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Anno VIII, n 77, gennaio 2014
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Home Page (a cura di Francesco Rolli) . Anno VIII, n 77, gennaio 2014

Zoom immagine Il mito di Filottete: tra letteratura,
storia e corredi iconografici

di Fausto Cozzetto
Da Città del sole edizioni, un reprint analizza i miti di fondazione.
Con intervento di Carlo Perri e Prefazione di Guglielmo Genovese


Nel Medioevo e nel Rinascimento, in molte città, ad opera di eruditi, fu creata per volontà delle classi dominanti la figura del fondatore discendente da personaggi mitici. E così ciascuno, per nobilitare le proprie origini, scelse un eroe greco o troiano di riferimento.

Fausto Cozzetto, storico modernista dell’Università della Calabria, nella sua Introduzione che qui vi proponiamo, delinea ed interpreta i principali aspetti di questa derivazione mitica.

Quello dell’arciere Filottete, del quale si analizzano la storia, le fonti, l’evolversi del mythos in epoca moderna, le pitture vascolari e la colleganza con la nascita di alcune città della Magna Grecia, è anch’esso un mito di fondazione. La circostanza che l’eroe sia considerato il fondatore di alcune città che oggi rientrano nel territorio crotonese (fra le quali Macalla, Petelia e Krimissa) è nota ma poco studiata.

Obiettivo del testo, secondo il curatore Carlo Perri, è di contribuire alla formazione di una solida identità culturale del nostro territorio, basando questa convinzione anche sulla logica che ritiene il mito, già nel corso dei secoli, fondamento costitutivo dell’appartenenza ideologico-intellettuale di un popolo o di una nazione.

La ristampa anastatica, secondo volume della collana Storia e Cultura del Crotonese, riporta alla luce un’affascinante e dotta monografia di Luigi Adriano Milani, sulla figura del glorioso eroe tessalo: Il mito di Filottete. Nella letteratura classica e nell’arte figurata (Città del sole edizioni, pp. 164, € 11,00), tratta dall’edizione del 1879 dei successori Le Monnier, stampata a Firenze.

Oltre al testo introduttivo di Cozzetto, segnaliamo, per il loro alto valore culturale, pure la Nota del curatore, elaborata dallo stesso Perri, e la Prefazione di Guglielmo Genovese storico, antichista dell’Università “La Sapienza” di Roma.

Bottega editoriale


Introduzione

Filottete o l’umanità divinizzata

 

Avere accettato l’invito di “Bottega editoriale” a scrivere questa Introduzione del volume di Luigi Adriano Milani, dedicato a uno dei grandi miti e delle connesse vicende leggendarie del mondo greco e magnogreco, potrebbe apparire un atto di supponenza accademica, per chi come me da circa quarant’anni si occupa di Storia moderna, con l’ambizione di avere portato qualche contributo alla storiografia sui temi che le sono propri.

Il ricordo del mito di Filottete ha richiamato alla mia memoria uno di questi temi: l’indagine sull’attualità storiografica di alcuni autori molto noti della letteratura storica dei secoli dell’età moderna. Mi riferisco, o meglio, mi riferivo, al calabrese del Seicento padre Giovanni Fiore da Cropani, cappuccino e autore di tre voluminosi tomi, Della Calabria Illustrata, usciti postumi tra il 1691 e il 1977, riproposti con un mirabile lavoro critico da Ulderico Nisticò, una decina di anni fa.

La mia idea era, allora, che la rilettura di un’opera, da molti a torto ritenuta “del tutto priva di quella sensibilità e di quell’intuito propri [di uno storico]”, fosse oggetto di giudizio critico frettoloso. La rilettura del Fiore aveva, invece, per me significato “identificare i problemi che lo storico seicentesco si è posto, le ipotesi che ha formulato e le eventuali soluzioni che ha trovato”, in questo senso la lettura dell’opera mi appariva, e mi appare, interessante. Egli individua nella sua opera una lettura triadica della storia del mondo, da Noè fino ai suoi tempi (quelli dell’età imperiale spagnola, per intenderci), una dialettica di età positive e negative, a cui fondamento si pone il rapporto tra natura e umanità.

“Ogni nuova fase ciclica appare anticipata da una natura umanizzata, per così dire matrigna, e da un’umanità divinizzata, pronta a trascendere se stessa in uno sforzo verso la divinità”. Così nella prima fase del suo disegno storico, allo splendore della prima età, dai tempi dei discendenti di Noè alle repubbliche della Magna Grecia, succede un’età della servitù, dell’umanità matrigna, caratterizzata per la Calabria dalla servitù politica della sottomissione a Roma. L’ho fatta un poco lunga ma credo che il cortese lettore si sarà reso conto che sono giunto a Filottete.

Il problema che affronta il Fiore, in uno con le sue fonti (Barrio e Marafioti), è l’origine di Cirò, che deriverebbe dall’antica Crimissa, già fondata dagli Enotri ma resa sacra, traggo dall’edizione Nisticò, con “l’accrescimento dalla gente di Filottete, per quello che ne pensa Strabone, e quella medesima, della quale cantò Licofrone, quale accolse l’uccisore di Alessandro [Paride Nda], cioè Filottete”. Dunque Crimissa resa sacra da Filottete e ingrandita dalla sua gente. Crimissa è, come si sa, luogo sacro ad Apollo Aleo. Dunque la sacralità del sito è resa tale al momento del riunirsi qui dell’emblema filottetico, l’erede dell’arco di Ercole, emulo di Apollo.

Il testo di Luigi Adriano Milani, edito a Firenze per la prima volta nel 1879 e ora meritoriamente riedito dalla casa editrice Città del Sole di Reggio Calabria, non presenta un particolarissimo interesse per il rapporto di Filottete con il mondo magnogreco, limitandosi, se non ho letto male, a parlarne nelle note legate al primo capitolo, “Il mito di Filottete nell’Epopea”. In particolare riguarda la parte del mito filotteteo che non rientra nel corpo fondamentale del suo mito nel mondo classico, tramandato e reso eterno dai grandissimi tragediografi della cultura greca: Eschilo, Euripide e Sofocle, che si ferma, come è noto in poche specifiche vicende, pur con tutte le varianti che Milani puntualmente riferisce: la partenza di Filottete, già giovane compagno di Eracle/Ercole, per Troia, con gli altri principi achei, con le sue 7 navi e i 350 guerrieri, suoi arcieri, che vi aveva imbarcato; la drammatica vicenda che Milani predilige nella versione che la sostiene accaduta nell’isola di Lemno, dove Filottete, morso da un serpente a un piede, viene colto da cancrena e il fetore che emana dalla ferita convince gli altri principi achei ad abbandonarlo, forse con una parte dei suoi compagni, riprendendo la rotta per Troia; l’impossibilità di conquistare Troia, rivelata, dopo dieci anni, dagli indovini (Calcante o Elleno) che rivelano agli assedianti che Troia cadrà solo dopo l’uccisione di Paride, per opera di Filottete e del suo arco e frecce, dono di Ercole; la spedizione di una parte dei principi achei (nelle molte varianti sulla sua composizione) per convincere Filottete, nel frattempo rimasto a Lemno a trarre la sua tragica esistenza afflitto dall’inguaribile malattia; l’esito positivo della missione achea e la venuta di Filottete nella Troade, dove, curato per volontà degli dèi da Esculapio o da un suo allievo, guarisce finalmente dal suo malanno, affronta e uccide con il suo arco e le sue frecce Paride e si compie il destino della città. Poi il ritorno senza difficoltà di Filottete nella sua patria. Le note, come ho constatato, contengono i riferimenti di Milani alla presenza di Filottete in Italia, variante mitica anch’essa, rispetto alla felice conclusione della grande vicenda troadica.

L’avvio è, a ben vedere, con la tradizione che vede la dea Atena ridonare, con la guarigione dalla cancrena al piede, al già vecchio e afflittissimo Filottete, quale i principi achei avevano ritrovato a Lemno, “la vigoria, l’antico ardore e la bellezza”, guidandone persino le frecce nel combattimento che uccide Paride (p. 19). La venuta in Italia e il culto che vi avrebbe istituito sono a quel punto messe in rapporto con un diverso e non positivo esito del suo ritorno dalla Troade. Poi Milani continua: “Tzetze, il quale aveva dinanzi a sè [sic] la poesia di Euforione, narra che Filottete, risospinto in Italia, approdava nella Campania, vinceva i Lucani, fondava nel loro paese varie città, tra cui Krimissa, Chone e Makella; che poneva fine alle sue peregrinazioni edificando il tempio di Apollo Aleo, consacrava a questo dio il fortunato suo arco” (p. 30). Nelle note 4 e 5 della stessa pagina l’autore riprende la narrazione del corpo del testo attribuendone la paternità a Strabone e ad Aristotele e conclude che le “fatali sue frecce” vennero poi trasportate dai Crotoniati in Apollonia (cioè nel tempio di Apollo in Crotone) essendo fama che Filottete fosse morto presso il fiume Sibari, nel portare aiuto ai Rodi contro gli indigeni del luogo.

Con l’autorità scientifica che la contraddistingue, molto più di recente, nel volume della Storia della Calabria antica, Giovanna De Sensi ha dato dignità di fonte a quanto sopra tratto da Aristotele, e nella guerra tra Crotone e Sibari che segna la sconfitta di quest’ultima, ricorda come “oltre la Sibaritide con la parte annessa della Siritide, dovettero allora passare sotto il dominio crotoniate le città di Crimisa, Petelia, Chone al di sotto del Traente, ed il trasferimento nel tempio di Apollo a Crotone delle armi di Filottete custodite a Macalla […] ne rappresentò il suggello simbolico” (p. 248). Ecco dunque il complesso delle informazioni mitiche, legate alla fondazione di Cremissa/Cirò, da cui il seicentesco e frettolosamente giudicato inaffidabile cappuccino padre Fiore poté trarre elementi di convinta suggestione alla sua tesi della ciclicità del divenire della storia della Calabria, inevitabilmente inserita nella storia generale dell’umanità. La riedizione della bella opera ottocentesca di Milani ha in questo proporre fonti dimenticate dai più un non piccolo titolo di merito. Inoltre, nella Nota del curatore di Carlo Perri (personalità di primo piano nella vita culturale del capoluogo jonico), colpisce il rilievo culturale, che diventa passione civile per la sua amata provincia crotonese, delle sue argomentazioni sui “miti di fondazione”. Lo stesso Perri, è doveroso ricordarlo, ha avviato nel 2012 una brillante iniziativa editoriale con i testi della collana (di sua curatela, presso il medesimo editore “Città del Sole”) dal titolo Storia e cultura del Crotonese, riponendo nel primo volume un romanzo ormai introvabile di uno dei maggiori intellettuali e politici calabresi d’inizio Novecento, il Giovanni Fràncica del cirotano Luigi Siciliani. Un testo impreziosito anche e soprattutto grazie all’attenta Introduzione stilata da Margherita Ganeri.

 

Fausto Cozzetto

Università della Calabria

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno VIII, n. 77, gennaio 2014)

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