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A. XVIII, n. 200, maggio 2024
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Corsi e concorsi (a cura di Pamela Quintieri)

Un sogno si concretizza:
pensieri e scrittura, uniti
in un percorso letterario
che eleva e accomuna

di Pamela Quintieri
La prima edizione del Premio nazionale “La Giara”, indetto da Rai Eri,
decreta dei vincitori dalla penna fluida, accattivante e ricca di sensibilità


Un tempo Elio Vittorini sosteneva «È in ogni uomo attendersi che forse la parola, una parola, possa trasformare la sostanza di una cosa. Ed è nello scrittore di crederlo con assiduità e fermezza. È ormai nel nostro mestiere, nel nostro compito. È fede in una magia: che un aggettivo possa giungere dove non giunse, cercando la verità, la ragione; o che un avverbio possa recuperare il segreto che si è sottratto ad ogni indagine». La profondità, la spiritualità, lo stesso penetrare l’animo delle cose nella loro interezza, dall’interno, mantenendole intatte: tutto questo racchiude in sé l’arte e il privilegio della scrittura. La capacità di vedere l’essenza e la vera natura della realtà, la destrezza nel saperla presentare cogliendone e sapendo svilupparne le sfumature più impercettibili… uno scrittore è un uomo che sa vedere al di là, che sa calarsi nell’intimo delle situazioni raggiungendo e svelandone il vero immenso sconosciuto mistero. Quanti amano la letteratura spesso si cimentano nella stesura di un’opera letteraria non solo per il privato piacere personale, relegando il proprio manoscritto all’oblio della dimenticanza, ma soprattutto per la soddisfazione di divulgare le individuali intime idee ad un pubblico di lettori che possano più o meno condividerle ma soprattutto confrontarle con le proprie. Ecco quindi che spesso il concorso letterario è il primo passo per rivelare la propria arte al mondo. 

 

“La Giara”: una possibilità per scrittori in erba

La Rai, in collaborazione con il Laboratorio di Scrittura creativa Rai Eri, ha pensato appunto agli amanti della letteratura in generale e, nel dettaglio, propriamente, a quanti la letteratura vogliono farla in prima persona. Così con l’istituzione del Premio nazionale “La Giara” ha creato una realtà letteraria solida, ormai giunta quest’anno alla sua seconda edizione, che offre una chance ai giovani con grande talento per la narrazione. Il concorso è stato riservato difatti agli autori di un’opera di prosa in lingua italiana e di età compresa tra i 18 e i 39 anni.

La prima edizione del premio si è conclusa a luglio dello scorso anno, con un evento trasmesso in diretta televisiva dalla Valle dei templi di Agrigento, nei pressi della casa di Pirandello, autore cui il premio si ispira.

Il vincitore della passata edizione, che si è aggiudicato il trofeo “La Giara d’oro” realizzato dall’orafo Gerardo Sacco, è stato Roberto Paterlini, originario di Brescia, con il suo romanzo Cani Randagi. La Rai, in linea con la tendenza letteraria del momento, ne ha realizzato un book trailer che si può facilmente visionare all’indirizzo http://www.youtube.com/watch?v=VtLkAwUkSz8. La sceneggiatura e la regia sono state realizzate da Dino Giarruso che ne ha colto la profonda sensibilità e le note più intime racchiudendone il senso in questo modo «La felicità è rarissima, è una fortuna per pochi».

 

Cani Randagi e Roberto Paterlini

«Mentre la luce abbandona lentamente e del tutto la spiaggia, là dove il mare si fonde con l’orizzonte, lui realizza che quella sera persino la sua attesa ha qualcosa di diverso, anche se non saprebbe descrivere esattamente in che modo o perché».

Il caso domina le nostre vite, incontri e allontanamenti, circostanze e scoperte. Così, inaspettata e imprevista un’audiocassetta diventa il mezzo per riaccendere i ricordi: il passato, seppur lontano, resta comunque attuale e porta in sé ansie e patimenti, incomprensioni talvolta insignificanti talaltra insormontabili, esse stesse sono anche quelle del presente, dove, nonostante tutto, regna sovrano e incontrastato il sentimento.

«Lo suggestionava l’idea di un oggetto che avesse passato indisturbato tutto quel tempo nascosto tra due pezzi di legno, mentre il mondo viveva,[…].

Sempre lì, nascosta, in silenzio, quando la casa era vuota per mesi e mesi, e quando invece era affollata di ospiti; timorosa, forse, di venire scoperta».

Giacomo e Federico stanno insieme, si amano di un amore immenso e autentico; per una fortuita combinazione del destino ritrovano una vecchia audiocassetta e per curiosità decidono di ascoltarla. Il nastro reca impresse le voci di due uomini: uno è lo zio di Giacomo, Francesco, l’altro è invece il sig. Luigi De Lorenzi. Il racconto di quest’ultimo è amara testimonianza degli anni del fascismo, quando gli omosessuali dovevano subire la dura legge del confino, la loro relazione era considerata una condotta tanto grave da meritare la giusta punizione, e le famiglie dei poveri confinati venivano additate, derise, perseguitate. E proprio mentre Luigi si separa dall’uomo che ama, manifesta pienamente il coraggio vero, quello che si nasconde dentro il cuore di chi prova un sentimento autentico, e allora intima al suo amante di dire, per salvarlo, che “lui fa l’uomo” e De Lorenzi “fa invece la donna”. Naturalmente, come è facilmente intuibile, le parole si riferiscono meramente all’atto sessuale, così Luigi viene confinato e Franco, l’uomo che ama, può dirsi libero.

La narrazione si sposta poi avanti nel tempo giungendo agli anni ’80 quando Francesco scopre che il suo amore Matteo è sieropositivo. Una malattia potente e senza cura lo affligge, l’Aids. Sono gli anni in cui la patologia non è ancora completamente nota, la paura di una nuova piaga sociale rattrista e sconvolge. Le condanne, seppur di natura completamente diversa sanno addolorare sempre con la stessa crudeltà.

Giacomo e Federico potrebbero essere felici, ma l’amore è purtroppo sempre così complicato e imprevedibile e un affetto del passato, quello per Enrico, fa vacillare il sentimento di Giacomo per Federico. Vincerà la razionalità e dunque il desiderio di tenere con sé chi si ama, che rimane accanto nella buona e nella cattiva sorte? O l’istinto, che è qualcosa di così profondamente sconvolgente, può cambiare le regole del destino e travolgere tutto?

«Federico sentì un tuffo al cuore, più forte della stessa volontà. Passò velocemente in rassegna alcuni fotogrammi del giorno prima, ripensò ai suoi occhiali da sole mentre guidava, alla cenere della sigaretta che cadeva dalla stretta fessura del finestrino, alla porta di quella casa che si apriva, all’insolita assenza di sesso durante la notte appena trascorsa, e ognuno di quei frammenti gli sembrò l’indizio di qualcosa da temere».

Intensa e lancinante come un colpo al volto, la narrazione costruita di suggestivi assemblaggi di ricordi, ritorni e lunghi abbandoni, si muove cautamente sul filo della malinconia e della riflessione, un testo immenso e unico. Da leggere tutto d’un fiato! Commovente.

 

La memoria degli alberi e Alice Corsi

Il Premio “La Giara” ha visto inoltre una seconda classificata, Alice Corsi, la camaleontica e sensibilissima personalità dalla cui penna è stato partorito il romanzo La memoria degli alberi. Originaria di Alessandria, già autrice nel 1997 di un’altra opera Il colore della terra, edita da Joker: si occupa di scrittura creativa gestendo e promuovendo diversi corsi sull’argomento. «Le gemme si aprono con troppa lentezza. Le tocco e so che ci sono, so che sono vive. Le gemme dentro hanno un liquido d’oro opaco. Vita. Si chiama vita. Io mi sento foglia verde che nasce. Mi sento sola e forte nel legno. Spingo e respiro. Sto solo respirando. Non mi costa fatica. Il dolore si cicatrizza. Ho croci ovunque sul corpo. Se mi guardo nuda davanti allo specchio, rabbrividisco. Ho la pelle bianca, fragile. Qualche livido e i segni di quello che è stato il mio amore. Tagli neri. Non vogliono guarire. Ma io li osservo e li sfioro. Non odio la mia debolezza perché so che è forza. Se piango davanti allo specchio è solo per vedere l’acqua verde sul viso». È la storia di una caduta, quella nella perdizione della propria mente, del proprio dolore, e con essa nella spirale della malattia mentale. Marion ha cicatrici su tutto il corpo ma non ricorda assolutamente come sono state prodotte o da chi, o meglio la sua mente si rifiuta di ricordare qualcosa di troppo grande o di troppo doloroso. Fragilità e insicurezza disegnano un cammino di sabbie mobili dove non solo il corpo ma anche la propria psiche si arena inevitabilmente. Chi sono? Da dove vengo? Sembra chiedersi la protagonista. Animo sensibile o imprudenza di una giovane ragazza di campagna persa nell’atmosfera di provincia, la accompagniamo nelle sue flebili frammentate rimembranze: la casa dei ciliegi e la sua infanzia, con i fratelli e i genitori, la scelta di studiare letteratura lontana dalla sicurezza della sua famiglia, la sofferta perdita del padre, l’arrivo della nonna; fino al trasferimento in una nuova città, dove l’incontro e l’amicizia di Elix e Vlade dapprima, Giada e Michi in seguito, con la sua presenza luciferina le sconvolgerà l’esistenza per sempre.

Ma la vita non è mai prevedibile! Ci si perde per poi ritrovarsi, a volte, anche più forti di prima, allora ecco che i ricordi riaffiorano come un vigoroso inarrestabile fiume che straripa e valica gli argini. «Ricordo qualcosa. Una stanza dalle pareti color mare. La luce entra ad ondate, come aria di oceano, e io sono china su un libro. È un testo di poesie e io l’assaporo. Ma dove sono? Manca tutto il resto».

Complessa la vita di fronte alla problematica e alla sofferta traccia della malattia mentale, sola in mezzo a gente che non conosci affatto quando nessuno sa niente di te, nemmeno chi ti circonda, difficile provare a scoprire il proprio mondo interiore nascosto nel profondo di una coltre di dolorosissimi flashback, solo la forza e il coraggio possono trovare la strada giusta.

«Ha aperto un varco nella mia memoria che temo di esplorare. La sua violenza, il suo odio li conosco. Fanno parte di me. Non so. Ho paura. Ricordo vagamente un bagno illuminato di blu. E io grido e spingo qualcuno. È una ragazza. No. Basta. Basta.»

La tua vita ti grida aiuto, vuole emergere, riaffiorare, raccontarti chi sei, gridarti il peso della tua coscienza e scalfire i ricordi.

In questo processo mentale tanto difficile tutto rivendica la sua importanza, vuole la sua parte nella tua vita, come l’amore, quello dimenticato, tanto negativo e distruttivo per Michi e quello nuovo, positivo e folgorante, fatto solo d’anima ed evanescenza, per il dottore Nico.

«Io rimango sola con le stelle distanti e ghiacciate. Nell’aria calda dell’estate quei puntini luminosi blu sono cristalli di freddo puro, perfetto. […]. Il cuore va un po’ più veloce e non posso farci niente».

 

Giochi di mano e Manuela Lunati

Infine la terza ad aggiudicarsi il podio del Premio “La Giara” per la scorsa edizione è stata la marchigiana Manuela Lunati. Esperta in linguistica e glottodidattica, attualmente vive in Brasile, a Curitiba, dove lavora come insegnante di italiano e traduttrice.

Il suo lavoro, Giochi di mano, è un testo autentico e sorprendente. Il buio e la luce, la sofferenza e l’amore, crudeli e imprevisti si mescolano e si contraggono scaraventando la protagonista in un buco nero di incomprensione e dolore. L’altro, il suo amore è un’entità da cui fuggire, in cui non potrà mai abbandonarsi o trovare ristoro. «Se fossi il personaggio di una storia, una storia mia, ti muoverei a mio piacere, e ti farei fare il Male, ma il male quello vero, quello che si vede subito, quello che non ci si può sbagliare. Nella mia storia tu saresti crudele sempre e in tutto, e non un po’ crudele e un po’ no. Così tutti ti avrebbero in odio – e in timore – da subito».

È la storia di un sentimento, di una passione, di un amore che nasce e si sviluppa quando nell’ex Jugoslavia è in atto l’ultimo conflitto. Due culture si incontrano: una giovane donna di nazionalità italiana che svolge servizio di volontariato, e un croato, un ex militare. Tra la voglia di scoprirsi e di raccontarsi, si agitano la passione e poi il sentimento ma le difficoltà e le incomprensioni si frappongono rovinando tutto.

«Non te la prendevi soltanto con me. Nei crescendo delle nostre liti te la prendevi anche con la mia famiglia. Come se le mie colpe avessero origine in loro, e la nostra infelicità la portassi scritta da sempre nei geni».

L’amore sognato e immaginato, come una favola, spesso non si traduce nella realtà e umilia, ferisce, inganna duramente, scavando solchi nel cuore e nell’anima.

«Stavo per fare un passo in avanti, ma prima che riuscissi a tradurre questa mia volontà in movimento è arrivata la tua mano. Inattesa come le morti per incidente stradale. Rapida come una ghigliottina. Rigida come gli inverni. Grande come la mano di un uomo. Era quello il primo colpo».

Così la protagonista si perde in un sentimento negativo, che la ferisce e la oltraggia nel profondo della sua intimità di persona e di donna, e quel solco indelebile nella sua dimensione di individuo intesse le trame della sua storia indimenticabile e infelice.

 

L’arte della narrazione

Si susseguono le edizioni e i premi letterari, ma l’interesse per la scrittura e, con essa, per la letteratura in generale rimane immutato da sempre.

La seconda edizione del Premio “La Giara” volge ormai alla sua conclusione, la fase regionale è terminata, attendiamo ora il nome del vincitore che sarà proclamato e acclamato alla fine di luglio 2013. «Esprimi il tuo pensiero in modo conciso perché sia letto, in modo chiaro perché sia capito, in modo pittoresco perché sia ricordato e, soprattutto, in modo esatto perché i lettori siano guidati dalla sua luce». Non a caso Joseph Pulitzer si pronunciava così.

 

 

Pamela Quintieri

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno VII, n. 69, maggio 2013)
Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
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