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Home Page (a cura di La Redazione) . A. XI, n 121, ottobre 2017

Zoom immagine Una scultura del titano Atlante
attribuibile a Leonardo da Vinci

di Stefania Ciavattini
In un saggio edito da Narrativa e Poesia, Draško Dolić dimostra
la paternità di una nuova opera del genio del Rinascimento italiano


Tra le nuovissime acquisizioni di Bottega Editoriale è da segnalare un saggio del croato Draško Dolić che costituisce la dimostrazione dell’appartenenza di una scultura lignea molto particolare alla mano di un grande maestro dell’arte italiana: si tratta di Leonardo da Vinci: una nuova opera da attribuire al genio del Rinascimento (Narrativa e Poesia, pp. 256, € 24,00), con Prefazione a firma della storica dell’arte Isabella Calidonna, appena pubblicato.
Come noto, la critica dell’arte ha ritenuto non sia pervenuta a noi alcuna testimonianza concreta della capacità scultorea leonardesca, pur essendo certa una sua produzione, sia per gli schizzi dello stesso Leonardo sia per gli scritti del Vasari che descrivono la sua produzione di teste di donne e putti, ritenuta mirabile.
Di diversa opinione è l’autore del saggio, che attraverso l’osservazione della statua, la ricostruzione degli aspetti tecnici utilizzati e la loro compatibilità con le conoscenze del tempo e con il bagaglio personale di Leonardo, l’interpretazione allegorica di molti particolari raffrontata alle conoscenze rinascimentali, produce una serie di “prove” che appaiono ben fondate.

Una strana statua lignea
La scultura presa in esame da Draško Dolić è di legno d’ontano colorato in nero brillante e opaco, e rappresenta Atlante, il titano che sorregge l'universo sulle spalle. Si trova a Zagabria ed è di proprietà privata.
Nella prima parte del libro l’autore fornisce di questa statua una descrizione dettagliata, facilmente riscontrabile attraverso le fotografie riportate nel testo, che la ritraggono da tutti i lati.
La rappresentazione artistica di Atlante è molto diversa dalle altre conosciute, che di solito riproducono un atletico giovane colto nel suo sforzo muscolare, ma comunque statico. Il titano di Leonardo invece è piegato dallo sforzo e deformato nelle misure a favore della larghezza, come riflesso in acqua ondulata, secondo la tecnica dall'anamorfismo. Forse l’idea del riflesso può esser stata suggerita dallo stesso materiale utilizzato per la statua, il legno d’ontano, un albero che cresce sulle sponde dei fiumi e in loro si riflette. Il genere grottesco che ne deriva doveva essere gradito a Leonardo, che sappiamo aver scolpito varie teste in terracotta presso lo studio del Verrocchio, di cui era allievo. Inoltre la tecnica anamorfica in cui l’immagine viene riflessa da uno specchio convesso, quale è anche l'onda in mare o in qualsiasi corso d’acqua, era utilizzata nel Rinascimento, anche se solo in pittura. L’applicazione in scultura potrebbe non stupire in un artista e scienziato incline per sua natura e formazione alle sperimentazioni.
Un’altra differenza rispetto alle rappresentazioni tradizionali di Atlante è data dall’abbigliamento completo al posto della fascia coprente i soli fianchi utilizzata dagli altri artisti. Un abbigliamento, fa notare Dolić, molto simile a quello di Giovanni Battista nel Battesimo di Gesù del Verrocchio, il maestro di Leonardo, il quale avrebbe quindi potuto tener presente tale opera nella sua scultura. La posizione delle gambe, delle braccia e lo stesso abbigliamento a cui non manca il cappuccio, rimandano a significati allegorici, dalla fedeltà alla segretezza, al mistero.
Personalissima anche la scelta di aver dato ad Atlante non solo l’ovvia funzione di colonna, ma anche la sua forma. Osservando la statua lignea infatti si vede che il piedistallo è la base di una colonna, mentre la figura modellata costituisce il suo fusto e la piastra sul suo capo rappresentante l'universo funge da capitello. Appare verosimile che Leonardo, anche architetto, avesse molta familiarità con il disegno di colonne, e infatti in uno dei suoi schizzi a noi pervenuti si vede una colonna la cui base e capitello sono identici a quelli dell'Atlante ligneo. Quanto alla misure della statua, Draško Dolić ritiene che Leonardo abbia utilizzato quelle fiorentine; tutte le dimensioni dell'Atlante risultano infatti proporzionate partendo da un decimo di piede fiorentino poi moltiplicato per un diverso coefficiente.

Il metodo di studio della statua
Anche nella descrizione della statua, l’autore inserisce, come abbiamo visto, elementi finalizzati alla sua attribuzione a Leonardo. Il tema delle “prove” viene ripreso subito dopo la descrizione, nella seconda parte del testo, in modo più approfondito e puntuale.
La lettura viene sicuramente facilitata da una certa esperienza nel campo o da una minima passione per l’argomento. Molto utile di certo anche come testo per studenti di Storia dell'arte, sia come esempio concreto di ricerca, sia per i molti rimandi alle conoscenze, alle tecniche e alla cultura del Rinascimento.
Ne diamo di seguito alcuni spunti che ci sono apparsi più interessanti, ritenendo così di facilitare la lettura anche a chi vi sia mosso unicamente dalla celebrità e dal fascino che Leonardo suscita.
I cenni che l’autore del saggio fa all’astronomia leonardesca, sostanzialmente tolemaica con piccole variazioni, permette di considerare alcune parti della statua come corrispondenti alla visione astronomica di Leonardo, rafforzando anche per questa via la sua paternità dell’opera. Così avviene per la piastra sulla testa di Atlante, vista come rappresentazione dell'Universo analogamente alle posizioni delle braccia e del corpo del titano, costruiti in relazione e quindi riproducenti i complessi ma precisi giochi tra Luna Sole e Terra nelle loro rispettive orbite e allineamenti, nel loro sorgere e tramontare. Il colore nero brillante ed opaco rifletterebbe a sua volta il variare della illuminazione solare quando la Terra si frappone tra l'Astro e la Luna.
Per quanto riguarda il piedistallo su cui poggia Atlante, esso rappresenta la Terra, anzi più precisamente gli strati della Terra. Molti segreti sono contenuti al suo interno a forma di scatola. Dolić ritiene che si tratti della riproduzione di una camera oscura, studiata per anni da Leonardo e da lui utilizzata per lo studio delle dimensioni del Sole e della Luna. Ebbene i disegni delle spirali all'interno delle pareti del piedistallo si riferirebbero proprio alle orbite della Luna e del Sole così presenti negli studi astronomici leonardeschi. Infine l'intero piedistallo, se interpretato come camera oscura, può rimandare alla visione platonica del mondo fenomenico visto come proiezione di ombre in una caverna.
Altri raffinati calcoli vengono condotti raffrontando la piastra sferica sulla testa di Atlante con l'appoggio quadrato del piedistallo e interessanti osservazioni vengono condotte anche sulle ruote laterali. La ruota a quattro raggi è simbolo dello spazio nelle quattro direzioni e può muoversi in avanti e indietro come le spirali rappresentanti le orbite di sole e luna, mentre la ruota a sei raggi ci riporta al giglio a sei petali, il simbolo che nella raffigurazione di Atlante chiude sul davanti la tunica che indossa.
Molte altre parti della statua vengono esaminate attraverso questo approccio che le interpreta e immerge nel bagaglio scientifico e filosofico di Leonardo. Particolarmente interessante l'esame degli occhi di Atlante con le pupille a forma di falce di luna rappresentanti la lettera “u”. Lo studioso autore del saggio vi vede la possibilità che si tratti delle iniziali di “Uomo” e “Universo”, che rimanda alla dottrina leonardesca del macro e microcosmo. Che l'Uomo sia comprensibile solo se visto nel cosmo e viceversa è idea platonica e poi tolemaica. Negli appunti di Leonardo questa visione è chiaramente espressa, e nel saggio vengono fedelmente riportate alcune righe con numerosi parallelismi tra Uomo e Cosmo, dalla conformazione ossea a quella montagnosa ,tra corsi fluviali e vene, tra sangue e acque.
Conclusa la parte relativa alle prove sopra accennate, alle quali, per completezza ricordiamo che vanno aggiunte quelle relative ai metodi matematici e geometrici citate nella premessa del Dolić stesso, il saggista passa ad esaminare la funzione della statua.
Molto interessante è anche l'ipotesi sull'utilizzo della statua come sostegno di un orologio meccanico. In effetti un'opera così impregnata di riferimenti alle orbite solari e lunari potrebbe avere molta attinenza con la dimensione del tempo. Dolić ci fornisce numerose citazioni delle note leonardesche sul suo interesse in merito alla misurazione del tempo; la stessa forma a colonna può essere una rappresentazione dello gnomone, il bastone verticale che si usava nell'antichità per misurare il tempo e il meridiano.

Conclusione e Appendici
Nella Conclusione, Draško Dolić ripercorre le prove scientifiche alle quali aggiunge alcune importanti riflessioni prettamente artistiche. L'interesse artistico di Leonardo non è centrato sulla ricerca della bellezza, ma sulla mutevolezza, sul movimento, sulla molteplicità. In tal senso potrebbe interpretarsi come autore manierista. Leonardo non è interessato a riprodurre Atlante nella sua staticità, è interessato a mostrarci il divenire della sua immagine così come riflessa dalla luce, proiettata dalla superficie convessa dell'onda. Che poi possa trattarsi di un autoritratto è un'altra affascinante ipotesi.
Al testo sono allegate tre Appendici che si riferiscono alle ricerche di laboratorio. Molti i testi a cui l'opera è stata sottoposta, dalla prova del C14, a quella dendrologica, dall'esame del colore a quella dell'inchiostro. Quelle che più ci colpiscono sono comunque quelle che si riferiscono direttamente a Leonardo, e cioè quelle relative alle impronte che si rilevano sulla statua stessa e combaciano con quelle rinvenute sui suoi quaderni di appunti e quelle che si riferiscono all'esame degli schizzi inseriti nella parte interna del piedistallo e che risultano tracciate da destra a sinistra e da sinistra a destra, particolarità del modo ambidestro di scrivere dell'artista rinascimentale. La statua così ci restituirebbe di Leonardo sia concrete tracce umane, le impronte e la calligrafia, sia un saggio del suo percorso stilistico tutto teso tra il fervore dell'intelletto e l'aspirazione all'assoluto.
Il prezioso saggio si avvale della Prefazione della storica dell’arte Isabella Calidonna che, elogiando l’originalità del tema trattato nel saggio, evidenzia fra l’altro come il Leonardo scultore, cui non è stata attribuita con certezza nessuna opera, è però menzionato anche negli scritti del Vasari, che testimoniano perlomeno un esercizio nell’arte della scultura da parte dell’artista fiorentino. Esercizio che sfuma nel mistero, essendo attestato soltanto il lavoro preparatorio di un monumento equestre in bronzo dedicato a Francesco Sforza, mai realizzato. Ebbene, secondo la storica dell’arte il saggio riapre la questione, documentando con precisione il modo di operare da parte di Leonardo in pittura come in scultura, permettendo di conoscere un nuovo, inesplorato lato del Maestro da Vinci: un lavoro, quello di Dolić, che mostra e risolve enigmi tutti da scoprire su uno dei più grandi geni della storia dell’arte italiana.

Stefania Ciavattini

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
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