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ANNO I, n° 0 - Agosto 2007
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Comunicazione e Sociologia (a cura di Pierpaolo Buzza) . ANNO I, n° 0 - Agosto 2007

Zoom immagine Cause ed effetti di una crisi
che si trascina da più tempo
nel settore politico. E blocca
qualsiasi sviluppo “diverso”

di Carmela Infante
Italia: il lungo predominio democristiano
e la mancata organizzazione dei poteri


L’invito a dimenticare la Dc è quanto ci viene suggerito nel pamphlet di Maurizio Griffo, docente di Storia delle Dottrine politiche presso l'Università "Federico II" di Napoli, il quale ritiene che la crisi politico-istituzionale che si trascina in Italia da tempo sia l’effetto dei quarantacinque anni di dominio ininterrotto del partito democristiano. Non a caso Dimenticare la Dc è il titolo che l’autore ha voluto dare al suo testo, edito dalla Rubbettino (pp. 96 € 9,00). Griffo affronta la questione della centralità democristiana della Prima repubblica, di cui «il clamore delle inchieste giudiziarie cominciate nella primavera del 1992, che vanno sotto il nome di Tangentopoli», sono effetto e non causa della crisi politica dell’Italia di questi anni; l'autore sostiene che a seguito della scomparsa dell’Unione Sovietica e della rapida conclusione della Guerra fredda «gli elettori moderati che fino ad allora avevano dovuto votare la Dc in mancanza di un’alternativa praticabile, liberati dalla paura del comunismo, cominciavano ad indirizzare altrimenti  i propri suffragi. Soprattutto, però, il sistema a baricentro democristiano, appariva, di colpo, un enorme masso erratico, tanto ingombrante quanto inutile». Il testo denuncia sostanzialmente un’errata lettura dell’Italia di questi anni da parte di analisti, storici e giornalisti che hanno dato una visione moralistica e giudiziaria degli eventi, individuando le cause della crisi nella nascita del Pentapartito, nella fase craxiana e nell'inchiesta di Mani Pulite.

Ciò non significa che l’autore neghi l’importanza del ruolo ricoperto dalla Dc nella nostra storia repubblicana per il consolidamento della libertà, né che da questo giudizio storico ne consegua che l’Italia debba essere condannata in eterno a sopportare il giogo asfissiante della costituzionale materiale dorotea.

 

La lunga stasi

Ripercorrendo la storia – dal connubio cavouriano al trasformismo di Depretis, dal periodo giolittiano fino alle formule dell’Italia repubblicana – il nostro stato non ha mai conosciuto alternanza di governo quanto un susseguirsi di regimi. L’evoluzione del sistema italiano si bloccò alla fine degli anni Sessanta perché la Guerra fredda impediva la nascita di governi alternativi alla Dc. Il partito comunista era ancora distante dalla revisione ideologica e la destra era prevalentemente rappresentata dagli eredi del fascismo. Da un lato la cultura connaturata del partito comunista e dall’altra l’autoreferenzialità della Dc.

In particolare negli anni Settanta, dopo la scomparsa di personaggi del calibro di Aldo Moro, la Dc non seppe più riprendersi. «Il periodo che va dalla fine degli anni Settanta agli inizi degli anni Novanta – sostiene Griffo – segna la fase del degrado preagonico del sistema politico».

Al contrario, nel resto d’Europa, in Francia come in Gran Bretagna e nella stessa Germania, si assiste, tra gli anni Sessanta e Settanta, a un periodo di grandi mutamenti.

Dal 1992 al 1994 i vari partiti eredi della vecchia Dc si proposero di formare “un grande centro” ma questo processo fu arrestato dalla modifica della legge elettorale, che trasformò il sistema da proporzionale a maggioritario, dall’elezione diretta dei sindaci e dei presidenti di provincia e dalla nascita di un nuovo partito: Forza Italia.

L’avvento di Silvio Berlusconi – leader di questa nuova formazione politica – , secondo l’autore, non rappresentò un’anomalia quanto un momento di rottura con la situazione di stasi precedente che, però, non andò in porto a causa di quelli che definisce partiti canaglia e degli strascichi della mentalità dorotea. Prima fu la Lega Nord a far saltare il governo Berlusconi, poi, nel 1998, lo stesso avvenne, sotto il governo Prodi, a causa del ritirato sostegno di Rifondazione comunista. Nel 1995 fu Oscar Luigi Scalfaro che incaricò Dini di costituire il governo e, nel 1998, ancora Scalfaro, dopo la caduta dell’esecutivo Prodi, avviò le consultazioni parlamentari al termine delle quali conferì a Massimo D’Alema l’incarico di dar vita al nuovo governo. A seguito dell’esperienza dei governi D’Alema e Amato, dopo le elezioni politiche, la presidenza del Consiglio dei Ministri tornerà nelle mani di Silvio Berlusconi, ancora una volta ostacolato da un altro partito canaglia, l’Udc di Casini.

L’Italia è ormai pronta per un assetto bipolare ed un sistema bipartitico: l’autore ritiene che questa sia l’esigenza di gran parte dell’opinione pubblica che si è scontrata e continua a scontrarsi con gli interessi costituiti da una nomenklatura sostanzialmente democristiana

Si è consolidata negli anni, ribadisce Griffo, una forma mentis che possiamo definire “dorotea”, legata a governi deboli e all'instabilità delle maggioranze. L’unica soluzione a questa situazione di crisi potrebbe essere, secondo Griffo, la nascita del partito democratico anche se non si escludono nuove lobby e nuove fasi di trasformismo.

 

Carmela Infante

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno I, n 1 , agosto 2007)

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