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Anno VIII, 88, dicembre 2014
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Pedagogia e Scienze dell'educazione (a cura di Denise Amato) . Anno VIII, 88, dicembre 2014

Zoom immagine Migliorare
la società
con la scuola

di Guglielmo Colombero
Il percorso di affinamento
del pensiero critico.
Un saggio edito da Armando


«Società della conoscenza ed economia della conoscenza sono espressioni che legittimano due opposte visioni: di chi afferma che entriamo nel migliore dei mondi possibili e di chi, al contrario, ne deduce l’inevitabilità di società a due velocità, con una parte di persone destinata ad un avvenire di irrimediabile esclusione. Pochi premiati e molti dequalificati e precarizzati». In questo enunciato contenuto nella Premessa, Francesco Susi ci fornisce la chiave di lettura del suo saggio: Educare senza escludere. Studi e ricerche sulla formazione (Armando editore, pp. 176, € 15,00). L’autore, docente di Storia della Scuola e delle Istituzioni educative e di Pedagogia interculturale presso l’Università degli Studi Roma Tre, nonché direttore del Creifos (Centro di ricerca sull’educazione interculturale e sulla formazione allo sviluppo), con Armando ha già pubblicato Come si è stretto il mondo. L’educazione interculturale in Italia e in Europa: teorie, esperimenti e strumenti.

 

La ricerca affannosa di una educazione permanente

Nel primo dei tre capitoli, intitolato Diamo corpo a un’utopia: l’educazione permanente, Susi definisce alcuni concetti basilari: l’educazione permanente, la discriminazione positiva e la doppia continuità. Perché educazione “permanente”? Perché «gli adulti lavoratori erano, e ancora sono, in grande maggioranza caratterizzati da bassi livelli di scolarità». E, di conseguenza, «Se il giovane non è stato preparato dalla scuola e nella scuola ad essere capace di analizzare ciò che incontra nella vita e a trasformarlo in esperienza e in sapere, egli certo non lo diventerà più tardi». Riguardo al secondo punto, Susi sottolinea che il circolo vizioso dell’emarginazione «può essere spezzato soltanto se si adotta una strategia di discriminazione positiva: se si investe di più su chi ha di meno». Infine, per “doppia continuità” s’intende continuità nello spazio (a scuola e fuori dalla scuola, cioè nel territorio) e nel tempo (nessuna fascia anagrafica deve essere esclusa). La costruzione teorica di Susi concatena dunque le situazioni individuali in un ben definito contesto sociale, allo scopo di creare sinergie capaci di stimolare la consapevolezza dei singoli rispetto alla collettività.

 

La formazione come bisogno dettato dagli ideali

Nel secondo capitolo, Per una teoria dei bisogni di formazione, partendo da basi empiriche, Susi riscontra che, nella storia della scuola italiana, «si è costantemente cercato di razionare l’istruzione alle masse attraverso un’offerta formativa insufficiente, inadeguata nei contenuti, con finalità poco comprensibili e con un’incerta possibilità di realizzazione». Per cui il concetto stesso di “bisogno di formazione” risulta nebuloso: «l’accesso alla formazione e alla cultura […] non può essere che il risultato di una presa di coscienza individuale, e, quando si tratta di soggetti organizzati, collettiva». Susi articola la sua ricerca per stadi successivi, partendo dall’analisi scientifica dei bisogni per poi approdare alla nozione di situazione-problema: è indubbio che «tutti vivono delle “situazioni” e che esse pongono a tutti dei “problemi”. Il loro bisogno fondamentale è la risposta ai problemi e ciò può determinare anche il riconoscimento del bisogno di formazione: una formazione, però, vista come una risorsa utilizzabile per far fronte ai problemi». Da questa elaborazione concettuale, Susi ricava il “dispositivo globale di formazione”, inteso come traduzione operativa dell’azione collettiva, articolato in «cinque dispositivi: dispositivo di informazione e sensibilizzazione, dispositivo di analisi della domanda e dei bisogni, dispositivo di formazione, dispositivo di formazione dei formatori, dispositivo di ricerca. Tali dispositivi, interagendo fra di loro, si integrano e si modificano, determinando un effetto di sinergia che potenzia la capacità di funzionamento ed accresce l’efficacia dell’intero sistema».

 

Il sindacato: un esempio di percorso formativo

Nel terzo ed ultimo capitolo, Organizzazione e formazione: processi storici e problemi teorici. Il caso del sindacato, Susi esemplifica l’impianto teorico attraverso un paradigma altamente significativo come la formazione sindacale: «Il cambiamento di atteggiamento verso la cultura esterna attesta la consapevolezza dell’opportunità di dotare l’organizzazione degli strumenti analitici e operativi che si giudica siano indispensabili in una società non solo in trasformazione, ma anche, come si afferma, sempre più “complessa”; esso è espressione, altresì, di una situazione di crisi del sindacato, cui si accompagnano una condizione di sconcerto, di declino delle vecchie certezze e, forse, uno smarrimento di identità». In un contesto così altamente problematico, Susi conclude che i sindacati «in quanto associazioni volontarie che producono principalmente azioni a tutela e a difesa dei rappresentati, dovrebbero massimamente porsi il problema del capitale di cui dispongono, che è costituito soprattutto dai soggetti che in esse operano, con le loro idealità, le loro motivazioni, le loro competenze, le loro inadeguatezze, i loro disincanti».

 

Guglielmo Colombero

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno VIII, n. 88, dicembre 2014)

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Francesca Buran, Ilenia Marrapodi, Pamela Quintieri, Fulvia Scopelliti
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