Clausi e Vincenza Milazzo si occupano del capitolo relativo a La città medievale: dai bizantini agli aragonesi, mentre Mazza redige Dalla curia giuratoria alla tradizione di nobiltà virtuosa; Il lungo Ottocento viene redatto da Alfio Signorelli e Rosario Spampinato. La seconda parte si apre con l’Introduzione di Cozzetto, per poi proseguire con due saggi: Luigi Grisolia e Annalisa Pontieri si occupano di Politica e amministrazione in Età contemporanea (1919-2008), mentre Rita Palidda redige Il profilo socioeconomico del Novecento tra sfide e promesse mancate. Il testo è inoltre arricchito da un’Appendice statistica, curata dalla già citata Palidda e da Silvestro Santoro e dall’Indice dei nomi, redatto da Francesca Rinaldi. La fotografia è di Carmine De Fazio. Il coordinamento redazionale è stato curato da Maria Assunta De Fazio. Altro dato che merita di essere sottolineato in questa iniziativa è quello di essersi avvalso della collaborazione di una consistente percentuale di professionisti di un piccolo centro della Calabria come Decollatura, cittadina sita nella Sila piccola, da dove provengono il responsabile della collana, la coordinatrice redazionale, il fotografo e la redattrice dell’Indice dei nomi.

 

Il simbolo di riconoscimento
La città, nata come colonia greca, dopo un lungo e complesso processo di genesi, tra il 729-728 a. C. compare con il toponimo di Katane. Per la sua strategica posizione sulla costa ionica, la polis risulta nei secoli successivi coinvolta nelle politiche egemoniche di Gela e di Siracusa e, più tardi, di Messina e dei Cartaginesi, nella lotta per controllo politico e commerciale sia della costa ionica che dell’intera Sicilia. Di queste vicende, che ebbero importanti testimoni greci come Tucidide, Eschilo, Pindaro, Diodoro, Strabone, nel volume sono riportate suggestive testimonianze icnografiche, nello splendido, e insieme terribile, scenario naturale dell’Etna.
Passata poi sotto l’egemonia politica romana, in città si inserirono nuovi elementi religiosi e civili, accanto e talora in simbiosi con le divinità olimpiche, quelle egiziane e orientali, mentre ancora forte permaneva il culto greco a Demetra. Il periodo di massimo splendore della romana e latina Catina, il nuovo toponimo con cui la città si trova indicata, si ebbe nel II secolo d. C. con la cosiddetta “monumentalizzazione”, ovvero la costruzione di grandi opere architettoniche, ancora presenti, come l’odeon e le terme. Il pieno fiorire della vita civile e urbana venne altresì testimoniato, a metà del IV secolo dalla definizione assegnata a Catana, assieme a Siracusa, come uniche città siciliane a meritare l’appellativo di “splendida”. Nel frattempo era penetrato il cristianesimo e il suo radicamento costituisce il contesto in cui si svolge il culto religioso che più di ogni altro segna, ancora oggi, l’identità cittadina.


Il culto di Sant’Agata
Di tradizione pagano-cristiana è infatti la storia della patrona della città che risale all’Età romana. Ci viene tramandato che Agata, dal greco Agathé che significa “buona”, era una fanciulla catanese vissuta nel III secolo che da giovane aveva consegnato la sua vita alla religione cristiana. Accadde che la giovane fosse notata da un governatore romano che decise di volerla per sé. Al rifiuto di Agata, egli la perseguitò in quanto cristiana e, perdurando il rifiuto di questa, la fece martirizzare e condannare a morte il pomeriggio del 5 febbraio 251. Subito dopo la sua scomparsa, secondo la tradizione, Agata cominciò a essere venerata a Catania da gran parte della popolazione anche di religione pagana. Da qui si sviluppò il culto. Le origini della venerazione della santa si pensa risalgano all’anno seguente il suo martirio. Il popolo, infatti, nutrì subito una grande devozione per questa vergine che si era votata al martirio pur di difendere il suo onore e per non abiurare la sua fede. La festa di Sant’Agata, ancor oggi, è la più importante ricorrenza religiosa locale. Si svolge tutti gli anni dal 3 al 5 febbraio e il 17 agosto. La prima data è quella del martirio della santa, mentre la data di agosto ricorda il ritorno a Catania delle sue spoglie, dopo che queste erano state trafugate e portate da un generale bizantino quale bottino di guerra a Costantinopoli dove rimasero per ottantasei anni.

L’Età medievale
L’avvio del Medioevo viene individuato non tanto dalla presenza barbarica, in particolare dei Goti, nel contesto cittadino e siciliano, quanto dalla conquista bizantina della città, premessa dell’acquisizione di gran parte della Sicilia per opera di Belisario, nell’ambito del disegno strategico di riconquista dell’Occidente da parte di Giustiniano. Si crearono così nuovi e floridi rapporti tra Catania e l’Impero d’Oriente, e a testimoniarne la valenza ecco un altro elemento fortemente simbolico dell’identità cittadina: ogni turista che ha la fortuna di visitare la città non può non rimanere colpito e affascinato dall’elefante di piazza Duomo denominato dai catanesi Liotru, corruzione di “Eliodoro”. Secondo la leggenda costui era un nobile catanese che per desiderio di potere si dedicò alla magia e fu fatto bruciare vivo dal vescovo Leone il Taumaturgo. Il Liotru sarebbe servito a Eliodoro come cavalcatura per i suoi viaggi dalla città a Costantinopoli e viceversa. La statua dell’elefante è oggi sopra la fontana costruita in epoca barocca da Giovanni Battista Vaccarini, ed è sovrastata da un obelisco egizio. I secoli del basso Medioevo apportano ancora elementi nuovi alla formazione dell’immagine ambiziosa della sua identità. Infeudata dai normanni, che l’avevano liberata dalla presenza musulmana, trovò elementi di rafforzamento della sua vita civile verso esiti demaniali, a partire dall’età di Federico II di Svevia che vi fece costruire il castello Ursino. Altro simbolo urbano della vita civile medievale catanese fu però il convento di San Nicolò l’Arena, la cui parte superiore della facciata è identica a quella del citato castello, e ciò nella non casuale intenzione di significare la superiorità dello stato nei confronti della chiesa.

L’Età moderna e l’illusione della “Milano del Sud”
Il terremoto del 1693 segnò un’enorme frattura con la precedente storia civile catanese, ci volle un secolo perché grazie alle sue rinnovate fortune economiche, legate fra l’altro alla coltura e alla manifattura della seta, le famiglie che emersero a costituire il nuovo patriziato urbano operassero da mecenati per renderne ancora una volta splendide alcune sezioni urbane. Venne costruito, oltre a manufatti privati di pregiatissima fattura artistica, un sistema stradale incentrato sulla via Ferdinandea, oggi Garibaldi, che si dirigeva verso la porta denominata “Fortino”, costruita nel 1768 per celebrare il matrimonio tra Ferdinando IV di Borbone e Maria Carolina d’Asburgo. Le vicende risorgimentali ne forgiarono la vocazione unitaria profondamente connessa al rifiuto della subalternità alla Napoli del regno delle Due Sicilie, e la forte spinta unitaria non cessò neppure con la nascita del Regno d’Italia, poiché Catania fu centro organizzativo della spedizione organizzata da Giuseppe Garibaldi, che mirava alla conquista di Roma e che si concluse poi in Aspromonte.

In età postunitaria, l’avvio e il completamento della rete ferroviaria metteva in comunicazione Catania con l’area zolfiera e la stazione era diventata la più importante della Sicilia per il traffico dello zolfo di Licata e di Porto Empedocle. L’introduzione dei mulini a vapore, inoltre, aveva permesso la macinazione dei cereali e, così, ogni tipo di produzione connessa alle poderose attività agricole dell’entroterra che ne favoriva la ricchezza industriale. Nasce in tal modo l’immagine di Catania come “Milano del Sud”, nel contempo una delle più fiorenti industrie catanesi diveniva quella delle costruzioni che conobbe una notevole espansione sino alla Prima guerra mondiale, legata alla forte crescita della popolazione e all’ampliamento delle sue dimensioni urbane.

 

Il Novecento e i primi anni del Duemila

Gli anni immediatamente precedenti l’avvento del fascismo si caratterizzarono per l’azione del sindaco Giuseppe De Felice Giuffrida, già animatore e “guida” della città fin dagli ultimi dieci anni dell’Ottocento (fu fondatore dei Fasci dei lavoratori), e Catania, anche da un punto di vista politico, visse un’età di felice rilievo. Poi sopraggiunsero gli anni della grande crisi mondiale, che coincise con il periodo fascista. Catania visse un periodo di stagnazione, con l’industria zolfifera in crisi irreversibile, il che comportò la progressiva chiusura delle raffinerie della zona Stazione. Erano in forte difficoltà anche l’industria conciaria e quella del legno. Anche da un punto di vista politico quelli tra le due guerre mondiali furono anni non facili. Il periodo della dittatura di Mussolini – che visitò la città per tre volte – si contraddistinse per una forte instabilità amministrativa, un alternarsi di podestà e commissari prefettizi che testimoniava problemi politici nel partito e nella nuova classe dirigente urbana. Il Secondo conflitto mondiale fu una dura prova per i cittadini: punto strategico, soprattutto per l’esistenza dell’aeroporto di Fontanarossa, Catania subì numerosi bombardamenti da parte delle truppe angloamericane, fino alla loro entrata in città il 5 agosto 1943.

Il periodo successivo, che passerà nella storia italiana come “Prima repubblica”, si contraddistingue per l’egemonia politica della Democrazia cristiana. La Dc, grazie alle ripetute vittorie nelle elezioni comunali, creò un forte sistema di sottogoverno e di clientelismo che le consentì di governare per più di un quarantennio. Il sistema di governo democristiano cominciò a scricchiolare quando si scoprì la pesante infiltrazione della criminalità mafiosa – capeggiata dal boss Nitto Santapaola –, nell’amministrazione pubblica, al punto che si parlò di un vero e proprio “caso Catania”. Il giornalista Giuseppe Fava, che aveva denunciato i termini della collusione tra politica e mafia, pagò con la vita nel 1984.

Gli anni Novanta si aprono con il definitivo crollo del mito della “Milano del Sud” ma anche con la fortunata stagione riformista di Enzo Bianco, che interrompe la sua sindacatura per accettare un ministero a Roma, scelta mai perdonata dai catanesi. La città vira progressivamente verso un netto sostegno alle coalizioni di centro-destra, confermato anche nelle ultime elezioni del 2008, con la vittoria di Raffaele Stancanelli a sindaco e di Raffaele Lombardo, noto esponente politico cittadino, alla presidenza della Regione Sicilia.

Dal punto di vista socioeconomico la città alterna momenti di grande effervescenza a periodi di stasi. Nei primi anni del Novecento si conclude la fase di espansione legata allo sfruttamento delle risorse produttive del territorio: zolfo, agrumi e culture intensive. Nel Secondo dopoguerra, dopo un periodo di relativa stagnazione, si rinnova l’aspirazione della capoluogo etneo a diventare un grande polo economico grazie anche agli interventi della Cassa del Mezzogiorno e della politica di programmazione economica che perdureranno fino agli Sessanta.

Catania bagnata dal mare e “sorvegliata” dall’Etna, oggi, indossa le vesti di una città che sa muoversi tra tradizioni e innovazioni. Gli imponenti palazzi sono stati ristrutturati, le vie più importanti migliorate. Il centro è stato chiuso al traffico e aperto alla piena usufruizione di cittadini e turisti; la cittadinanza rimane legata fermamente sia alla tradizione religiosa della patrona Sant’Agata, che alla laicità dei suoi valori urbani che la rendono un centro urbano in cui è piacevole vivere.

 

Maria Ausilia Gulino

(www.bottegascriptamanent.it, anno III, n. 19, marzo 2009)

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
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