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A. XVIII, n. 200, maggio 2024
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Recensioni brevi (a cura di La Redazione)

La personalità unica
di Franco Califano:
uomo, musicista,
amante della vita

di Pamela Quintieri
Da il Coscile, pensiero e racconti di uno dei cantautori più intensi,
sensibili e complessi della scena musicale italiana contemporanea


A chi non è capitato di perdersi nelle note avvolgenti, nella melodia e nelle struggenti parole di Tutto il resto è noia? Come dimenticare Un tempo piccolo, recentemente riportato al successo in una nuova interpretazione dei Tiromancino?
Si tratta di testi carichi di intensità e di vibrante lirismo che arrivano dritti all’anima facendola prigioniera, piccole perle del panorama musicale italiano che l’ascoltatore sente particolarmente vicine perché raccontano fatti semplici o situazioni reali, di vita vissuta.
Il grande grado di coinvolgimento che opere del genere sanno regalare risulta massimo anche oggi, a distanza di anni dal momento in cui l’autore le ha partorite: a lui e al suo mondo è dedicato il libro di Pierfranco Bruni Franco Califano, Sulla punta di una matita non sono passati secoli (Edizioni il Coscile, pp. 88, € 10,00).

Canzoni-poesie-momenti di vita reale
Il volume racconta un personaggio singolare: amava i paradossi, le contraddizioni, le forti contrapposizioni e gli ossimori, che ha saputo trasporre con la maestria di un grande istrione nei suoi testi. Un cantautore che era prima di tutto un uomo vero, uno cioè che non ha mai nascosto le sue fragilità, i suoi dubbi esistenziali, la grandezza della sua sensibilità lasciandola trasparire apertamente nelle canzoni e nelle interpretazioni. Un musicista del costume italiano che non ha mai prediletto le mezze misure, quel genere di persona che si concentra sul tutto o niente, dall’esistenza votata all’eccesso (donne, droghe, macchine, lusso, soldi), sino all’emozione vera, quindi interessata ai sentimenti più profondi.
«Una vita di passioni e di amori che hanno trascritto l’allegria, l’ironia, le tristezze, le malinconie di un uomo e di un poeta. Una vita di passioni battuta sulla tastiera delle parole e sui passi mai dimenticati e scordati di note che hanno segmentato i travagli di un’esistenza».
L’autore del libro, partendo da un’analisi del contesto storico-musicale degli anni in cui Califano vive e si esprime, cerca dapprima di tracciare e analizzare poi di svelare nel dettaglio i meccanismi che hanno portato l’artista alla sua più piena espressione e affermazione, soffermandosi in particolare sullo stretto collegamento ancestrale tra linguaggio poetico e linguaggio musicale. Lo scrittore indugia quindi su quanto la parola e il significato che essa sottende siano misura delle dimensione di un’esistenza e di quello che l’essere umano sente, percepisce, disvela. Califano ha difatti utilizzato e organizzato i sostantivi e gli incastri sintattici come tessere in un mosaico conferendo loro un gravoso carico emozionale.
«Raccontare un amore o parlare del tempo o decifrare i segni di una nostalgia e della solitudine grazie alla parola che recita e canta è come uscir fuori da uno stato di pesantezza esistenziale. Il linguaggio poetico e il linguaggio musicale costituiscono una dimensione in cui si può affermare che la leggerezza dell’essere non è debolezza. Anzi la leggerezza avvalora alcune profondità senza sciogliersi in agonie».

Una vita al massimo
Il Califfo non ha mai fatto mistero di essere nato su un aereo, mentre i suoi genitori ritornavano dal Sud Africa, venendo al mondo in un posto quantomeno insolito, ma di certo adeguato al personaggio singolare che si è poi rivelato essere. Visse difatti la sua vita al massimo, precorrendo i tempi, bruciando tutto subito, così come brucia e divora la passione vera: sposatosi infatti a soli diciannove anni, lasciò la moglie incinta dopo solo sei mesi di matrimonio. Da tale unione nacque una figlia, Silvia, con la quale non mantenne alcun rapporto. Dichiarò, invece, di avere un legame fortissimo con la famiglia di origine: con il padre, morto giovanissimo, con la sorella Liliana e con il fratello, scomparso prematuramente a soli quarantacinque anni. Un vita veloce, costellata di fama, successo, ma anche tristemente segnata dal dolore della perdita delle persone care. Forse risiede proprio nei meccanismi dolorosi della propria esistenza quella sorta di melanconia che talvolta ne pervade i componimenti.
Di contro, sorprendentemente, Califano non ha mai temuto la morte, la cui idea dichiarava non procurargli alcuna paura: giocando tutto sul concetto che vivere la vita intensamente, senza negarsi mai nulla, avrebbe lasciato gli uomini privi di rimpianti e dunque meritatamente stanchi, traspose, da buon poeta prima e grande uomo di spettacolo poi, le sue concezioni, la sua filosofia, il suo modo di vedere le cose nell’incontro con la musica.
Fu un artista tanto amato e carismatico da essere imitato da numerosi personaggi: ad esempio Fiorello o Max Tortora, che nelle loro interpretazioni hanno saputo far godere il pubblico anche di quei momenti di ironia profonda che un uomo contraddittorio come Califano sapeva nascondere dentro di sé. Un uomo affascinante che ha cantato sempre delle gioie e dei dolori della gente “di borgata”, della verità, della notte, di quello che gli artisti sentono nel cuore, e la cui semplicità ha reso e continuerà a rendere grande nell’immaginario collettivo.
Una chicca del libro? La splendida Presentazione iniziale redatta da Gigi Marzullo, che così si esprime: «Califano si meritava un libro del genere. Scritto con eleganza, con stile lirico, con metodologia. Un libro che apre delle prospettive nuove sia nel leggere la poesia sia nell’ascoltare la canzone sia nel confrontarsi con il viaggio musicale di Califano».
Un testo che non può mancare sugli scaffali degli appassionati di musica e anche di poesia!

Pamela Quintieri

(www.bottegascriptamanent.it, anno VIII, n. 84, agosto 2014)

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
Progetto grafico a cura di: Fulvio Mazza ed Emanuela Catania. Realizzazione: FN2000 Soft per conto di DAMA IT