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Letteratura contemporanea (a cura di Maria Franzè) . Anno III, n° 17 - Gennaio 2009

Zoom immagine La piena crisi di un’adolescente:
rapporti difficili, verità nascoste,
un amore ossessivo e distruttivo

di Simona Corrente
Un nuovo romanzo Lazzaretti editore
affronta il disagio causato dalle bugie


Una paziente fuori dal comune stravolge la routine lavorativa della dottoressa Vittoria Ricci, psicologa e voce narrante de La paziente delle 17.30 di Elisabetta Gullì (Lazzaretti editore, pp.206, € 19,50). La protagonista del romanzo è Carla Graziano, un’adolescente irrequieta e solo apparentemente – come poi si scoprirà con l’evolvere della storia – capricciosa e viziata che, un giovedì pomeriggio, irrompe nello studio di Vittoria.

Gullì, giovanissima scrittrice e cantautrice piemontese, incentra il suo romanzo sul dramma interiore dell’adolescente – l’odio per la propria madre e il mal d’amore per l’uomo di quest’ultima – e sull’esito, a volte irreversibile, che le bugie determinano all’interno della vita dell’individuo. Carla è convinta che non ci sia per lei nessuna possibilità di una vita felice, tanto da affermare «è come se all’ingresso del palazzo della felicità ci fosse scritto “io non posso entrare”, con la mia faccia inscritta in un cerchio rosso e attraversata in diagonale da una striscia». Allo stesso tempo, però, è una ragazza crudele e spietata proprio con chi l’ha messa al mondo, convinta che quest’ultima sia la causa di ogni suo problema e del suo mal di vivere. «Il rancore che Carla aveva in corpo era troppo perché fosse tutto di una persona sola. Temevo che da un momento all’altro quel corpicino minuto e fragile potesse scoppiare, perché stracolmo, saturo di rabbia».

 

Una storia di odio, amore e ossessione, con un finale a sorpresa

Il romanzo si svolge tutto nell’arco di alcune ore. Come ogni giovedì pomeriggio la dottoressa Ricci riceve i suoi pazienti nello studio di psicologia, tutti tranne una; un’adolescente che non ha mai visto, la cui madre continua a pagare sedute alle quali la ragazza non si presenta.

Ogni settimana la stessa storia, all’appuntamento delle 17.30 non arriva mai nessuno. Vittoria crede che andrà avanti così ancora a lungo ma un giovedì qualunque quella paziente tanto misteriosa si presenta alla sua porta, chiedendole udienza fuori orario e senza preavviso. È Carla, una ragazza esile, dallo sguardo fermo e inespressivo.

La giovane paziente inizia a raccontare la storia del suo amore per Pietro, il compagno della madre, la sua voce nel parlare di lui è carica di trasporto, passione ardente, tenerezza e disperazione; diventa invece carica di odio e rabbia nel parlare della donna che l’ha messa al mondo e che le ha rovinato la vita, Gabry, come la chiama lei perché «la mamma è colei che ti fa nascere e ti fa crescere. Ora sono cresciuta: mamma può tornare a chiamarsi Gabry».

Il sogno d’amore di Carla è ossessivo e distruttivo, per lei sua madre è solo un’egoista e un ostacolo alla sua felicità: «sapevo di poter ferire Gabry; ma quale madre pretenderebbe che il figlio rinunciasse alla propria felicità per appagare la propria?!». La sua è, però, una lotta persa in partenza, per Pietro lei è solo la figlia della sua compagna, una creatura da proteggere e coccolare proprio come farebbe un padre.

Mentre il racconto scorre tra le pagine del romanzo, il tono diviene più drammatico e per certi versi tragico, si palesa sempre di più la triste realtà: l’amore per Pietro è irrealizzabile e a nulla vale la sua ostinazione e il desiderio di annientare la figura di sua madre. Nonostante il suo aspetto da donna, Carla è ancora una ragazzina che, nel tentativo di attrarre a sé l’uomo che ama, compie atti estremi frutto dell’impulsività e leggerezza dei suoi diciassette anni, come lei stessa racconta a Vittoria: «mi sollevai la maglietta e tolsi la pellicola che nascondeva il tatoo […] “mi sono semplicemente tatuata il tuo nome, perché ti amo”».

Un romanzo intenso, denso di colpi di scena, dove il mistero si infittisce sempre di più per poi svelarsi e rimettere al proprio posto ogni tassello, proprio come in un puzzle dalle tinte scure. «Povera Carla! Protagonista di una vita che era stata solo finzione […] le bugie, le grandi bugie […] facevano paura».

Il messaggio che la Gullì vuole trasmettere al lettore, attraverso le parole della psicologa Vittoria, è senz’altro concreto e positivo, «per cosa ci affanneremmo, senza problemi? E come potremmo considerare la vita, appunto, interessante, degna? Soprattutto, come potremmo apprezzare veramente la vita senza problemi da affrontare e da superare?... La gente non capisce che i problemi in cui ogni giorno inciampiamo sono soltanto i mezzi che ci permettono di considerarci padroni della vita stessa. E, se non avessimo problemi, ce li creeremmo!».

Una storia dal finale inaspettato, a tratti tragico ma sicuramente irreversibile e un po’ amaro che chiude il cerchio di un racconto all’apparenza frutto della fantasia morbosa di una diciassettenne viziata. «Non c’era nulla che potessi dire. Non avevo il coraggio di fermarla e mi rendevo conto che aveva ragione, aveva ragione su tutto. Avevo sbagliato i conti e le avevo tenuto il dito puntato da quando era entrata nel mio studio».

 

Simona Corrente

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno III, n. 17, gennaio 2009)
Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
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