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Problemi e riflessioni (a cura di La Redazione) . A. XVII, n.187, aprile 2023

Zoom immagine Dubitare per gettar luce
sugli eventi indecifrabili

di Mario Saccomanno
In un testo edito Bertoni, Marino discute
dei mezzi d'indagine dell’inaccessibilità


La pareiodolia è un’illusione subcosciente attraverso cui si tende a ricondurre a schemi ordinati e familiari quanto invece è disposto in modo casuale. Un classico esempio sono le immagini, quali un orso o un cavallo, che un bambino può scorgere in modo semplice nelle multiformità delle nuvole. Ancora, riportando un altro caso, si pensi al “sembiante della luna”, cioè il vedere un volto umano nel soffermarsi con lo sguardo sul satellite.
Si tratta di un processo psicologico che risulta essere amplificato dalle credenze religiose. Così, tramite la pareiodolia si può spiegare il rinvenire la figura della Madonna o di Gesù in alcune macchie. Dunque, la mente, in uno svolgimento identificativo che risulta del tutto istintivo per l’uomo, agisce componendo gli elementi riscontrati. L’autosuggestione può giungere al punto da assumere le sembianze di una vera e propria conoscenza diretta. Si assiste a un riscontro percettivo, a una concretezza di quanto osservato che, in alcuni casi, arriva ad avere la peculiarità del contagio.
Quanto detto avviene anche nell’epoca attuale, periodo nel quale, sebbene l’uomo risulti affidarsi con tono sempre più marcato al metodo scientifico e, di conseguenza, al riscontro oggettivo, non è raro notare come la caccia al miracolo sia tutt’altro che conclusa.
Gli elementi finora passati in rassegna vengono discussi in dettaglio nel testo di Paolo Marino intitolato Miracoli. Indagine tra scienza e fede. I miracoli hanno caratterizzato e influenzato la storia sin dall’antichità (Bertoni editore, pp. 204, € 18,00). Sopra ogni altra cosa, le considerazioni dell’autore mirano ad appurare se di ogni manifestazione anomala «non sia concepibile altra spiegazione che quella celeste».
Per farlo, Marino indaga molteplici eventi riportati nei testi sacri che tutt’oggi influenzano varie culture presenti sul pianeta. Così, accanto ai portenti compiuti da Yahweh e da Gesù, nei vari capitoli del libro vengono richiamati all’attenzione dei lettori anche la presenza di avvenimenti miracolosi nei testi sumeri ed egizi.
Ancora, la disamina passa in rassegna le guarigioni razionalmente impenetrabili registratesi nei luoghi di culto. Da qui, per esempio, l’autore si interroga sul “miracolo del sole”, avvenuto a Fatima nel 1917, o sulla liquefazione del sangue dei santi. Le domande poste di volta in volta mirano a sollevare dubbi su quei frangenti attualmente ignoti. Così, il tutto è compiuto affinché l’uomo possa trovare i mezzi per rischiarare sempre più le zone ombrose della sua conoscenza.

La storia dell’umanità è intrisa di miracoli
Per comprendere la rilevanza del tema dei miracoli, Marino mette ben in evidenza come diversi rendiconti sui prodigi «compaiono pressoché in ogni narrazione riguardante le gesta delle varie deità che erano adorate dai popoli del lontano passato».
Così, la storia dell’umanità, sin dalle prime popolazioni, è intrisa di vicende sbalorditive che, afferma l’autore, «difficilmente possono giudicarsi il frutto di mera immaginazione». Da qui occorre capire come rapportarsi dinanzi a tutte queste numerose narrazioni. Per esempio, rimanendo ancorati anche soltanto alle società con forte presenza cattolica, l’approccio nei riguardi dei miracoli presenti nel Vecchio e nel Nuovo Testamento, per ovvie ragioni, muta in primo luogo in base alla fede manifestata dal singolo individuo.
Inevitabilmente, non mancano le persone che si discostano dal vederli come resoconti storici, come fatti realmente accaduti. Di conseguenza, i miracoli presenti nelle narrazioni bibliche possono essere anche accostati a veri e propri miti. In quanti tali, risultano strumenti importantissimi in grado di offrire interpretazioni su argomenti di diversa natura, senza che questo voglia dire però che i tratti specifici di quanto affermato debbano avere un riscontro effettivo nella realtà.
Quanto occorre sottolineare è che Marino ingloba tutte queste specifiche visioni nelle sue ricerche e le presenta senza preconcetti al lettore. L’azione compiuta dall’autore tiene conto in primo luogo della narrazione. Infatti, solo una volta mostrati i tratti specifici del singolo episodio su cui ci si sta concentrando, l’urgenza diventa quella di trovare un riscontro in altre fonti similari. A quel punto si possono tracciare in modo più definito tutte le chiavi interpretative possibili affinché si possa giungere finalmente a un’indagine più accurata dell’accadimento discusso.

Far leva sulla scienza per cercare di spiegare i miracoli
Occorre soffermarsi con più acutezza su un aspetto che connatura il testo che si sta analizzando. Si è detto che indagare scientificamente sui miracoli significa in primo luogo non rifiutare arbitrariamente nessuna ipotesi. Proprio da questo aspetto è possibile derivare che, nel percorso tracciato da Marino, non c’è mai spazio per alcun asserto. L’indagine deve passare al vaglio ogni piccola possibilità, con tutto ciò che ne consegue.
Per cercare appigli di qualsiasi natura, è facile notare come spesso l’autore cerchi di comprendere come far leva sulla scienza significhi in primo luogo analizzare le cause dei fenomeni, andare alla ricerca di quelle leggi, anche laddove non risultino esserci.
La scienza moderna insegna che proprio queste leggi, per divenire tali, hanno bisogno che molteplici esperimenti ne accertino la fattezza. Il tutto, va da sé, deve essere espresso in termini rigorosi, matematici, che non lasciano spazio ad altre interpretazioni.
Risulta evidente che cercare di spiegare in modo scientifico gli eventi miracolosi significa definire qualcosa che, almeno di primo acchito, si scontra totalmente con le leggi della fisica. Se, come esempio – così da restringere il vasto campo d’azione in cui, di volta in volta, Marino agisce – ci si concentra sul miracolo della camminata sulle acque di Gesù, evento riportato nei vangeli di Marco, Matteo e Giovanni, si nota concretamente il modo di interrogarsi dell’autore.
Intanto, Marino mette in chiaro come «il concetto di uomini dal credo saldo che procedono sulle acque è alquanto antico e ben radicato». Infatti, afferma che si trovano azioni similari nella cultura indiana e nella mitologia greca. Da questo primo riscontro, la domanda che si pone riassume tutto il procedere caratteristico del testo: «Ma le cose stanno veramente così? Vi sono dei documenti storici di questi eventi così incredibili?».
Per cercare di chiarire più aspetti possibili è inevitabile appellarsi a ogni tipo di operazione scientifica. Infatti, in tal senso, sempre sul miracolo appena evidenziato, l’autore riporta i risultati di quanto compiuto dal professore di oceanografia fisica della Florida state university Doron Nof. Un suo studio avrebbe evidenziato come la composizione del Mar di Galilea, oltre che le condizioni climatiche registrate in quel periodo, potrebbero far pensare che all’epoca della predicazione di Gesù si potessero formare «lastroni ghiacciati in superficie, di dimensioni sufficienti a sorreggere il peso umano».

Far leva sulla forza del dubbio
Non deve far storcere il naso un’azione siffatta. Si tratta di far leva sulla forza del dubbio, strumento fondamentale per giungere alla comprensione più accurata di qualsiasi aspetto su cui ci si sta concentrando.
In tal senso, Marino fa sue le parole proprio di Nof che afferma che, qualora gli si domandasse se lui crede che qualcuno possa camminare sulle acque, la sua risposta sarebbe negativa, ma, al contrario, afferma, «è possibile invece che qualcuno cammini su un pezzo di ghiaccio e mi limito a proporre questa spiegazione. Lascio ad altri la questione se il nostro studio possa o meno smentire il racconto biblico».
Sta qui l’aspetto decisivo dell’agire di Marino. Non si tratta mai di una condotta atta a smentire quanto viene riscontrato nelle fonti che si sta analizzando. Tutt’altro: l’azione viene compiuta e incoraggiata affinché si possa diradare la nebbia che riveste il grado di comprensione umano su quello specifico avvenimento.
È un agire che viene utilizzato in tutti gli altri numerosi ambiti messi in risalto nel testo. Si pensi come esempio al tema dell’indefettibilità. In merito, l’autore si interroga sul modo attraverso cui gli uomini, in epoche lontane e in diverse culture, abbiano cominciato a immaginare la possibilità di sconfiggere la morte che accomuna qualsiasi specie tramite l’immortalità.
Ancora, viene indagato il passaggio del Mar Rosso, «uno dei miracoli più spettacolari menzionati dell’Antico Testamento». Anche qui, Marino fa appello alle analisi di reperti archeologici, alle misurazioni satellitari o alle simulazioni computerizzate che sono state realizzate nell’ultimo periodo; aspetti sempre legati a stretto giro al proposito di cercare una qualche spiegazione logica all’accadimento discusso, finanche la possibilità di considerare la «presenza di intelligenze extraterrestri in occasione di straordinari eventi che hanno segnato la storia dell’umanità».

Né lo scientismo, né il cieco fideismo
Nel testo si incontra un interrogativo fondamentale che risulta proficuo riportare interamente per capire ancora meglio gli intenti dell’autore. Infatti, scrive Marino: «L’uomo del XXI secolo è dunque giunto a un bivio: a chi affidarsi, alla fede o alla scienza? Può quest’ultima fornire una valida risoluzione per ciò che è ancora ignoto? Essa è in grado di decrittare le eccezionali imprese di Cristo? Quale dovrebbe essere il giusto atteggiamento quando ci si cimenta nella esegesi dei portenti descritti dagli evangelisti? Probabilmente né lo scientismo né il cieco fideismo sono il punto di partenza corretto per giungere alla decifrazione dei fenomeni narrati nei vangeli».
Come si sarà ormai compreso, l’atteggiamento richiesto è far leva anche e forse soprattutto sul dubbio e sul bisogno di interrogarsi sempre sugli eventi accaduti. Il che non vale soltanto per i Vangeli, ma anche per le vicende che hanno segnato l’ultimo periodo della storia umana.
Così, nel testo, Marino non manca di esaminare «la contingenza sovraumana più controversa del secolo scorso», il “miracolo del sole”, cioè l’avveramento delle apparizioni mariane che si verificò in Portogallo, a Fatima, frazione del comune di Qurém, nel 1917.
Ad assistere alla danza, al suo cambio di colore e dimensione della stella madre del sistema solare, vi furono 70.000 persone e gli eventi furono testimoniati anche da prove fotografiche, sebbene vi sia una scarsa definizione delle immagini dovuta alle pellicole utilizzate all’epoca. Si trattò di un evento capace di segnare gli eventi e le credenze attuali.
Nel testo viene sottolineato come dagli anni Sessanta siano stati diversi gli studiosi che hanno cominciato a dare un’esegesi differente rispetto ai riconoscimenti della Chiesa avvenuti in precedenza. Il bisogno di Marino di non accantonare qualsiasi pista per cercare le soluzioni a quanto accaduto, lo porta ad affermare che: «Rivitare il Miracolo del Sole tramite le attuali nozioni derivanti dall’ufologia e dalla scienza non può e non deve risultare azzardato».

Appagare la necessità umana di conoscenza
In merito alle apparizioni di Fatima, Marino confida come il suo agire non abbia come intento quello di contrastare in alcun modo tutti i convincimenti religiosi. Si tratta di «appagare una necessità che risale ai primordi dell’esistenza», che consiste «nel trovare la risposta definitiva in un universo che sembra continuamente più smisurato, ma che resta pur sempre l’incantevole dimora alla quale apparteniamo».
Aumentare le proprie conoscenze scientifiche affinché si possa giungere a una comprensione più accurata degli eventi significa accettare i tratti della scienza moderna. Da questo punto di vista, soffermandosi sul prodigio della liquefazione del sangue di San Gennaro, Marino sottolinea come fugare ogni dubbio passi soltanto dall’analisi chimica diretta del contenuto delle ampolle. Il diniego della Chiesa, che non ha interesse verso un’azione siffatta, fa sì che il fenomeno sia ancorato esclusivamente al piano religioso, il che significa andare incontro a «decifrazioni parziali e non esaustive».
Così, a conclusione, l’autore mostra proprio come i vari fenomeni analizzati non si possono relegare solo a determinate sfere. Questo perché, ogni operazione parziale porta sempre a decifrazioni non esaustive che limitano la crescita della conoscenza umana. In tal senso, anche il sapere odierno che «arriva ad appianare tante cose, quasi tutto», presenta ambiti in cui le conclusioni diventano più ostiche. Per questo, in determinate analisi risulta proficuo «superare anche i limiti del pensiero scientifico, per non farlo assurgere a ruolo di dogma».

Mario Saccomanno

(www.bottegascriptamanent.it, anno XVII, n. 187, aprile 2023)

Collaboratori di redazione:
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