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Problemi e riflessioni (a cura di Angela Galloro) . Anno VII, N. 69, maggio 2013

Zoom immagine Avventura, curiosità
ed immaginazione:
un diario di viaggio
dal sapore francese

di Irene Nicastro
Da Mesogea, un grand tour italiano
sui generis, tra imprevisto e sogno


Per la prima volta viene tradotto in italiano, a cura di René Corona, il diario del viaggio che Henri Calet compie in Italia alla fine del Secondo dopoguerra. Si tratta del resoconto di un gran tour che Calet prosegue a suo modo, dissacrandone l’aura della tradizione che aveva preso vita nel XVII secolo circa. René Corona introduce così il racconto del viaggio di Calet: «Il treno, la notte, le incertezze e le euforie dell’Italia del dopoguerra, i piccoli particolari in cui affiorano le sfaccettature dell’esistenza sono al centro della cronaca del breve soggiorno italiano», viaggio nel corso del quale l’autore fornisce la descrizione dei panorami, offrendoci una prospettiva del tutto reale di uno stralunato, fuggevole e incantato vagabondaggio. Tutto ciò è presente e facilmente percepibile nella sua relazione odeporica dal titolo L’Italia «alla pigra». Cronache di un viaggiatore indolente (Mesogea, pp. 110, € 14,50).

 

Il grand tour e Henri Calet

Il grand tour era un viaggio d’istruzione che i rampolli delle nobili famiglie iniziarono a compiere in Europa a partire dal XVII secolo. Lo scopo di questo tour era accrescere il sapere dei giovani aristocratici sul luogo che si sceglieva di visitare. Questa vacanza istruttiva poteva durare pochi mesi o addirittura qualche anno e le mete preferite erano soprattutto l’Italia e la Grecia. Durante il tour, i giovani aristocratici imparavano a conoscere la politica, la cultura, l’arte e le antichità dei paesi europei. Impiegavano il loro tempo in escursioni turistiche, studiando e facendo compere. Infatti, durante il viaggio i giovani potevano acquistare, secondo le proprie possibilità, numerose opere d’arte e d’antiquariato, e visitare le rovine di Roma. Allo stesso tempo, anche studenti d’arte provenienti da tutta Europa giungevano in Italia per imparare dagli antichi modelli.

Una tappa importante del viaggio, durante un soggiorno prolungato a Roma, era la richiesta di un ritratto a uno dei pittori più in vista del momento, oppure l’acquisto di vedute di un dipinto paesaggistico.

René Corona, parlando di Henri Calet, lo descrive come un uomo che trasmette un senso di semplicità esasperata, malinconico e sensibile alla bellezza femminile, che in realtà riesce a camuffare una personalità molto più complessa. Henri Calet è lo pseudonimo di Raymond Théodore Barthelmess, nato a Parigi il 3 marzo 1904. La sua infanzia è popolana, movimentata e caotica perché i suoi genitori vivono di espedienti. In questa società Calet ambienta il suo primo romanzo, La belle lurette, che pubblica nel 1935. Da ragazzo, lo scrittore cambia molti lavori, finché nel 1924 viene assunto come aiuto contabile e dopo qualche anno diventa responsabile della contabilità, finché nell’agosto del 1930 fugge con la cassa contenente svariati milioni di franchi. Inizia per Raymond Barthelmess una vita di fughe: ricercato dalla polizia francese, vive in vari paesi, e in Uruguay assume l’identità di Henry Calet, con la quale può rientrare in Francia e iniziare a lavorare in radio. La sua condanna viene prescritta e allo scoppio della guerra parte come militare. Viene fatto prigioniero dai tedeschi, ma riesce a fuggire e a raggiungere la «Francia libera». Dopo la guerra intraprende la carriera giornalistica scrivendo per Combat, il giornale di Albert Camus e Pascal Pia.

 

La trama di un doppio viaggio

L’Italia «alla pigra» non è altro che il resoconto che Calet redige al rientro dal viaggio in Italia. La sua è una partenza improvvisa: viene chiamato da un amico per rappresentare i giornalisti francesi ad un congresso internazionale sul gas combustibile che si sarebbe svolto a Padova. Racconta di un viaggio in treno nel quale viene travolto da innumerevoli paesaggi prima di arrivare in Italia. Ci descrive quasi minuziosamente, spesso dedicando interi paragrafi, ogni sua impressione, ogni luogo che vede, ogni pensiero che lo assale durante il suo soggiorno.

Quando finalmente arriva in Italia, la riconosce subito, perché tutto cambia di colpo: il panorama, i colori, l’odore, il clima. Al suo arrivo in stazione trova l’amico, che sin da subito lo scarrozza per le città italiane, per presenziare alle varie cene e ai convegni sul gas combustibile. Rimpiange di non riuscire a visitare tutti i luoghi che lui preferirebbe vedere anziché assistere a noiose conferenze. Vorrebbe fare un giro in gondola a Venezia e visitare il Ponte dei Sospiri, ma non c’è tempo.

Solo verso la fine del suo soggiorno può compiere qualche giro turistico nelle città della penisola: con il suo amico va alla ricerca di qualche donna italiana, e si lascia coinvolgere, proprio alla pigra”, nel gioco d’azzardo delle corse dei cavalli, ma soprattutto in quelle dei cani, nelle quali perde quasi tutti i suoi averi, riuscendo a tenere da parte solo i soldi per pagare il biglietto del treno per ritornare a casa. Il viaggio turistico come lo intende Calet è innanzitutto un modo per ritrovare un amico, a cui dedicherà il libro. Egli si lascia travolgere da un turbine emotivo e dall’amico che lo trascina da una parte all’altra del paese, esponendolo a situazioni paradossali che sembrano metterlo ogni volta in imbarazzo. Tutto il libro si basa sulla contrapposizione dei due personaggi protagonisti. L’uno invadente, attaccabrighe; l’altro discreto, indolente. Parallelamente al reale viaggio che Calet compie, c’è il racconto di un altro viaggio, quello della guida turistica che lo scrittore legge.

Possiamo, quindi, dividere il viaggio in due parti: da un lato, il viaggio dei sogni, quello dell’Italia e dei suoi monumenti, delle sue celebrità e dei suoi cliché; dall’altro, quello attraverso l’Italia del Dopoguerra, un paese povero in attesa dell’arrivo del boom economico, un paese che si sta rialzando e vive con mille difficoltà negli anni della ricostruzione. E proprio in questo scenario il turista lascia il posto al curioso Calet attento alle piccole cose piuttosto che ai celebri monumenti. Monumenti ai quali dedicherà attenzione solo al ritorno in Francia attraverso la sua guida: «il Bel Paese per lui non ha segreti» ma in questa circostanza si ripropone di visitarli semmai dovesse compiere un altro viaggio in Italia.

 

Irene Nicastro

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno VII, n. 69, maggio 2013)

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
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