Homepage - Accesskey: alt+h invio
Editore: Bottega editoriale Srl
Società di prodotti editoriali, comunicazione e giornalismo.
Iscrizione al Roc n. 21969.
Registrazione presso il Tribunale di Cosenza
n. 817 del 22/11/2007.
Issn 2035-7370.

Privacy Policy

Direttore responsabile: Fulvio Mazza
Direttore editoriale: Mario Saccomanno
A. XVIII, n. 199, aprile 2024
Sei in: Articolo




Recensioni brevi (a cura di La Redazione)

Antico eppur moderno,
il ritratto di una donna
che ha vissuto all’ombra
della fama del padre

di Federica Lento
Dalle lettere di suor Maria Celeste, figlia di Galilei, un testo che narra
l’amore dolente e mal ripagato per un genitore distante. Da La Mongolfiera


«Figlia e padre, una coppia condannata dalla nascita al peccato, al matricidio, alla colpa. Non c'è donna che accetti veramente, al di là della vita della coscienza, di essersi rivolta al padre come ad un oggetto d’amore totale, assoluto, grandissimo. Più grande, nell’amore che gli si porta, della madre»: sono le parole che presentano Stellarum Opifice. Celeste e altre figlie (La mongolfiera, pp. 126, € 10,00), scritto in lingua italiana, francese e tedesca, testo teatrale della scrittrice e drammaturga Valeria Moretti. L’Introduzione è della psicoanalista e femminista Manuela Fraire, che parla del rapporto tra padri e figlie celebri, come Adèle H. – figlia di Victor Hugo, a cui Truffaut ha dedicato un film –, impazzita per amore, fragile nel suo rapporto con il padre da cui non si sentiva accettata; e ancora Anna Freud, figlia di Sigmund, la cui genialità venne sacrificata al padre/maestro. Donne sofferenti per un mancato riconoscimento paterno, come suor Maria Celeste, figlia di Galileo Galilei, di cui ci restano le lettere scritte al padre. Da questi documenti emerge una figura paterna «simbolo del libero pensiero, il sovversivo, nelle parole di Celeste è un signore gentile e forse anche generoso ma così lontano e così poco entusiasmante! Poiché lo sguardo di una figlia può davvero donare alla figura del padre non solo un mitico fulgore bensì anche tutta la sua umana miseria».

Sull’inadeguatezza paterna
Galileo Galilei lasciò la sua convivente, la veneziana Marina Gamba, da cui ebbe tre figli (Virginia e Livia, mai riconosciute, e Vincenzo, che riconobbe nel 1619); alla morte della donna, Galileo fece entrare le figlie nel Convento di San Matteo, ad Arcetri, nei pressi di Firenze, costringendole a prendere i voti non appena compiuti sedici anni. Virginia assunse il nome di suor Maria Celeste, Livia quello di suor Arcangela. Mentre la prima si rassegnò alla sua condizione e rimase in costante contatto epistolare con il padre, Livia non accettò mai l’imposizione paterna, allontanandosi e rinnegando quell’uomo che le aveva negato la vita. Galileo, dal canto suo, era lontano con i suoi pensieri, stava cercando una nuova verità universale e doveva difendersi dalla persecuzione, dalle accuse di eresia, dal processo. Accusato infatti di voler sovvertire la filosofia naturale aristotelica e le Sacre Scritture, compromettendo così il principio della creazione del mondo da parte di Dio, Galileo venne processato e condannato dal Sant’Uffizio, e poi costretto, il 22 giugno 1633, ad abiurare, a rinnegare cioè le sue concezioni astronomiche, mandato anche lui – ironia della sorte – in una sorta di clausura, nella propria villa di Arcetri.
Ciò che Celeste sperava da quel padre tanto lontano era solo la possibilità, negata, di un incontro; questa donna si trova a vivere nel paradosso, a dover rispettare le regole di una chiesa imposta e che soprattutto condanna e perseguita suo padre, l’uomo che ama tanto: è stretta fra l’amore per l’uomo che le ha dato la vita e la chiesa di cui fa parte. Nelle sue parole, però, non vi è traccia di paura né di rancore, quanto piuttosto di semplice accettazione, benevolenza, sottomissione e pazienza, qualità tramite cui spesso le donne vengono inquadrate, o forse semplicemente amore smisurato e comprensione per un padre inadeguato al suo ruolo.

Tra spazi immensi e dolorose chiusure
Valeria Moretti ha scritto questo testo teatrale, messo in scena tra l’altro con grande successo, ispirandosi a quelle lettere. Ogni donna, ancora oggi, può identificarsi nella protagonista: il testo è attualissimo, perché ricrea la relazione con la figura paterna che tanto influenza poi i rapporti futuri e la scelta del partner. «La figlia di Galileo, Virginia, venne alla luce al fiore di un nuovo secolo: il 1600. Nacque dalla relazione illegittima dello scienziato con Marina Gamba di Venezia. Poco dopo il suo tredicesimo anno entrò nel convento di San Matteo in Arcetri prendendo il nome di Suor Maria Celeste». Una donna del Seicento, dunque, di cui però Valeria Moretti crea un ritratto moderno. Si racconta del rapporto tra i due, i cui caratteri vengono ben delineati: da una parte Celeste, dalla spiritualità forte, punto di riferimento dei tormenti del padre, dall’altra Galileo, preso a rivoluzionare la scienza. L’autrice descrive le sofferenze dell’uomo quando subì il processo per eresia, descrive l’amorevole preoccupazione di sua figlia che vede nel giorno della sua nascita un presagio infausto: «Ho scoperto esser io nata il giorno in cui fu arso Giordano Bruno. Non vorrei, padre mio, che fuste arso anche voi». Tra i due c’è un rapporto di disparità, lei forte e sempre pronta a confortare il padre debole, anche mettendo da parte se stessa: «Oh padre… Dio artefice e moderatore delle stelle! I vostri occhi sempre in su. I miei in giù». Quello che Celeste descrive è una velata invidia per quelle stelle, che sembrano essere più vicine per Galileo che per lei. Di fondo si legge il dolore per l’assenza della figura paterna, la solitudine di una figlia chiusa in clausura che cerca disperatamente di coinvolgerlo nella sua quotidianità fatta di niente. Il mondo è negato a questa figlia illegittima, le si chiude dietro le sbarre del convento, mentre il padre proietta il suo sguardo verso uno spazio immenso, allontanandosi però da lei.

Federica Lento

(www.bottegascriptamanent.it, anno IX, n. 90, febbraio 2015)

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
Progetto grafico a cura di: Fulvio Mazza ed Emanuela Catania. Realizzazione: FN2000 Soft per conto di DAMA IT