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Anno VII, n. 67, marzo 2013
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Filosofia e religioni (a cura di Rossella Michienzi) . Anno VII, n. 67, marzo 2013

Zoom immagine Come si relazionano
la natura umana
e il potere d’azione?

di Irene Nicastro
Da Fara editore, un saggio filosofico
indaga intenzioni e istinto nell’uomo


Nel suo saggio filosofico, Leonardo Caffo s’interroga, come ci viene annunciato anche dal titolo dell’opera, sui concetti di azione e natura umana e della loro possibile correlazione, giungendo ad asserire che, configurandosi la natura umana come un’ontologia del possibile, «l’uomo diventa essenzialmente l’insieme delle sue possibilità d’azione». Nell’analizzare svariate situazioni con un approccio scientifico oltre che filosofico, l’autore risponde ad una serie di domande che egli stesso si pone nel corso della propria analisi, quali ad esempio: di cosa siamo veramente responsabili?, qual è il margine di libertà delle nostre azioni, anche di quelle che crediamo dipendano dalla nostra volontà? E molte altre ancora. S’interroga anche su numerose questioni che si collegano a tali domande, legate alla società o a una possibile forma di libertà all’interno del sistema capitalistico; in cui il nostro agire è limitato ad un numero molto basso di scelte già preposte. La ricerca alla base di Azioni e natura umana. Un breve viaggio tra complessità e filosofia della vita (Fara editore, pp. 116, € 12,00) coniuga un approccio classico alla filosofia dell’azione ad uno più innovativo, rivolto ai temi della biopolitica e della sovranità del potere analizzati a partire da Giorgio Agamben, Jacques Derrida e Michel Foucault.

 

Limiti e intenzionalità dell’agire

Nonostante la giovane età, Leonardo Caffo ha all’attivo già diverse pubblicazioni saggistiche d’argomento filosofico (e persino un romanzo) e diffonde i risultati delle proprie ricerche anche collaborando con diverse riviste specializzate. In questo saggio, come già si diceva, egli analizza tematiche filosofiche inserite in un contesto attuale. Adottando il metodo di ricerca della filosofia analitica mescolata a quella continentale, muove una critica al capitalismo, in quanto sistema complesso all’interno del quale sviluppare le azioni umane. Il suo scopo è quello di analizzare le azioni in una chiave filosofica, cercando di spiegare da cosa è determinato l’agire umano, quali sono le sue finalità, le possibilità e le eventuali conseguenze Caffo ritiene che sia impossibile che le azioni umane, nella sfera attuale della nostra società, siano soggette solo all’intenzionalità dell’individuo escludendo il contesto in cui si svolgono, visto che nel complesso sistema del capitalismo le nostre scelte vengono condizionate e limitate dal sistema stesso.

Il suo lavoro di ricerca, che spesso si rifà a molti studiosi, evidenzia alcune analisi condotte in questa direzione. In Teoria dell’azione, ad esempio, alcuni metodi e scoperte neurologiche sono stati utilizzati per ottenere proficui risultati. Tra le poche acquisizioni certe vi è la consapevolezza che non esiste nessuna azione senza intenzione; ma i nuovi studi “neurofilosofici” tendono a contraddire questa importante congettura. Infatti, attraverso alcune tecniche di risonanza magnetica funzionale è stato possibile rilevare scariche neurali sia quando un atto è compiuto, sia quando è osservato e quando è concepito. Questa scoperta per i teorici dell’intenzionalità vicini alle neuroscienze è fondamentale, poiché permette di rivisitare la concezione secondo cui un’azione sia sempre un’azione intenzionale.

 

Dove e perché gli uomini agiscono?

L’analisi che viene sviluppata in questo libro inquadra l’uomo in un sistema complesso, entro cui gli elementi subiscono continue modifiche singolarmente prevedibili, ma del quale non è possibile prevedere uno stato futuro. Caffo ritiene che l’uomo e il suo agire abbiano senso solo se inquadrati in una relazione storica e di temporalità, vale a dire nella loro dimensione di esserci. Le società umane sono costituite da diversi livelli di autonomia, relazioni e funzioni che aggregandosi perseguono degli obiettivi comuni. Gli individui, quindi i potenziali agenti, condividono alcuni comportamenti stabilendo relazioni reciproche, per stabilire un gruppo o una comunità dotata di diversi livelli di organizzazione. Proprio nella presenza di diversi livelli organizzativi è possibile rintracciare la specificità di una società rispetto ad un semplice insieme di soggetti. All’interno di questo delicato e complesso sistema di equilibri tra azioni dei singoli ed azioni collettive, si sviluppano le possibilità del fare, che altrimenti risulterebbero solo delle proprietà non contestualizzate.

Gli uomini agiscono entro un sistema di cui non sempre sono in grado di individuare i limiti. Sin dalla nascita facciamo solo quello che possiamo fare. L’approccio analitico ai temi dell’intenzionalità e dell’azione ha dato vita alla credenza che l’agente agisca ponendo un obiettivo all’azione, ma Caffo qui contesta fortemente il fatto che la definizione di azione intenzionale possa essere spiegata osservando se l’obiettivo sia stato raggiunto e come. Condivide, invece, la tesi sostenuta da Foucault secondo cui «il potere che soggiace all’articolazione delle società occidentali eserciti un controllo capillare sulla vita degli individui che le compongono, limitandone le possibilità d’azione e osservandoli e disciplinandone anche le più banali fasi di sviluppo». Se Foucault avesse ragione, «definire un’azione come quella particolare condizione per cui un soggetto fa qualcosa con un obiettivo avendo una precisa intenzione sarebbe vano, non essendoci delle intenzioni che siano tali per definizione e divenendo, le azioni, una variazione prevista dal comportamento di un soggetto entro dei parametri preposti». E secondo Caffo il filosofo ha ragione: infatti, l’uomo all’interno del capitalismo deve dividersi i compiti e i lavori con i suoi simili, una divisione per altro tipica della nostra società. Nessun uomo è semplicemente un uomo, ma esiste in senso giuridico, in quanto avvocato o panettiere ecc., e contribuisce e partecipa al libero mercato. Le azioni degli esseri umani vanno analizzate in relazione al contesto, alle specificità delle vite, per poter essere realmente descritte da una teoria filosofica.

 

La natura umana

Con l’espressione “natura umana” si denota l’insieme delle caratteristiche biologiche che caratterizzano l’Homo sapiens da tutte le altre specie animali. Secondo Caffo la natura non è poi così diversa dalla cultura. L’intento dell’autore non è descrivere come siamo, ma prescrivere come dovremmo essere, ossia come e con quali modalità avremmo dovuto sviluppare i nostri comportamenti nella vita.

Per avvalorare la tesi per cui natura e cultura coinciderebbero, egli muove una serie di obiezioni all’idea dell’esistenza di una natura umana. Innanzitutto, se davvero esiste un’entità del genere, allora questa dovrebbe essere almeno visibile nei nostri primi antenati, che non avevano ancora sviluppato i sistemi culturali complessi discutendone in modo critico. La vita giusta sarebbe dovuta essere, dunque, quella del Pleistocene, in cui nostri predecessori, come sostiene anche Edward Wilson, vivevano in preda agli istinti, che si caratterizzano come entità essenziali della nostra natura.

Jerry Fodor, dal canto suo, sostiene che la mente umana è uguale alla somma degli istinti-moduli che la compongono; infatti, un modulo è da considerarsi come un’entità psicologica epifenomenica che accetta come input soltanto una classe di stimoli ristretta, producendo in uscita degli output specifici. I moduli, pertanto, rispondono agli stimoli istintivamente ed indipendentemente rispetto alle altre informazioni che possiamo ricavare dall’ambiente. Questa capacità viene chiamata da Fodor «incapsulamento informale». Caffo si chiede, dunque, «se ogni modulo agisce istintivamente, come fa la nostra mente a selezionare quale modulo deve rispondere agli infiniti stimoli ambientali a cui sono sottoposti? L’importanza degli stimoli non è stabilita dagli stimoli stessi e dunque, se mi trovo di fronte ad un fiore meraviglioso, cosa guida la mente ad analizzare a suo piacimento le caratteristiche specifiche preferendone alcune ad altre come, ad esempio, il profumo al colore?».

Sulla base di ciò che è stato affermato, lo studioso ritiene che non possono essere solo gli istinti il cuore della natura umana e, di conseguenza, il modello a cui ispirarsi non sono i nostri antenati, che vivevano di istintività. Da questo meccanismo selettivo inizia la sua costruzione teorica sulla natura umana. La gerarchia di importanza degli input derivati dalla percezione del mondo è data dalla mente che li percepisce e che ne processa, pertanto, l’output. Molti studiosi hanno ampiamente trattato il fatto che non esista entità teorica simile alla natura dell’umano. Dunque, solo l’uomo possiede delle capacità che lo contraddistinguono da altri animali, come ad esempio il linguaggio; l’essere umano, infatti, è sempre disposto a celebrare o imparare una nuova lingua, «una cosa più unica che rara nel variegato regno animale», per dirla con le parole di Caffo. Compiere una valutazione sugli stimoli ambientali significa cominciare a costruirsi un mondo-ambiente entro cui garantire il futuro della propria specie selezionando ciò che riteniamo importante e ciò che riteniamo superfluo. La mente dell’uomo si forma attraverso questa complessa interazione di relazioni e selezioni d’istinti precedente ad un’ulteriore selezione di stimoli derivati da altri individui che hanno operato la stessa selezione. L’unità primaria d’analisi per la natura umana diventa l’interazione soggetto-ambiente come scaturita da una selezione degli stimoli successiva ad una valutazione.

 

Conclusione

Come abbiamo visto, dunque, Caffo tenta di approcciarsi ad una ricerca che è ancora in fase di sviluppo, ritenendo necessario creare un nuovo filone di studi che riesca a creare una proficua interazione tra diverse discipline. Crede, infatti, che la relazione tra natura umana ed azioni possa avvalersi di una reciproca influenza tra le odierne scoperte scientifiche in campo neurobiologico, di un rigore logico-argomentativo e di un’analisi storica della concreta articolazione dell’agire nella realtà. Il messaggio che ci vuole trasmettere, forse, è proprio quello che non possiamo liberarci di un modus vivendi che ci allontani dalla nostra natura finché non ci poniamo un paradigma alternativo a quello imposto dalla società capitalistica in cui l’uomo è sempre più un mero funzionale tecnico.

 

Irene Nicastro

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno VII, n. 67, marzo 2013)

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