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A. XVIII, n. 200, maggio 2024
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Recensioni brevi (a cura di La Redazione)

Un uomo affermato,
sovverte esistenze
con azioni imprudenti
sostituendosi al fato

di Pamela Quintieri
Da Altromondo, la narrazione lucida e scioccante della presunzione
che l’individuo spesso ha di sostituirsi all’eterno volere della sorte


«Le vicissitudini della vita, ora che avevamo sessant’anni, ci avevano cambiato, ovviamente. A venti anni, come due idioti, eravamo sicuri che il mondo sarebbe stato rovesciato grazie al nostro intervento, a trenta avevamo iniziato a farci le domande sul funzionamento del mondo, a quaranta finalmente avevamo avuto un paio di risposte, a cinquanta avevamo perso l’interesse per le risposte, e a sessant’anni avevamo appena iniziato a vivere».
Una somma esistenziale algida, fuggevole e ricca di un’esistenza intensa e ambigua che conquista con le sue fragilità e i suoi tormenti e ci avvicina al patimento di una vita che sembra brillare ma di un brillio crudele che si ferma un attimo, che regala l’entusiasmo di un’emozione rigida che si spezza, di un fascino struggente che cela in sé qualcosa di profondamente inquietante.
Che le apparenze siano solo una patina dorata che può nascondere segreti inconfessabili lo ritenevamo già possibile; che l’animo fosse depositario di terribili intenzioni era anche ampiamente risaputo, ma che una penna sapesse indagarli e raccontarli così bene ci sorprende in maniera piacevolissima. Ci riferiamo al testo Le colpe del sangue (Altromondo editore, pp. 188, € 16,00) di Gina Emanuela Sorace. Originaria di Bari, dove è nata nel 1980, l’autrice ha dapprima esercitato la professione di procuratore legale, poi di tutor universitario, per approdare infine alla letteratura, sua passione da sempre. Questo lavoro è il suo terzo libro, visto che la scrittrice in precedenza ha realizzato anche Il rifiuto del sì e Le solitudini (sempre editi da Altromondo).
Si può facilmente visionare il booktrailer del volume Le colpe nel sangue all’indirizzo Internet www.youtube.com/watch?v=03kcGDRjXNY

Un singolare protagonista
«Ho sempre fatto la scelta giusta, ho ottenuto sempre tutto quello che volevo dalla vita, ed ero diventato particolarmente bravo a prendere la decisione giusta sotto pressione ed in poco tempo». Il personaggio principale, che narra la storia in prima persona e racconta tutto dal suo punto di vista, lanciando uno sguardo vacuo, molliccio, altezzoso, è Roberto Egondi. Egli sull’imbrunire della sua meravigliosa e inarrivabile vita, all’età di sessant’anni, trae le somme del suo percorso esistenziale. Ma Roberto, che pur sa affascinare tanto bene con la sua disinvoltura, che sa sedurre con la concretezza del suo fascino, non è propriamente un eroe: egli è purtroppo molto lontano da quella figura positiva e giusta che vorremmo avere come mentore. Un mefistofelico e arido antieroe, dunque, ci accompagna nel corso della narrazione, frammezzandola di coinvolgenti e misteriosi indizi sottesi ad accendere il barlume dell’intelletto a fomentare i nostri intendimenti. Da qui le più ampie farneticazioni ci sospingono fin in fondo alla base del nostro Io per comprendere meglio. Così lo scopriamo lucido, folle esempio dell’uomo che, potente e fiero, vuol quasi trascendere la sua entità terrena per sostituirsi al Padre eterno certo che, comunque, intesserà meglio lui le fila dell’umana sorte regalando una vita migliore, seppur macchiata dalla colpa che tanto bene campeggia imperativa già nel titolo del libro. Ma la colpa è pur sempre negativa, malvagia, sconcertante e, dietro di essa, si nasconde l’abisso della vergogna e del dolore di essere visti, scoperti, braccati e allora si vive nella pena e nell’angoscia.
Roberto è un medico brillante, colto, raffinato che ha in apparenza una vita splendida, una moglie invidiabile, un figlio amatissimo. Ma cosa nasconde il suo trascorso? Quale può essere il buio in fondo alla scintillante luce dello sfarzo?
«Il pensiero di quella bugia, l’ennesima della mia vita, mi procurò un attacco di gastrite incontrollabile e, visita dopo visita, il malessere aumentava, tanto che alle dieci della sera grondavo di sudore. Ultima visita frettolosa e, anche per quella giornata, duemilatrecento Euro di cui pochi fatturati. Poi via verso la mia villa con il mio fedele chauffeur. Notte in bianco, occhi sbarrati, testa incollata al cuscino. Agosto è sempre stato un mese tragico, ma quello, oltre ad essere un agosto caldo era il momento della resa dei conti. Mi tenevo in forma non tanto per gli sport che facevo, dal tennis all’equitazione passando per nuoto e golf, quanto per le bugie che sparavo e ricordavo ormai da tempo: mentire era per me un secondo lavoro, se non il primo, e ormai ne dicevo talmente tante di balle che avevo iniziato a crederci».

Lo stile narrativo
La tecnica narrativa è raffinata e avvincente. Tutta giocata sul coinvolgimento della narrazione con il protagonista principale che presenta situazioni e persone attraverso il suo sottile raccontare. La sintassi è scattante, ben legata alla fluidità e alla snellezza di un ritmo veloce e penetrante che non distoglie mai l’interesse del lettore. Così la formula del discorso diretto si rivela vincente avvicinando sempre più alla storia e appassionando. Parliamo comunque di una trama ricca di particolari, di nomi, di personaggi e di colpi di scena. La buona suspense sa interessare e convincere. Spesso quello che vediamo non è affatto come sembra e la sorpresa risulta davvero sconvolgere e distorcere il velo della verità.
«Di tutte le descrizioni possibili che la mia mente stava congetturando, mai e poi mai avrei immaginato di trovarmi di fronte alla donna che da anni, con il suo ricordo insistente, mi tormentava, giorno e notte. Riuscii solo ad attutire il colpo del mio corpo con il pavimento grazie ad una manata messa lì a istinto, poi mi risvegliai sul lettino dello studio».
Si tratta di un lavoro interessante e di grande capacità letteraria, dove le passioni contrastanti, di natura differente eppure sempre vitali, si fronteggiano. Un libro, diciamolo pure, intriso di erotismo forte e annaspante, in cui il protagonista sente tutto, ogni cosa, cattura e partecipa attraverso il suo corpo, finché il sesso non diviene vizio e si trasforma solo in bieca lussuria. Ed utilizza la sua stessa carnalità come ricerca profonda della verità, quella verità da sempre mentita, nascosta, celata. Ma se da un lato tanto facile è cedere alla menzogna, dall’altro ben più faticoso è portare alla luce qualcosa che il mondo intorno a te nemmeno immagina. E in quel momento, sul punto di perdere ogni cosa, ci chiediamo se si può essere capaci di un estremo atto di coraggio o se invece diviene miracoloso abbandonarsi alla codardia.

Conclusioni
Se un testo attuale vive calato nel reale, sicuramente il suo intento è quello di smuovere la coscienza, di sospingere alla riflessione, di interessare solleticando la curiosità: tutto questo il testo della Sorace riesce di buon grado a fare. Lasciando stupiti, senza fiato, inermi sul fare della scoperta e delle conseguenze che da essa sempre derivano.
Logicità o passione travolgente, verità o menzogna, il mondo degli esseri umani è un immenso ricettacolo di queste singolari antagoniste, da sempre l’umana esistenza ne è pervasa, bisogna solo soffermarsi e capire se abbandonarsi ciecamente o resistere alle tentazioni di questa vita. «La verità non andava mai detta se non per distruggere tutto. La bugia era sempre una saggia decisione, mi dissi. Sorrisi e mi rilassai sprofondando sul lussuoso sedile».
È davvero un peccato dover segnalare che in un testo così interessante siano presenti discrasie tecnico-editoriali ed anche grammaticali che stonano con la qualità e l’apprezzamento della coinvolgente lettura.

Pamela Quintieri

(www.bottegascriptamanent.it, anno VIII, n. 86, ottobre 2014)

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
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