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A. XVIII, n. 199, aprile 2024
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Dibattiti ed eventi (a cura di Natalia Bloise)

Dal buio alla nuova alba: l’odissea del mare rubato
di Annalice Furfari
La grinta e la determinazione del «francescano di ferro», Italo Falcomatà,
narrate dal libro di Città del sole, danno nuova vita al lungomare reggino


 

La perseveranza del «francescano di ferro» contro «l’arroganza del padrone delle ferriere». Questa è la vicenda ricostruita e narrata dal giornalista di Gazzetta del Sud Pino Toscano nel suo libro Il mare rubato (Città del sole edizioni, pp. 113, € 12,00), presentato sabato 22 dicembre presso la sala delle conferenze del Palazzo della Provincia di Reggio Calabria. L’opera si basa su una raccolta di articoli, pubblicati nel 1998, dal redattore all’interno delle pagine reggine del suo giornale, che rievocano un pezzo fondamentale, uno dei più importanti e pregnanti della storia della città calabrese. Si tratta della lotta combattuta dall’ormai defunto sindaco Italo Falcomatà (il primo cittadino che ha saputo abbattere le barriere legate al colore politico e che viene rievocato con amore e nostalgia) contro i responsabili delle Ferrovie dello Stato, allo scopo di poter finalmente ristrutturare il lungomare reggino e, così, restituire all’intera cittadinanza il suo rapporto con quel «mare rubato» per troppo tempo. L’oggetto della contesa era la costruzione del doppio binario sulla tratta Villa San Giovanni-Reggio Calabria. Una disputa iniziata negli anni Settanta e conclusasi, grazie alla straordinaria determinazione di Falcomatà, solo nel 2000. Per condurre questa battaglia legale con maggior vigore, il sindaco chiese l’aiuto e il sostegno dello storico giornale dell’area dello Stretto, ottenendolo immediatamente senza condizioni. Ecco, allora, che presero avvio le molteplici ed incisive inchieste del giornalista Pino Toscano, realizzate con il piglio tagliente e lo stile graffiante, ironico e puntuale, che abbiamo avuto modo di apprezzare più e più volte tra le pagine di Gazzetta del Sud. Questi articoli hanno consentito la nascita del libro, presentato da commentatori illustri: il presidente della Provincia Giuseppe Morabito, il vice caporedattore del quotidiano biregionale Tonio Licordari, l’attuale sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Scopelliti, il presidente del Consiglio regionale Giuseppe Bova, il vice ministro degli Interni (nonché segretario del Partito democratico della Calabria) Marco Minniti, l’editore di Città del sole edizioni Franco Arcidiaco e, infine, la presidente della Fondazione “Italo Falcomatà” Rosetta Neto Falcomatà. L’incontro è stato moderato da Oriana Schembari, addetto stampa di Città del sole edizioni.

 

La tempra forte di un uomo che ha raggiunto l’obiettivo per amore della città

A introdurre il dibattito è stato il presidente della Provincia Giuseppe Morabito, il quale si è soffermato sulle abilità scrittorie di Pino Toscano, che, «con il consueto piglio spigoloso, non si limita al semplice racconto dei fatti, ma vi entra dentro con spessore e profondità». L’arrogante comportamento del «padrone delle ferriere» (come il giornalista lo definisce all’interno del libro), che «per quasi trent’anni ha trattato con atteggiamento razzista questa città», è sbeffeggiato con l’usuale ironia. E, da autentico cronista, Toscano non lascia trapelare il proprio commento o le proprie considerazioni, per consentire al lettore di trarre le personali conclusioni sulla vicenda. Si dimostra, invece, particolarmente efficace nel narrare i sogni, le ansie, le inquietudini e le angosce di Italo, «lottatore di una strana razza, che trovava nel silenzio una forza e nelle parole uno strumento». Egli considerava la città di Reggio Calabria «un faro che non può mai smettere di spegnersi», ecco perché attribuiva una tale importanza al lungomare, fondamentale per la tanto auspicata “rinascita” reggina. «Il sindaco non si tolse mai la coppola davanti ai potenti» e così raggiunse l’obiettivo desiderato e sognato da lungo tempo.

Tonio Licordari, responsabile della cronaca calabrese di Gazzetta del Sud, ha espresso il piacere di lavorare fianco a fianco ad un uomo come Toscano, «fantasista e poeta» del quotidiano (come lo definiscono i suoi affezionati colleghi), «una delle “penne” più puntuali ed efficaci della Calabria». Il suo libro racconta «la lotta di Davide contro Golia, la volata del corsaro ciclista» verso il risorgimento della città. Una storia narrata da un cronista che ha scelto, coraggiosamente e umilmente, di lavorare in provincia, per viverne sino in fondo le gioie, ma anche i dolori, le difficoltà, le tribolazioni, rivisitate «con taglio ironico e venature poetiche». Licordari, in qualità di ex ferroviere, ha, poi, voluto spezzare una lancia in favore delle Ferrovie dello Stato, che sono state, innanzitutto, una madre per la città dello Stretto (basti pensare al lavoro dato ai tanti reggini o alle ristrutturazioni promosse in alcune zone cittadine), prima di trasformarsi in matrigna cattiva. Il vice caporedattore ha sottolineato l’importanza strategica dell’efficienza dei trasporti per il futuro della terra calabrese e per poter dare maggiore concretezza alla svolta di Reggio, avviata da un grande uomo, «che rimarrà sempre nel cuore della sua gente».

Il sindaco Giuseppe Scopelliti ha evidenziato la linea di continuità esistente tra l’opera realizzata da Falcomatà e l’attuale amministrazione comunale, grazie a ciò che Toscano definisce «il secondo tempo del lungomare», vale a dire i progetti di rinnovamento della via marina, che verrà abbellita dalle grandiose costruzioni architettoniche moderniste (un nuovo museo e un waterfront, un centro di connessione dinamica tra l’area portuale e quella urbana limitrofa), ideate dall’irachena Zaha Hadid. Questo dimostra che «non sempre i progetti promossi da un’amministrazione devono poi essere stravolti da quella successiva: possono, al contrario, essere arricchiti e prolungati», ha spiegato il primo cittadino. Anche perché «il sogno di tutti i governanti è dare maggior vigore al rapporto del territorio con il mare». Per ciò che concerne il libro, Scopelliti ne ha esaltato il valore, dal momento che «è capace di far sognare e ha il merito di far conoscere ai giovani le problematiche passate della città, i suoi uomini, coloro che vi hanno combattuto per consentirle di crescere» e che l’hanno fatta diventare la Reggio Calabria bella e con le straordinarie potenzialità da cui bisogna partire per proseguire nel cammino dell’evoluzione. Il progetto di Zaha Hadid potrà completare e coronare definitivamente il sogno di Italo, diventando il simbolo della città e del suo rapporto con il mare. Ma la speranza del sindaco è che ci siano, in futuro, molti altri uomini con l’amore per la propria terra nel sangue, come Falcomatà, e molte altre “penne” come quella di Toscano, «in grado di rafforzare le istituzioni e indebolire gli altri poteri», quelli che perseguono esclusivamente l’interesse privato e personale.

Il presidente del Consiglio regionale Giuseppe Bova ha sostenuto la necessità che «il libro giunga nelle case di tutti», affinché si possano comprendere i risvolti autentici di uno dei momenti più significativi della storia della città, raccontato da Pino Toscano con un linguaggio graffiante, ricco di rimandi popolari, in cui c’è spazio anche per la parafrasi del titolo o della battuta di un noto film (in particolare quelli di Totò, una vera e propria passione per il giornalista!) o di una canzone famosa (come nei capitoli intitolati La Via Marina vede Napoli e poi muore, oppure Una proposta indecente). Anche grazie a tali caratteristiche, l’opera è particolarmente gradevole e «si fa leggere tutta d’un fiato». Il mare rubato ci mostra, inoltre, che «la città non può stare sola»: ha bisogno di uomini straordinari, come Falcomatà, ma non ne basta certo uno solo. Si tratta di una storia che fa riflettere tanto, che ci insegna a non perderci d’animo mai, a non rassegnarci di fronte alle ingiustizie del mondo, a tentare il tutto per tutto per combatterle. Ma la lotta non può essere facile: il sindaco non è stato lasciato tranquillo, a causa di ciò che faceva, e ogni giorno ha dovuto misurarsi con le difficoltà, le debolezze e gli egoismi altrui. Toscano tratteggia anche questi momenti difficili, di scoramento. Quella del lungomare reggino è, certamente, una storia a lieto fine, ma che non termina qui: continua con le prospettive future, perché il mare rappresenta l’avvenire di questa terra. È, pertanto, fondamentale «servirsi dell’esempio di Falcomatà come stimolo per un futuro migliore».

 

I trent’anni di calvario di una città di mare privata del suo tesoro più grande

Il vice ministro degli Interni Marco Minniti ci ha parlato dei suoi continui «flashback nel leggere il libro», che gli ha fatto rivivere i momenti pregnanti della battaglia in cui affiancò Italo: il ’70 e l’abbattimento della “cortina di ferro”, con la concessione del finanziamento per la ristrutturazione, il ’78 e l’inizio dei lavori, il 2000 e il completamento della ricostruzione. Un calvario durato trent’anni, nei quali «la città è stata privata del suo accesso al mare. E una città di mare senza mare è come se venisse colpita al cuore, privata di un pezzo fondamentale della sua identità». Reggio Calabria era rassegnata al fatto che «il più bel chilometro d’Italia fosse diventato un luogo inospitale». Il merito del primo cittadino è stato quello di intuire quanto fosse fondamentale per la città riappropriarsi del suo mare: in mancanza di tale lungimiranza, forse, tutto sarebbe rimasto com’era. Anche oggi è importante guardare al litorale con l’obiettivo di realizzare, con la Sicilia, il sogno dell’area intergrata dello Stretto. Per Minniti, sono due i punti fondamentali della questione, evidenziati dal cronista di Gazzetta del Sud: «da un lato, l’atteggiamento supponente-coloniale delle Ferrovie dello Stato e, dall’altro, l’amore di un governante per la sua città, la sua dedizione e caparbietà, il coraggio di accettare i rischi, pur di non procedere con gradualità». Questo è stato il suo segno strategico, la sua grande cultura politica. Dobbiamo prendere spunto dalle sue azioni, in quanto «l’esempio è la fonte del pensiero successivo» (come ci dice la quarta di copertina del libro). «Questa è la ragione della buona politica: ecco perché Italo è, e rimarrà sempre, indimenticabile».

L’editore Franco Arcidiaco ha espresso tutta la sua soddisfazione nel pubblicare l’opera di un giornalista (anch’egli possiede, infatti, la «matrice di cronista») come Toscano e ha raccontato le fatiche, gli aneddoti divertenti e curiosi, gli inconvenienti e le tribolazioni legati alla nascita di un testo che avrebbe dovuto prendere forma e consistenza da diverso tempo. Arcidiaco ha, inoltre, annunciato che una parte del ricavato della vendita del libro verrà devoluto alla Fondazione “Italo Falcomatà”.

Rosetta Neto, moglie di Falcomatà, ha esternato la gioia della fondazione da lei presieduta nel sostenere il progetto editoriale di Pino Toscano, che «viaggia su tre binari: quello storico, quello mitico e quello sentimentale». Lei, con estremo senso del pudore, ha preferito soffermarsi sul primo, prendendo in prestito le parole di Tucidide: «La storia è un possesso per l’eternità», indispensabile per affrontare il futuro con maggiore consapevolezza. Ancora una volta, troviamo l’esortazione a prendere esempio da quest’uomo «dall’apparenza mite ma dalla tempra forte», questo «francescano di ferro» che non ha gettato la spugna nemmeno per un istante, neppure quando persino la mafia ha tentato di intimorirlo e fiaccarlo. E così come Alessandro Magno tagliò, con un colpo solo, il nodo di Gordio, allo stesso modo Italo recise nettamente i rapporti non chiari e ambigui all’interno della sua stessa amministrazione comunale, «quelli che permettono all’illegalità e alla criminalità organizzata di consolidarsi e di prosperare» (come ha ricordato Walter Veltroni nella prefazione all’opera).

Infine, la presentazione si è conclusa con le parole riconoscenti dell’autore per i tanti apprezzamenti. Toscano ha affermato: «Pensavo, e penso, di avere compiuto un atto di amore verso chi ha segnato un pezzo di storia della nostra città». Ovviamente si riferisce a Falcomatà, arrivato in un territorio chiuso, che veniva dalle esperienze frustranti della rivolta per il capoluogo, di tangentopoli e della guerra di mafia, una realtà ostile, «arrabbiata con il mondo intero». Ma il sindaco intuisce subito che Reggio Calabria deve riconciliarsi con tutto e tutti, finanche con se stessa, allo scopo di trasformarsi in una città da amare. E così è stato. «Il grande merito di Italo è stato intervenire sullo spirito, sull’anima ferita della città», che è, in tal modo, riuscita ad aprirsi all’esterno e a evolvere. Oggi, che il compianto primo cittadino «ci ha fatto innamorare di Reggio e ci ha insegnato a non disperare quando viene la sera» (parafrasando le parole pronunciate dall’allora vice sindaco Demetrio Naccari, durante la cerimonia funebre in memoria del sindaco), dobbiamo guardare con gli occhi di un bambino alla bellezza del lungomare, per lasciarci incantare ancora una volta dal suo fulgore, per non farci dominare dall’abitudine o pensare che ci sia dovuto.

«Si può guardare ad un’altra primavera, dopo quella di Italo, che ci ha insegnato a sperare. La memoria è come l’amore: va coltivato, altrimenti appassisce. Noi non vogliamo fare appassire l’amore per questa città», ha concluso il giornalista. Quello stesso, immenso amore che il «francescano di ferro» ha nutrito intensamente per la sua terra.

 

Annalice Furfari   

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno II, n. 8, aprile 2008)

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
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