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Home Page (a cura di Tiziana Selvaggi) . Anno II, n° 9 - Maggio 2008

Zoom immagine Svolta politica in Francia:
l’era di Nicolas Sarkozy

di Gaetanina Sicari Ruffo
Gaetano Quagliariello studia i cambiamenti in atto
nella Francia, in uno scritto edito dalla Rubbettino


Prima di vincere le elezioni presidenziali Nicolas Sarkozy era stato designato da Jacques Chirac, nel 2002, all’incarico di ministro dell’Interno come capo del partito di maggioranza, per imprimere alla politica la fermezza che richiedeva gran parte dei cittadini. Era un incarico difficile anche per le inquietudini che si erano rivelate in alcune periferie. Ma egli seppe bene destreggiarsi, forte dell’esperienza di Chirac, e trasformare quella prova «in un vero e proprio trampolino» per la sua candidatura all’Eliseo. L’espressione è di Gilles Le Béguec, professore di Storia contemporanea a Parigi che cura la Prefazione del testo di grande attualità di Gaetano Quagliariello, dal titolo La Francia da Chirac a Sarkozy (Rubbettino, pp. 108, € 9,00). Per la vittoria presidenziale molto hanno contato alcuni

errori tattici commessi da Chirac come il non aver preso in considerazione per esempio la durata del suo mandato, ridotto da sette a cinque anni, che non gli consentì tutto il tempo che avrebbe voluto per pensare alla successione e poi l’aver lasciato credere che avrebbe potuto candidarsi per il terzo mandato, mentre per l’opinione pubblica questa ipotesi s’allontanava sempre di più.

 

Sarkozysmo come gollismo?

Nella raccolta antologica di cronache della politica francese che Quagliariello, professore di Storia contemporanea alla “Luiss” di Roma, ha selezionato nel suo testo, si fa strada l’interpretazione che il sarkozysmo potrebbe essere simile al gollismo riformatore degli anni 1958-‘59. L’idea deriva da Nicolas Baverez, grande studioso del movimento gollista ,per via di alcune espressioni caratteriali che appartengono a Sarkozy ,come il volontarismo e l’esigenza fortemente sentita d’uscire dall’immobilismo di Chirac. La tendenza all’atlantismo e la sua visione comunitarista sembrerebbero invece allontanarlo dal messaggio di Charles de Gaulle, ma forse è ancora troppo presto per stabilire con certezza l’identità che impronterà il suo mandato. Molti che ben lo conoscono scommettono su di un’evoluzione “all’europea” del suo regime presidenziale tendente ad essere più radicato nelle tradizioni parlamentari.

 

La Francia di oggi

Il tentativo messo in atto dal leader centrista François Bayrou di sbarrare il passo a Sarkozy per le elezioni presidenziali è fallito così come è venuta meno la candidatura della leader socialista Ségolène Royal. È prevalsa ancora una volta la regola della V Repubblica voluta dal generale de Gaulle, secondo cui, se la maggioranza del nuovo parlamento è conforme a quella presidenziale, al presidente eletto potrà essere offerta la possibilità d’essere insieme capo dello stato ed ispiratore del governo, una sorta di monarca repubblicano.

Per questo il periodo di permanenza del presidente a capo dello stato è stato portato da sette a cinque anni, perché coincidesse con la durata della legislatura. Apparentemente tutto sembra nella linea della continuità perché all’Eliseo al gollista Chirac succede un altro gollista, Sarkozy, ma il gollismo può essere rappresentato in modi diversi. La presidenza di Sarkozy sembra voler richiamare il momento in cui de Gaulle fu sconfitto dalla risposta del movimento del Sessantotto, con una variante, però: il tentativo d’impegnarsi a soddisfare quelle attese che allora erano l’emarginazione, la povertà, l’integrazione, il rapporto con gli Stati Uniti, la nascita d’una nuova Europa.

 

L’Europa del dopoguerra

Dopo il clamoroso rifiuto dei francesi di approvare il trattato della nuova Europa s’è aperta una crisi che si sta tentando ora di superare. Bisogna però premettere che l’idea dell’integrazione dell’Europa rimonta al periodo della cosiddetta “Guerra fredda”. Più a monte essa è stata ispirata dai propositi di superamento dell’isolazionismo propri della politica di Franklin Roosevelt e di Henry Truman quando, nel dopoguerra, ci fu la richiesta d’integrazione delle economie europee come condizione per la concessione degli aiuti del piano Marshall. Poi il coinvolgimento Usa nella crisi tedesca e la pressione esercitata perché si trovasse una soluzione, in una più ampia logica d’integrazione, aprirono il vero epicentro della Guerra fredda. Fu allora che si pensò d’invertire il sistema e di sostituire al principio di subordinazione dell’Europa quello di sopranazionalità. Nacquero alcune istituzioni europee per risolvere le controversie come la Ceca, l’Ueo, la Cee. Alla richiesta della Gran Bretagna d’entrare nella Cee però de Gaulle allora oppose il veto, perché preferiva pensare ad un’Europa più protesa verso la Russia che non verso l’Atlantico. Varò così l’asse franco-tedesco, d’accordo con il cancelliere Konrad Adenauer. Al momento della ratifica fu aggiunto dal parlamento tedesco un preambolo che, per l’ambito militare, sarebbe stato necessario il concorso degli Stati Uniti. Più tardi, alla caduta del muro di Berlino ,ci fu la fine dei blocchi ed una revisione del rapporto con gli Usa messo in crisi da vari fattori: l’unificazione della Germania, la caduta dell’Urss, l’allargamento ad Est dell’Unione europea con l’entrata di nuovi interlocutori. Ultimamente s’è aggiunta la crisi dell’Iraq e lo studio d’una strategia per combattere il terrorismo internazionale. Le ragioni del rifiuto dei francesi al trattato costituzionale sono state dunque varie, non esclusa la paura xenofoba. Ma non è più possibile tuttavia conservare l’idea di un’Europa come era stata concepita da de Gaulle, contrassegnata dall’aspirazione alla grandeur. In essa devono convivere culture diverse e affermarsi valori che non siano solo ispirati al razionalismo illuministico, ma che comprendano aperture ai vari credo religiosi.

 

La Francia e l’Italia

In nessun altro paese come in Italia il fenomeno Sarkozy è vissuto con tanto interesse ed ammirazione sia a destra che a sinistra. Una questione importante sono le riforme di tipo liberale ed apprendere che Sarkozy cerca di realizzarle è un ottimo sprone per rivendicare anche in Italia una politica coraggiosa e dinamica. Bisogna smantellare le corporazioni dell’economia dando spazio al mercato, all’iniziativa individuale e al merito. Tony Blair, Bill Clinton, José Zapatero per i loro rispettivi stati hanno vinto questa battaglia che è stata pure quella di Ronald Reagan, di Margareth Thatcher, e, ancora più recentemente, di José Maria Aznar. Ora tocca all’Italia. Il modello Sarkozy impone un programma fondato sui sacrifici e non sulle illusioni, parla di ouverture, non di inciucio, cerca di rendere più isolate le categorie che resistono alle riforme, più deboli gli argomenti degli oppositori. E questo è possibile con il dialogo rivolto al paese. Ultimamente Sarkozy, in un incontro a Tangeri ,il 23 ottobre, e recentemente a Roma, il 20 dicembre, s’è trovato d’accordo con Prodi nell’avviare un suo progetto di creare un’unione del Mediterraneo. L’Italia vi avrà un ruolo essenziale. Il nuovo presidente ha sostenuto la volontà di strutturare questa unione di popoli mediterranei sul modello dell’Unione europea, non necessariamente in contrasto con la linea di Bruxelles, ma a sua integrazione. Se andrà in porto ci sarà uno strumento in più a favore della politica dei popoli che abitano questo bacino.

 

Gaetanina Sicari Ruffo

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno II, n. 9, maggio 2008)

 

 

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
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