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A. XVIII, n. 200, maggio 2024
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Recensioni brevi (a cura di La Redazione)

Il passato e il presente,
in un paese di provincia,
legano memorie e affetti
nel ricordo vibrante

di Pamela Quintieri
Da Pubblisfera, il racconto coinvolgente della vita di una volta,
tra spensieratezza, tradizioni familiari e cultura popolare


La nostra dimensione di esseri umani si fonda sulla base del ricordo, cioè di quell’insieme di reminiscenze, concetti e situazioni che, a partire dalla nascita e dalla profonda interazione con gli altri, costruisce carattere e visione del mondo.
L’esperienza, la diretta analisi delle cose che operiamo attraverso i sensi, diviene parte inscindibile del bagaglio culturale che poi non ci abbandona nel tempo. La vita del paese, le tradizioni, tutte quelle piccole realtà che appartengono alla cultura popolare dell’entroterra calabrese hanno una loro storia a sé che merita attenzione, che è forte delle proprie ancestrali radici, che grida rispetto e che è profondamente impastata di dignità.

La memoria
Ecco quindi che l’idea di base che ha ispirato Vecchi ricordi (Pubblisfera edizioni, pp. 128, € 10,00) di Saverio Basile rimane tutta annidata nella volontà di far conoscere, alle nuove generazioni, una parte della propria storia vissuta, del bagaglio di tradizioni popolari, fortunatamente ancora vive, che trasformano una piccola comunità in un suggestivo regno cristallizzato tra le sabbie del tempo. La funzione è quella di spiegare attraverso il racconto semplice, genuino e pur sempre rigoroso, aneddoti, ricorrenze e circostanze che solo chi ha vissuto il paese (San Giovanni in Fiore) con le sue credenze e il suo folclore può arrivare a presentare nella giusta misura, perché ne è stato spesso partecipe in prima persona.
Così la narrazione parte, con sincerità e trasparenza, dagli anni di scuola, da informazioni di quello che accadeva tra i banchi e che trasforma un ragazzino, che ancora non sa leggere né scrivere, in un piccolo scolaro: parte, cioè, dall’analisi della disciplina e dell’impegno. Il tutto condito dall’affetto e dalla simpatia che a quel particolare attimo passato si lega e che sa coinvolgere così attentamente il lettore: «non so se capita anche a voi, ma a me, quando vedo un compagno delle scuole elementari, mi si apre il cuore. Di botto scendo di anni e mi ritrovo ragazzo, con i calzoni corti, le calze di lana lunghe fin sotto l’inguine, la cartella di cartone pressato, piena solo del sussidiario, di un quaderno e dell’asticciola con il pennino cavallotto, poiché il calamaio era già fisso nel banco»). Per riferire poi dei passatempi e dei giochi di paese, momenti di svago che durante la giornata i ragazzini si concedono per rilassarsi ed essere allegri: «quando cominciava ad imbrunire si riprendeva la via del ritorno. Il fresco della Sila dopo una giornata calda era il godimento più atteso del giorno».

La spensieratezza della quotidianità
Il testo racconta alcuni particolari come quello della ricerca dei nidi di uccellini spiati e seguiti fino al momento in cui imparavano a volare, o quello del bagno effettuato tuffandosi nelle jumare e, ancor più, nei vulli, le cosiddette vasche naturali create da un’imperfezione dello scorrere del fiume, o ancora quello delle gite con i familiari al mare.
Basile si sofferma anche sulle difficoltà che la vita di paese presentava negli anni successivi al Dopoguerra; non dimenticando di certo momenti singolari come quello dell’assenza di servizi igienici in casa o addirittura di quando mancava l’acqua potabile, ma rimembrando poi anche attimi sereni come quello del lavare i panni al fiume, che regalava festa e comunanza ai presenti. Istanti in cui per essere felici non si chiedeva molto, rievocazioni di gioiosa spensieratezza e di grande umiltà. I ragazzini, con i pochi mezzi a loro disposizione, privi del tutto di risorse economiche, sapevano usare la loro creatività per trascorrere il tempo sorridendo, godendo del poco e del semplice, come nel caso dell’uso di ’u rummulu, la trottola di legno, o di ’u battarulu, ramo cavo all’interno per sparare palline di stoppa.
«C’era un vociare da festa in quella piccola piazzetta a terra battuta, dove qualche donna tentava di muovere i passi di un ballo nostalgico. Seguivano applausi d’incoraggiamento, che rendevano allegre quelle vacanze. In quei quindici giorni ci s’ingegnava per trascorrere in modo lieto quelle giornate spensierate che tenevano lontano i nostri genitori dai quotidiani affanni della terra, del lavoro e degli animali».
Il libro si concentra infine sugli affetti familiari, vero perno dei rapporti umani, dove il ricordo del nonno, visto non come figura autoritaria ma come amico, compagno di passatempi, suscita tenerezza e malinconia.
Questa vita antica e sempre prosperosa che sapeva di operosità e di genuino viene qui proposta con perizia e sintesi, condite anche di rispetto e stima per un mondo puro, intatto, fatto di candore, così lontano dalla fretta e dall’opulenza della realtà odierna, che avrebbe pur sempre tanto da imparare. In questo senso il libro è una vera fonte di ispirazione e di riflessione.

Pamela Quintieri

(www.bottegascriptamanent.it, anno VIII, n. 84, agosto 2014)

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
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