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Problemi e riflessioni (a cura di Mariacristiana Guglielmelli) . Anno VIII, 87, novembre 2014

Zoom immagine Il dramma delle mine:
storie di vita e di morte

di Maristella Occhionero
La crudeltà e la sofferenza dei teatri di guerra
in un saggio pubblicato da Edizioni Spartaco


«Scende giù dalla collina stringendo a sé la sua bambina morta. La testa poggiata sul petto come se stesse dormendo, un braccio abbandonato lungo un fianco, i folti capelli raccolti a coda, all’estremità della gamba destra il piedino mancante».

Racconti di vite sporcate dalla guerra. Testimonianze di chi la guerra l’ha vissuta e subita e di chi cerca di rimediare ai danni da essa provocati. Storie di campi minati, di vite troncate prematuramente e di eroi che cercano di salvare il salvabile.

Eroi come Davide Campisi, uno sminatore dell’Esercito italiano che rischia la vita per liberare i campi minati dall’insidioso pericolo che vi si nasconde e lo fa principalmente per la sicurezza dei militari che devono passarci, ma, di conseguenza, anche per i civili e soprattutto per i bambini, che spesso sono le prime vittime di questa terribile trappola di guerra.

Tutto ciò è raccontato dalla giornalista Tamara Ferrari che, girando il mondo, e in particolare i paesi in guerra, per lavoro ha potuto vedere con i suoi stessi occhi gli effetti dell’odio e della violenza umana. Per farli conoscere anche a noi, così distanti da certe situazioni estreme, Ferrari ne ha raccolto le tracce nel suo saggio Il confine sminato. Cronache da Siria, Iraq, Afghanistan, Libia, Sud Sudan, Bosnia ed Erzegovina, Italia (Edizioni Spartaco, pp. 144, € 10,00).

In apertura troviamo una testimonianza del giornalista Franco Di Mare relativa alla sua esperienza a Sarajevo durante il disinnescamento di una mina: «La tensione era tale e tanta che percepivamo l’uno il respiro dell’altro. Ignaro della nostra paura il colonnello pulì la parte superiore della mina dal terriccio e mise a nudo la spoletta. Si sfregò con lentezza i polpastrelli delle mani e cominciò a svitarla. Luciano e io avevamo quasi smesso di respirare».

Tutto il testo di Tamara Ferrari è portato avanti da un filo conduttore: quello della vita personale e lavorativa dello sminatore Davide Campisi. I racconti dei diversi episodi e della decisione di quest’uomo d’intraprendere una carriera così delicata spaziano da un paese in guerra ad un altro, intervallati da storie raccolte dalla stessa autrice durante i suoi viaggi.

 

Vivere tra campi minati

Una vita passata nei campi minati, quella di Campisi, che, dalla sua prima missione all’estero, nel 1991 in Iraq, ha continuato ad occuparsi della bonifica dei terreni. Un lavoro delicato ed estremamente pericoloso, tuttavia necessario per cercare di eliminare l’orrore di corpi esplosi senza una ragione.

Pagina dopo pagina si svela il racconto di questa vita particolare, dei rapporti con la famiglia e del coraggio di sua moglie, una donna forte che è riuscita a tollerare l’ansia e la paura di questa scelta lavorativa, comprendendone l’importanza. Un’esistenza fatta anche di compagni che muoiono e di bambini mutilati, di famiglie distrutte e città devastate.

Tra le varie storie a cui ha assistito Campisi c’è quella citata all’inizio di quest’articolo, che vede come triste protagonista un padre in Iraq che recupera la sua bambina appena uccisa da una mina e la trascina in braccio, giù per la collina, per riportarla a casa.

Tra le righe non mancano episodi personali, come l'incidente che gli ha danneggiato un occhio e di conseguenza la vista. A questa sua esperienza traumatica si aggiungerà anche una vicenda familiare che stravolgerà la sua esistenza, ma che non riuscirà ad annientare la sua forza d’animo.

Una vita particolare e densa di dolore, e proprio per questo importante da raccontare.

 

Storie di guerra

Alle vicende di Davide Campisi si sommano e intersecano storie più o meno recenti di guerra raccolte dalla stessa autrice.

A partire da quella del soldato Mohammed, in Siria, la cui vita, travolta dagli obblighi di guerra, l’ha portato lontano dalla sua famiglia, tanto da non permettergli di conoscere la sua bambina; passando per Hosna ed Aina che, nel febbraio del 2014 nel Sud Sudan, sono state circondate da morte e violenza, da cui solo una troverà il modo di fuggire.

Di due anni prima, sempre nel Sud Sudan, sono invece le vicende di coloro che si sono rifugiati nelle tendopoli nei boschi, veri e propri incubi di fango, morte e malattie, ma comunque preferibili all’idea di restare nelle case in città dove la violenza e i bombardamenti non lasciavano scampo a nessuno.

Stessa situazione nel 2013, in Iraq del nord, dove le tendopoli e gli ospedali da campo non erano abbastanza attrezzati per accogliere tutte le persone che vi chiedevano asilo per paura degli jihadisti, famosi per violenze ed efferatezze.

In tutto questo tornano le mine, le peggiori che esistano, quelle definite “farfalla”. Le chiamano così perché sono piccole e colorate e vengono lanciate dall’alto, con l’unico scopo di attirare i bambini, vittime prescelte di questi terribili ordigni che, presi in mano e mosse le alette, provocano una fortissima esplosione. L’autrice si chiede il perché di questa “invenzione” destinata ai piccoli e ben presto le arriva l’amara risposta: «Un ragazzino mutilato o cieco mette in ginocchio un’intera famiglia».

Il testo si conclude con un’ultima e toccante testimonianza: quella di Dimitri Bontinck, ex militare belga che, pur di ritrovare suo figlio, mandato contro la propria volontà a combattere in Siria al fianco degli jihadisti, ha avuto il coraggio di attraversare un paese dilaniato dalla guerra e di parlare con i capi delle diverse fazioni per riavere indietro il suo Jeyoen.

Un lavoro importante, quindi, quello di Tamara Ferrari, che ci permette di conoscere realtà viste solo di sfuggita nei telegiornali che, pur bombardandoci ogni giorno di informazioni, non sempre ci permettono di comprendere come effettivamente stanno le cose.

Con poche parole per ogni storia l’autrice, invece, fa emergere dalle pagine i personaggi e gli avvenimenti: sembra quasi di averli davanti agli occhi e di condividere tutto il dolore che riempie le loro vite.

 

Maristella Occhionero

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno VIII, n. 87, novembre 2014)

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
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