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Problemi e riflessioni (a cura di Angela Galloro) . Anno VII, n. 70, giugno 2013

Zoom immagine Simboli e paladini
della lotta alla mafia,
i lenzuoli di Palermo
onorano la legalità

di Francesca Ielpo
Opporsi alla criminalità organizzata:
una testimonianza da Navarra editore


La mafia è di chi non la combatte, la mafia è di chi si rassegna, la mafia è di chi non vuole cercare soluzioni. La mafia non è di magistrati e rivoluzionari, di chi paga con la propria pelle una scelta di vita, più che di lavoro. Paolo Borsellino, Giovanni Falcone, Libero Grassi, Peppino Impastato sono parte della lista di nomi fatta per eternare coloro che da vittime diventano vincitori, perché hanno combattuto con mezzi giudiziari, o semplicemente legali, la criminalità.

A queste persone, ai loro cari, alle organizzazioni formatesi per non dimenticare rende onore e paga Roberto Alajmo che, per lo più scrittore di denuncia ha alle spalle opere come Notizia del disastro o Larte di annacarsi. Un viaggio in Sicilia , dà vita a Un lenzuolo contro la mafia. Sono vent’anni e sembra domani (Navarra editore, pp. 176, € 14,00). Si tratta di un resoconto di quello che la mafia ha prodotto dal 1992 in poi, e delle azioni che la società civile ha portato avanti per combatterla, Comitato dei lenzuoli compreso.

 

Lenzuoli che urlano giustizia

Il libro si divide in sette capitoli, preceduti da un’appassionante Introduzione e seguiti da due parti finali: Nove consigli scomodi e Sono vent’anni e sembra domani.

Nell’Introduzione, redatta da Giovanna Fiume, docente di Storia moderna all’Università di Palermo, si legge: «Abbiamo provato a inventare un simbolo. Il lenzuolo che i servizi di cronaca mostrano macchiato di sangue sui corpi senza vita, velo alla scompostezza della morte violenta, lo abbiamo lavato e candeggiato e appeso ai balconi delle nostre case. Un segnale di pulizia, un’eclatante auto-denuncia dentro i quartieri più a rischio della città. Sta a dire: “Io, che abito proprio qui (il mio nome è sul campanello!), non sto dalla vostra parte. Non contate su di me. Appartengo a un’altra Palermo”». Questo è il messaggio, il mezzo è il lenzuolo. A questo atto emblematico sceglie di rimettersi il singolo cittadino per tentare di ribellarsi e sconfiggere un’organizzazione che in Sicilia s’infiltra ovunque e in chiunque. La storica scrive ancora: «l’individuo, rimasto “militante di se stesso”, sente di doversi ugualmente assumere delle responsabilità civili, per non farsi rappresentare da chi, di fronte a una società civile debole, detiene i poteri forti, che nel sud sono extra-istituzionali e mafiosi». Si prende avvio dall’individualità e si arriva a un gruppo di menti lucide e incontaminate nella generale e orrida melma economica, politica e sociale che comprende estorsioni e attentati.

L’opera di Roberto Alajmo prosegue con la storia della nascita del Comitato dei lenzuoli, che si dipana per lo più attraverso molte testimonianze di gente che consideriamo comune, con età e professioni diverse, ma unita dalla voglia di combattere la mafia. Come? Legando alle finestre dei palazzi di Palermo lenzuoli che portino scritta sopra la rabbia di una città, una regione, uno stato. Il movente di tutto è la strage di Capaci: il 23 maggio 1992, allo svincolo autostradale di Capaci nei pressi di Palermo persero la vita il magistrato antimafia Giovanni Falcone, sua moglie e tre uomini della scorta. E da qui i siciliani si raccolgono, danno vita a idee che sfoghino, esprimano, dicano a chiare e grandi lettere urlanti di rabbia che la mafia “fa schifo”, che la mafia va combattuta, che non tutti sono mafiosi.

Ne spiega bene la sensazione la testimonianza di Maurizio, zoologo, che si trova in Polonia nel momento in cui la bomba sta cancellando quelle cinque vite: «La perdita di Falcone mi lascia nudo e indifeso come se mi avessero ucciso la persona più cara. Sono colpito dalla mia reazione e attraverso questa capisco l’eccezionale gravità del fatto; immagino un’ecatombe su quella strada che tutti fanno centinaia di volte, ho paura che ci siano amici o parenti coinvolti […]. Mi ricompongo ed esco. Comincia una scena penosa tutta incentrata sullo stupore di queste persone lontanissime dalla nostra realtà; mille domande su Palermo, sulla mafia, perché e percome, chi era Falcone. Domande del tipo “Perché voi siciliani siete dei barbari sanguinari?” Proprio così: bloody barbarians».

Il 19 luglio 1992 muore colpito dall’ennesima bomba un altro magistrato, Paolo Borsellino, in via d’Amelio, a Palermo. Le mobilitazioni contro gli assassini per mano dell’illegalità aumentano. Si legge: «Intanto, l’estate procede in maniera insolita. Molti hanno paura che la serie degli attentati non sia terminata, e che abbassare la guardia sia pericoloso. Ma questo 1992 non è un anno qualsiasi. C’era il timore di una fuga di massa, e invece viene fuori l’estate che non ti aspetti, piena di iniziative, contatti e aggregazioni».

 

Consigli e resoconti

Roberto Alajmo prosegue con il riportare Nove consigli scomodi al cittadino che vuole combattere la mafia tra cui: imparare a rivendicare i nostri diritti, educare i bambini alla democrazia, imparare a servirci della legge sulla trasparenza, chiedere regolare fattura o ricevuta fiscale, boicottare gli affari della mafia, rifiutare di scambiare il voto con qualche favore.

Il Comitato dei lenzuoli sembra sottoscrivere: «Vogliamo fare sapere a tutti che siamo contro la mafia. Diamo un segnale. Ogni mese dal 19 al 23, le date delle stragi di Falcone e Borsellino, appendiamo un lenzuolo alla finestra con una scritta qualsiasi contro la mafia, o anche solo con la scritta Per non dimenticare».

Dopo vent’anni dall’uscita del libro una prima edizione è datata 1993 la protesta antimafia prosegue con non poche difficoltà. Nell’ultima parte, le testimonianze sono attuali e non ancora impregnate di rassegnazione, ma forse solo di una maggiore consapevolezza. Si lotta ancora, crescendo negli echi di gesti passati. Colpiscono le parole di Piero Li Donni: «Non sarei così se il 1992 fosse stato diverso, se da piccolo non mi avessero preso per mano e portato alle manifestazioni sotto un sole cocente in mezzo a migliaia e migliaia di persone spaventate dalla morte e felici di resuscitare».

Roberto Alajmo è la voce narrante di tutti loro. Con tatto, perspicacia, sentimenti popolari e letterari leggiamo citazioni di Gabriel García Márquez, Marshall McLuhan, Leonardo Sciascia riporta una storia ventennale nel suo scorrere spontaneo, doloroso, ma pieno di speranza: si racconta dell’illegalità attraverso le parole di onesti.

 

Francesca Ielpo

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno VII, n. 70, giugno 2013)
Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
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