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Problemi e riflessioni (a cura di La Redazione) . A. XV, n, 166, luglio 2021

Zoom immagine Una lotta giusta ma
dalla parte sbagliata

di Alessandro Milito
Una brigantessa silana pensò erroneamente
di difendere in tal modo i miserabili


Maria Oliverio nasce a Casole Bruzio il 30 agosto 1841, secondogenita di una famiglia troppo numerosa per essere sfamata dai pochi spiccioli portati a casa dal padre, bracciante al servizio della potente famiglia Morelli, e dalla madre, tessitrice in una casa sempre poco illuminata. Una vita aspra, piena di sacrifici e rinunce, sempre in balia dei capricci dei «cappelli», i signori delle famiglie nobiliari del cosentino, provincia dimenticata di un Regno delle Due Sicilie in decomposizione; un regno ben lontano dall’idealizzazione benevola, ma intimamente reazionaria e antiunitaria, a cui certo revisionismo fa spesso riferimento.
Giuseppe Catozzella con Italiana (Mondadori, pp. 324, € 19,00) ci riporta in una Calabria alle soglie dell’Unità d’Italia per raccontare la storia della temuta Ciccilla, la brigantessa della Sila, una donna che suo malgrado si trovò a combattere, dalla parte sbagliata della Storia, una lotta per la dignità della povera gente.
Miseria e nobiltà
Catozzella, milanese ma di origini lucane, ricostruisce la vita di Maria Oliverio basandosi su fatti realmente accaduti e documenti processuali depositati presso gli Archivi di Stato: un lavoro di ricerca intelligente e minuzioso ma che sapientemente sa lasciare spazio all’arte romanzesca e a qualche necessaria licenza poetica.
Eppure, prima ancora che essere la storia di una donna, Italiana è anche un efficace affresco della Calabria di metà Ottocento. La Macchia dove nasce e cresce Maria Oliverio è una frazione di Casole Bruzio, attualmente parte del comune di Casali del Manco. Proprio in quelle case incastonate tra la Sila e Cosenza, oggi facilmente raggiungibili dal capoluogo, si districava un mondo di piccoli borghi, ciascuno con una ben precisa identità, sempre in costante dialogo con la montagna. Una terra difficile, povera, sottoposta alla dura legge del latifondo e alla più rigida divisione di classe: da un lato i “signori” del villaggio, espressione di una piccola nobiltà parassitaria, dall’altro il quarto stato di garzoni, contadini, minatori e manovali. Un mondo in cui la nascita definiva inesorabilmente il destino di ognuno, con qualche eccezione.
Ed è proprio Teresa, sorella maggiore di Maria, a essere benedetta da un capriccio di una famiglia nobile, incapace di generare prole di sangue blu ma disposta a toglierla, con il ricatto, ai propri servitori. Il ritorno, non volontario, di Teresa alla propria famiglia di umili origini sarà l’inizio di una serie di lunghi soprusi, violenze e ingiustizie che avranno grandi ripercussioni nella formazione di Ciccilla.
Catozzella è bravo nel descrivere la miseria, le condizioni di vita di una famiglia calabrese in un Ottocento troppo spesso narrato con eccessi di romanticismo e meno realismo storico. Una miseria continuamente bilanciata da un grande senso di dignità e fierezza che cercherà di trovare il suo riscatto con l’Unità d’Italia.

Una promessa non mantenuta
L’altra grande protagonista del romanzo è proprio lei: l’Italia. Un’idea in grado di accendere i cuori di molti, persino nella dimenticata provincia calabrese, persino tra i minatori della cave di carbone della Sila. Tra questi si distingue l’animo focoso e rivoluzionario del giovane Pietro Monaco, subito pronto a rispondere alla chiamata di Pisacane e dei primi coraggiosi patrioti, disposti a dare la vita per un’idea tanto grande quanto difficile.
Un’idea incomprensibile all’animo mite e reazionario dei contadini calabresi, troppo abituati al gioco di mille padroni diversi per poter credere a simili avventure. Uno scetticismo condiviso dalla stessa Maria, che però verrà rapidamente soppiantato dall’amore per Pietro e dalla sua passione politica. L’idea dell’Italia unita, nazione in cui anche i pezzenti avrebbero potuto vivere dignitosamente e rompere le catene dello sfruttamento, inizia a far breccia nel cuore della protagonista.
La storia d’amore tra Maria Oliverio e Pietro Monaco, un amore tormentato, violento e autodistruttivo, è l’altro grande capitolo di Italiana, un romanzo che prova a dare un cuore, un volto e una voce a quella donna che poi sarebbe passata alla storia come la prima capobrigante della Sila.
Perché Maria e Pietro sono esistiti per davvero: le loro schioppettate e le loro imboscate ai bersaglieri tra le inaccessibili vette delle montagne sono storicamente documentate. La loro banda di briganti era diventata un vero problema di sicurezza nazionale, quella stessa nazione in cui avevano creduto e, nel caso di Pietro, avevano contribuito a creare con la camicia rossa garibaldina.
L’Italia che avevano immaginato avrebbe dovuto essere patria del riscatto sociale, del definitivo superamento delle logiche feudali e padronali per secoli imperanti: una speranza presto delusa con i cappelli, un tempo fieramente borbonici, poi subito pronti a sposare la causa dei Savoia. È questo rancore, questa rabbia incontenibile per la promessa mancata, il terreno su cui nasce e cresce il brigantaggio di Maria OIiverio: non un nostalgico ricordo della monarchia borbonica ma il desiderio di vendicare la rivoluzione tradita. Ed è questo l’aspetto che più volte viene rimarcato da Catozzella: la rivolta della sua italiana si colora presto, più o meno inconsapevolmente, del rosso socialista invece che del bianco borbonico. La brigante Oliverio si dà alla macchia, all’estorsione e all’omicidio, crimini efferati che l’autore non esalta, ma inquadra da una diversa prospettiva. Il Regno d’Italia avrebbe portato con sé i germi del liberalismo che sarebbero poi cresciuti e concretizzati nella libertà di stampa, nell’istruzione pubblica aperta a tutti, nel parlamentarismo. Oliverio chiedeva la liberazione dal servaggio, la ridistribuzione delle terre e l’abbattimento del feudalesimo. Si tratta di due mondi, di due modi di vedere l’Italia che solo in futuro riusciranno a fondersi. Il brigantaggio di Ciccilla è un fenomeno criminale e inconsapevolmente contrario alla modernizzazione della Penisola, ma che il libro cerca di contestualizzare e raccontare attraverso gli occhi della protagonista.

Ciccilla, un’italiana
Maria Oliverio abbandonò la sua famiglia e il suo paese, scelse la legge della montagna, quel mondo che l’aveva accompagnata sin dalla sua infanzia ma che mai aveva deciso di vivere completamente.
Divenne una leggenda, con il suo soprannome presto trasformatosi in nome di battaglia: Ciccilla. La brigantessa della Sila fu l’incubo dei bersaglieri e degli ufficiali piemontesi, scesi in quella terra sconosciuta e oscura, pronti a debellare i rivoltosi. Anche i nobili impararono ad avere paura di quel nome: in tanti vennero sequestrati e divennero merce di scambio. Alexandre Dumas, dalle pagine del giornale L’Indipendente elevò alla fama internazionale le gesta della brigantessa e di suo marito, Pietro Monaco.
Italiana va oltre la propaganda dei giornali di quegli anni, le pagine fredde e burocratiche dei verbali del Tribunale di Guerra della Calabria Ultra che processerà Ciccilla. Giuseppe Catozzella vuole raccontarci di una donna coraggiosa e fuori dagli schemi ma profondamente ed inconsapevolmente Italiana.
«Italianiii!!!”»: così i soldati piemontesi chiamavano i briganti del sud, deridendoli, insultandoli e affibbiando loro il nome di quella nazione in cui non si riconoscevano. «Italiana!» veniva chiamata Ciccilla: Catozzella dimostra che quel nome, titolo del suo libro, è più che mai adeguato alla storia di quella donna.
Una storia che riprende vita grazie alle pagine di questo romanzo, intelligente e ben scritto, lontano dall’elegia a un brigantaggio filo-borbonico e antiunitario troppo di moda in alcuni ambienti meridionali.

Alessandro Milito

(www.bottegascriptamanent.it, anno XIV, n. 166, luglio 2021)

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
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