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A. XVII, n.191, agosto 2023
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Comunicazione e Sociologia (a cura di La Redazione) . A. XVII, n.191, agosto 2023

Una regina
guerriera

di Alessandra De Santis
Edito da Barbaro
un libro sulla vita di
Eleonora d’Arborea


Ci sono personaggi storici che hanno vissuto delle vite talmente incredibili da guadagnarsi, con il passare dei secoli, lo status di leggende. Tra queste, troviamo Eleonora D’Arborea, prima giudice che ha combattuto per l’unificazione del popolo sardo e ha riscritto un importante Codice civile, la “Carta de Logu”, rimasto in vigore in Sardegna per mezzo millennio.
Attraverso un lungo e minuzioso lavoro di ricerca, la scrittrice Donatella Paw Lewis è stata in grado di reinquadrare in una dimensione storica – nel suo libro Eleonora D’Arborea. Regina guerriera, giurista illuminata e donna vista attraverso la “Carte de Logu” (Dbe – Barbaro editore, pp. 288, € 18,00) – la grande regina sarda, onorata nella città di Oristano che le ha dedicato una piazza.
L’opera, dopo un breve resoconto dell’ascesa al potere e delle lotte combattute dalla giudice, propone una traduzione e analisi del Codice di leggi a lei attribuito, redatto nel 1395 e di grande rilevanza sino ai giorni nostri, per la modernità di numerosi leggi contenute al suo interno soprattutto per quanto riguarda la posizione sociale ed economica delle donne, le sanzioni durissime contro i piromani – che dimostrano una spiccata sensibilità ambientalista – e l’importanza data all’elemento psicologico del reato.

L’educazione di una regina: dalla nascita alla presa del potere
Nata nel 1346 a Oristano, secondo alcuni, o nel 1347 a Molins Rei in Catalogna, figlia di Mariano IV dei De Serra Bas e della catalana Timbora di Roccaberti, Eleonora dimostrò sin dall’infanzia una spiccata intelligenza, grande interesse per le attività belliche e compassione e carità nei confronti del suo popolo.
Dallo studio degli autorevoli scrittori greci e romani trasse quei principi di moralità e correttezza che ne rafforzarono il carattere di giovane regina. A quel tempo, infatti, la Sardegna, suddivisa in quattro giudicati – entità territoriali autonome retta ognuno da proprie leggi e distinti governanti – era stata ceduta dal papa Bonifacio VIII al re d’Aragona come dominio feudale, spingendo Mariano IV a dare inizio al lungo conflitto sardo-catalano, che andò avanti per cinquant’anni.
Nel 1376, Eleonora sposa Brancaleone Doria, giovane genovese possidente terriero del nord est dell’isola, di cui si innamora perdutamente. Quando nel 1383 fratello Ugone III, Giudice di Arborea, viene assassinato, Eleonora cerca subito di far eleggere suo figlio Federigo, ancora minorenne, scrivendo al re d’Aragona e inviando a trattare la delicata questione il marito Brancaleone. Tuttavia, Pietro IV d’Aragona, spaventato dal potere e dall’influenza che la donna stava acquisendo, prende in ostaggio il marito, scatenando i propositi di guerra della donna che si autoproclama Giudicessa di Arborea, secondo l’antico uso sardo.

La campagna militare e la “Carta de Logu”
Dopo anni di trattative di pace, Brancaleone, tornato in Sardegna, riunisce un esercito di centomila uomini per recuperare i territori perduti a favore degli aragonesi e dà inizio a una nuova campagna militare che va avanti per cinque anni. Sedata la questione politica estera, Eleonora il giorno di Pasqua del 1395 pubblica, alla presenza del clero, della corte e del popolo, il Codice delle sue leggi, che regolarono la vita giuridica e sociale del popolo sardo per quattro secoli: la “Carta de Logu”.
Attraverso la lettura del Codice, che nella prima sezione contiene disposizioni per i reati di lesa maestà, omicidio, veneficio, suicidio, aggressione, ferimento, percosse e grassazione, emergono l’alta considerazione, attenzione e sensibilità di Eleonora. Per esempio, in caso di pena di morte era prevista la confisca di tutti i beni del colpevole in favore della Corte, ma venivano tutelati sempre moglie e figli del condannato e, in caso di debiti, anche i creditori ricevevano la loro quota per i crediti dimostrati.
Inoltre, non si poteva sfuggire alla pena di morte per il reato di omicidio, che prevedeva il taglio della testa, pagando una somma di denaro: il colpevole, per quanto fosse ricco, rimaneva tale e andava punito. Ciò dimostrava come alla base della “Carta” vi fosse uno spiccato senso di giustizia sociale applicato a tutti gli strati della società.

La fine di una vita al servizio del proprio popolo
Nella parte finale dell’opera, troviamo due racconti carichi di emozione, a dimostrare come la scrittrice sia entrata in empatia con Eleonora e la sua storia. Nel primo, attraverso gli occhi di un viaggiatore che arriva in Sardegna, viene rappresentato l’amore che quella terra è in grado di trasmettere a chi la visita e se ne innamora fino al punto da non riuscire a lasciarla. Nel secondo, invece, viviamo gli ultimi momenti della vita di Eleonora che, sul letto di morte a causa della peste, ricorda le persone amate che ritroverà dopo la morte.
La delicata descrizione del momento del trapasso, in cui viene rappresentata l’immagine della “regina guerriera” che si dirige verso la luce sulle ali di una farfalla, rappresenta una conclusione idonea alla storia di una donna a metà tra storia e leggenda per il ruolo che ha ricoperto in un’epoca in cui alle donne veniva dato il potere solo in casi eccezionali.
La scrittrice è riuscita a trasmetterci con raffinatezza i risultati di una ricerca accurata e sentita, dimostrando una grande affinità con la storia di una donna di grande potere e magnanimità.

Alessandra De Santis

(www.bottegascriptamanent.it, anno XVII, n. 189, giugno 2023)

Collaboratori di redazione:
Ilaria Iacopino, Ilenia Marrapodi
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