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A. XVIII, n. 199, aprile 2024
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Recensioni brevi (a cura di La Redazione)

Parole, verità, morale,
concetti eterni e intimi
delineano la dimensione
dell’essere umano

di Federica Lento
Da Mohicani edizioni, un libriccino filosofico avvia un viaggio culturale
nella storia dell’uomo alla ricerca del suo pensiero attraverso il verbo


«Noi, vale a dire io e quanti condividono i miei dubbi, abbiamo un’ambizione, o più modestamente un desiderio, pressante desiderio: liberare le voci di dentro dal frastuono invadente, aggressivo, irrazionale, gonfio e tronfio delle voci di fuori». È la dichiarazione di intenti che apre un piccolo ma prezioso taccuino filosofico. In Parole e… parole (Mohicani edizioni, pp. 90, € 10,00) Gina D’Angelo raccoglie il frutto di una lunga ricerca sul pensiero e sul verbo umano, una ricerca che da secoli ambisce al più ancestrale dei nostri bisogni, la libertà. Muovendosi dalla politica alla religione, dalla letteratura alla storia, dal passato alla contemporaneità, il testo è un pellegrinaggio culturale che vuole indagare nella divisione tra teoria e pratica, cercando di trovare un terreno comune tra ideologia e concretezza.

L’insegnamento di verità e libertà
La Prefazione del saggio è di Danilo Moncada Zardo, che ricorda la sua esperienza da studente liceale a Palermo con l’allora professoressa Gina D’Angelo. Già in quegli anni il percorso dell’autrice era chiaro: insegnare la libertà. «Attendevamo e non lo sapevamo, ma desideravamo, come Agostino nella città di Dio, di essere liberati dalla coercizione dello stereotipo e dal pregiudizio. Attendevamo la Bellezza di cui ignoravamo il nome. E la Bellezza arrivò, pienissima e forte, esattamente come arriva in queste pagine che seguono […] Le sue lezioni furono riflessioni, interpretazioni, modelli ma soprattutto amore; l’amore, grande, per quello che faceva. Amava insegnare anche se non amava la scuola. Questo amore, amore per la Verità, stava dappertutto. Passava da Orazio a Borges, da Shakespeare a Voltaire, da Foscolo a Dante. E riempiva di poesia e curiosità le nostre anime in fieri». Leggere questo saggio fa rivivere esattamente ciò che racconta Danilo Moncada Zardo, rimanda all’esperienza dello studente-lettore appassionato che ascolta le parole, strumento più volte sottolineato nel testo come veicolo di verità, di un’insegnante-scrittrice che ambisce al confronto, alla critica, alla ricerca: «Questo libro è un gioco di cultura e di culture, è il frutto di una ricerca lunga secoli ed incarnata provvisoriamente in una mente libera».

La memoria tra pensiero e parola
Da una parte abbiamo dunque la filosofia, il pensiero astratto che accompagna e identifica i singoli capitoli del testo; dall’altra c’è la verità, intesa come ciò che ci circonda, come natura che ci determina, ci guida e ci sovrasta con le sue leggi. In un certo senso, potremmo parlare del conflitto tra il “conosci te stesso” di Socrate e la socialità che cerca di definirci e omologarci. La soluzione proposta da Gina D’Angelo consiste nel recupero del passato, mediando attraverso la singolarità del pensiero autonomo e la moltitudine della comunicazione, della parola. L’autrice vuole avvisare i suoi lettori dell’importanza del riconoscimento della memoria, del bello cioè che l’essere umano ha dentro e fuori di sé.
Da Diogene a Dante, da Orazio agli Inni fascisti, passando per Foscolo e il Vangelo, l’autrice apre i singoli capitoli con frasi, detti, pensieri, in dialetto siciliano, la sua terra d’origine, proprio per dare il segno di continuità tra ciò che viene considerato “alto”, il pensiero intellettuale, e il “basso” della gente comune: teoria e concretezza ancora una volta si muovono insieme alla ricerca della verità. Il veicolo, lo abbiamo detto, per questa ricerca sono le parole, che non ambiscono ad essere neutre ma piuttosto a creare dei dubbi, in un dialogo fertile tra autrice e lettore.
Questo saggio filosofico, in sostanza, non vuole insegnare nulla se non la ricerca della verità attraverso il bello del pensiero del passato, e la concretezza delle nostre origini, senza insomma fare la morale, ma semplicemente attraverso il confronto, come spiega l’autrice: «Ripetiamo, ad evitare equivoci, che non siamo, né ci sentiamo, impegnati in discorsi politici, etici, rivoluzionari, di moda o fuori moda. La morale, per ciò che ne sappiamo, è argomento privato e privato rimane. Privato e personale. Sana per nascita, malata per crescita, diffusa per contagio. Quanto più ne parli, quanti più ne condanni, quanto più ne arresti, tanti più ne persuade, tanti più ne aggrega, tanti più ne promuove. Se sbaglio corriggetimi. Fedeli allo scopo di questa scrittura ci interessiamo al linguaggio». Il fine è cercare di ritrovare qualcosa della nostra storia senza cedere agli inganni del progresso, per riconoscere la verità dalla menzogna. Si tratta della verità umana «in prosa o in versi. È lo specchio sincero del cosiddetto progresso. Al quale non crediamo. Se crediamo alle Parole, e le Parole “sono pietre”. Le parole dicono che l’umanità retrocede, che si blocca al punto di sempre, che la difesa è lenta e l’attacco veloce, che il giusto è perdente e l’ingiusto trionfa. Il Linguaggio! Se buono persuade, se bello affascina, se buono e in bella forma ti innamora».

Federica Lento

(www.bottegascriptamanent.it, anno IX, n. 90, febbraio 2015)

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
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