Homepage - Accesskey: alt+h invio
Editore: Bottega editoriale Srl
Società di prodotti editoriali, comunicazione e giornalismo.
Iscrizione al Roc n. 21969.
Registrazione presso il Tribunale di Cosenza
n. 817 del 22/11/2007.
Issn 2035-7370.

Privacy Policy

Direttore responsabile: Fulvio Mazza
Direttore editoriale: Mario Saccomanno
A. XVIII, n. 198, marzo 2024
Sei in: Articolo




Home Page (a cura di La Redazione) . A. XVII, n.188, maggio2023

Zoom immagine Copia privata: bocciate
le norme a favore della Siae

di Alessandro Milito
Prosegue l’epopea giudiziaria sul copyright:
annullati i decreti del Ministero della cultura


Il Consiglio di stato ha aggiunto un ulteriore tassello a una lunga epopea giudiziaria che, spiace dirlo, ha tutti gli ingredienti per essere considerata tipicamente italiana: in questo caso, purtroppo, non si tratta di un complimento.
Lo scorso 3 febbraio i giudici di Palazzo Spada hanno annullato due decreti: il primo a firma del Ministro per i beni e le attività culturali (oggi Ministero della cultura), che disciplinava le «esenzioni dal versamento del compenso per la riproduzione privata di fonogrammi e videogrammi»; il secondo a firma del Direttore generale biblioteche e istituti culturali che stabiliva le relative modalità di attuazione.
Si tratta di una decisione che incide direttamente sul cosiddetto compenso per la copia privata, una tariffa applicata a tutti gli apparecchi e i sistemi in grado di registrare e memorizzare opere coperte dal copyright. Per capire l’importanza della decisione del Consiglio, però, è necessario fare un passo indietro e rispolverare la Legge sul diritto d’autore: la mai abrogata, ma più volte modificata e integrata, legge n. 633 del 1941.

Il compenso per la copia privata
Come noto, la legge vieta la riproduzione non autorizzata di contenuti coperti dal copyright. È comunemente diffusa la consapevolezza che copiare un disco o un video contenenti un’opera altrui per poi rivenderla a terzi costituisce una violazione del diritto d’autore: si avrà la cosiddetta “copia pirata”. Tuttavia, la stessa legge sul diritto d’autore consente la possibilità di riprodurre contenuti audio e video su qualsiasi supporto purché questa copia venga effettuata per uso esclusivamente personale e senza scopo di lucro: la copia privata di opere protette dal diritto d’autore è perfettamente lecita.
Allo stesso tempo, gli autori hanno diritto a un compenso per il godimento della copia dell’opera originariamente acquistata dall’utente. Il copyright estende il suo raggio d’azione anche nel caso di copie private, senz’altro lecite, ma che comunque generano in capo all’autore il diritto a un equo compenso. Si tratta di un diritto riconosciuto sia a livello europeo che dal diritto nazionale, sin dalla legge 93 del 1992, la prima di una serie di modifiche e integrazioni su questo tema alla legge sul diritto d’autore, la n. 633 del 1941.
Ciò significa che, quando vengono messi in vendita Cd, dischi rigidi esterni, chiavette Usb “vergini”, il loro prezzo include già la tariffa prevista per l’equo compenso della copia privata. C’è però un’eccezione: se questi supporti “vuoti” sono destinati a imprese, pubbliche amministrazioni e aziende, in quel caso il compenso non è dovuto in quanto saranno destinate a copie per usi professionali e, quindi, non “esclusivamente personali”.

Ministero della cultura e Siae: un film già visto?
In Italia la legge assegna alla Società italiana autori ed editori (Siae) il compito di riscuotere i compensi e di distribuirli agli autori: si tratta di cifre non indifferenti che si aggirano su circa 150 milioni di euro annui. Il compenso per copia privata viene stabilito a cadenza triennale con decreti del Ministero dei beni e delle attività culturali (oggi Ministero della cultura).
Questi decreti indicano, tra l’altro, i casi in cui si ha diritto a essere esentati dalla corresponsione di tale compenso e i presupposti per poter presentare istanza di rimborso di quanto già indebitamente versato.
Sin dal 2009, con cadenza triennale, il film è stato pressappoco lo stesso: il Ministero emana i decreti delegando alla Siae il compito di riscuotere quanto indicato, i grandi produttori di dischi e Cd vergini (ma anche di tablet, Pc, smartphone, smartwatch, ecc.) impugnano al Tribunale amministrativo regionale (Tar) i decreti, si arriva al Consiglio di stato che ha più volte bocciato la normativa ministeriale. E poi si ricomincia da capo.
Questa volta il massimo giudice amministrativo ha annullato il decreto del Mibac n. 180 del 18/06/2019 e il decreto del Direttore generale biblioteche e istituti culturali del n. 778 30/8/2019 e ha sostanzialmente bocciato l’intera impalcatura su cui attualmente si basa il sistema del compenso della copia privata e il ruolo di Siae in materia.

La sentenza del Consiglio di stato
I decreti ministeriali avrebbero dovuto indicare, con criteri oggettivi e certi, i casi di esenzione dall’obbligo di versare il compenso per copia privata e i casi in cui è possibile ottenere il rimborso di quanto indebitamente già pagato. Proprio qui sta la bocciatura del Consiglio di stato: la normativa ministeriale è ambigua e lascia a Siae una discrezionalità enorme che sconfina di fatto nel libero arbitrio.
Nel definire i casi di esonero, il ministero si limita a enunciare che il compenso per copia privata è escluso quando l’uso di apparecchi e supporti di registrazione sia manifestamente estraneo a quello della realizzazione di copie per uso privato. Ed è chiaro al Consiglio di stato, come del resto anche a chi sia privo di particolari conoscenze giuridiche, che questo «non costituisce di per sé, un criterio predefinito di esenzione sufficientemente preciso, oggettivo e trasparente».
Inoltre, il decreto affida alla Siae il compito di individuare, caso per caso, la documentazione comprovante l’uso manifestamente estraneo alla copia privata. E su questo la sentenza è cristallina: «Attribuire alla SIAE il potere di stabilire attraverso quali documenti comprovare “l’uso manifestamente estraneo alla copia privata, ivi incluso l’uso professionale”, si traduce, in assenza di criteri predefiniti, oggettivi e trasparenti per individuare le ipotesi di esenzione, nel rimettere a quest’ultima la fissazione dei presupposti costitutivi dello stesso diritto all’esenzione, il ché è, ovviamente, illegittimo». In sostanza il decreto del Ministero della cultura avrebbe dovuto individuare casi e modi di esenzione, delegando al Direttore generale biblioteche ed istituti culturali a stabilire le modalità di comunicazione dei dati in materia. Il direttore però, non ha proceduto a stabilire quanto richiesto ma «si è limitato ad attribuire a Siae senza averne il potere, la potestà di determinare la documentazione atta a comprovare il diritto all’esenzione e, quindi, in sostanza, lo si ribadisce, a determinare gli elementi costitutivi del diritto all’esenzione».
Perciò Siae, da mera esecutrice di quanto stabilito dalla normativa ministeriale, si sarebbe ritrovata ad avere un ruolo di vera autorità regolatrice della materia. Lo stesso è avvenuto per quanto riguarda l’individuazione dei casi in cui è possibile chiedere il rimborso di quanto versato indebitamente: la normativa non indica criteri chiari e trasparenti ed attribuisce a Siae un potere di fatto privo di limiti e, di fatto, illegittimo.

In attesa del prossimo episodio
Come già detto il decreto annullato risale al 2019 e nel frattempo è già stato sostituito da un altro decreto del 2020, già impugnato dinnanzi al Tar del Lazio: anche in questo caso è probabile la controversia arrivi di nuovo al Consiglio di stato. Non bisogna poi dimenticare che questa normativa ha una durata triennale: entro il 2023 sarà emanato il decreto che aggiornerà le tariffe stabilite nel 2020...e che probabilmente verrà impugnato a sua volta.
Una giostra che prima o poi dovrà fermarsi, specie se si vorrà riflettere su una delle più grandi contraddizioni in materia, già sottolineata dalle società appellanti a cui il Consiglio ha dato ragione con la sentenza dello scorso febbraio: Siae si trova in un palese conflitto di interessi. Essa, infatti, è sia la società che deve riscuotere i compensi per poi redistribuirli agli autori sia il soggetto delegato a pronunciarsi sulle istanze di rimborso e ad indicare, di fatto, i casi di esenzione dal versamento di quegli stessi compensi.
Un'ulteriore stortura di un sistema che deve essere al più presto riformato anche per evitare infinite, e deleterie, schermaglie giudiziarie su un tema così sensibile. Una seria riflessione prima dell’emanazione del prossimo decreto sarebbe cosa graditissima: che sia il prossimo episodio della serie a riservare un colpo di scena?

Alessandro Milito

(www.bottegascriptamanent.it, anno XVII, n. 188, maggio 2023)

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
Progetto grafico a cura di: Fulvio Mazza ed Emanuela Catania. Realizzazione: FN2000 Soft per conto di DAMA IT