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Letteratura contemporanea (a cura di Francesco Mattia Arcuri) . Anno VII, N. 66, febbraio 2013

Zoom immagine Tra storia e creazione letteraria:
alla ricerca di luoghi e di volti
in un passato vicino e familiare

di Angela Patrono
Da Città del sole, la fotografia storica
di una regione spesso sottomessa


Un Mezzogiorno di contrasti ed emozioni forti, raccontata in un affresco corale in perfetto equilibrio tra realtà documentata e invenzione letteraria, tra crudeltà e pietas, tra registro basso e sublime. Un gioco di incastri, fatto di epistolari sovrapposti e di excursus storico-sociali che fotografano l’epoca dei fatti narrati con una minuzia impressionante. È la Calabria di metà XIX secolo, segnata dalla restaurazione della dinastia borbonica e soggiogata da numerosi “padroni”: nobiltà terriera, clero, malavita. Sullo sfondo la povera gente, costretta a patire gli stenti in condizioni disumane, talvolta spinta dalla disperazione a prendere la strada del brigantaggio. Tale scenario si dischiude sulle pagine del libro di Mimmo Bitonto, Petrangolo. Romanzo storico (per quel che basta) (Città del sole, pp. 398, € 16,00).

 

Un giovane eroe in difesa degli “ultimi”

La storia prende le mosse dall’eroe eponimo, il quale vivrà una lunga e travagliata vicenda prima di vedere affermati i propri diritti e ottenere la sospirata felicità. Il protagonista, figlio di una zingara, morta nel darlo alla luce, viene ritrovato in fasce dalla Bersagliera, ex «druda» di un brigante e madre di dodici figli, che lo accoglie in casa fino a quando, sei anni dopo, viene catturato dalle guardie borboniche, separato dalla famiglia adottiva e condotto nella masseria (definita «Castello») di Mirto, proprietà del conte Alfonso Annone e abitata da sua moglie, la nobildonna Luigia De Sanctis, insieme ai figli Goffredo ed Elizia. Qui diventa un umile «porcaro», subendo l’ostracismo e l’indifferenza della comunità dei «casteddhini» suoi consorti, il disprezzo dei nobili tenutari, ma conquistando, a poco a poco, l’amicizia dei figli della contessa, che imparano a disfarsi dei pregiudizi sociali nonostante le proibizioni della madre e soprattutto del parroco reazionario don Gaetano Zuppillo, con le sue omelie impastate di ipocrisia e odio verso i ceti più bassi. Ben presto Cefà (così viene ribattezzato il ragazzo dai mirtaioli) si rende conto delle disparità economiche e delle dure condizioni lavorative in cui versano i braccianti, fino a sviluppare una vera e propria coscienza sociale. Varie vicissitudini, tra cui una crudele umiliazione da parte di Elizia, promessa a un nobile napoletano, allontanano Cefà dal Castello. Inseguendo il proprio destino, il ragazzo incontrerà personaggi più o meno bizzarri, anch’essi in cerca di riscatto, come l’«ercolino» Trivulo, il matto Masello e il mercante ebreo Chlomo, ciascuno con il proprio bagaglio di sofferenze e ingiustizie subite. Il ragazzo arriverà a ricongiungersi alla sua famiglia adottiva che non l’ha mai dimenticato, ma nel suo cuore rimarrà la contessina Elizia, ormai pentita del male fatto e pronta a tutto pur di riabbracciarlo: riusciranno a ritrovarsi?

 

Una polifonia narrativa

La particolarità del romanzo sta nella sua natura di opera corale. La narrazione infatti è intervallata da stralci del memoriale scritto a due mani da Cefà ed Elizia, i cui pensieri si sovrappongono alla voce dell’autore; tuttavia nell’opera si alternano anche testimonianze personali e flashbacks di altri personaggi. Questa eterogeneità narrativa non passa inosservata neppure graficamente parlando, perché per ogni punto di vista viene usato un font diverso. Ma quello del manoscritto ritrovato non è l’unico espediente usato da Bitonto, che imbastisce la trama di una trovata “fantasmagorica”: la presenza di spettri o spiriti guida.

Già nella Prefazione l’autore sostiene che a fargli trovare i quaderni nella “Vota”, la cascina dove secondo il romanzo Cefà era nato e in seguito vissuto, siano stati due fantasmi: Antinoo, il giovane amante dell’imperatore Adriano, e Carminantonio Lippi, geologo e vulcanologo noto per le sue ipotesi stravaganti sull’eruzione del Vesuvio a Pompei.

Ma è il protagonista ad avere un incontro ravvicinato con uno spettro che gli cambierà la vita e forgerà per sempre il suo modo di pensare. Cefà scopre infatti una biblioteca sotterranea dove entra in contatto con il fiore del sapere universale. Letterati, scienziati, artisti non avranno più segreti per lui, grazie anche a un mentore molto speciale: il fantasma del duca Annone, zio del dissoluto e vizioso proprietario del Castello. Condannato a morte dal nipote stesso per aver voluto diffondere idee rivoluzionarie di «fraternità uguaglianza e libertà», il duca prende Cefà sotto le sue ali, educandolo all’amore dei classici e insegnandogli a tradurre dalle lingue antiche e straniere.

Proprio nella biblioteca il ragazzo prende coscienza della disuguaglianza sociale e da quel momento combatterà in prima persona per garantire un lavoro sicuro e una paga dignitosa agli umili salariati, già vessati dai discorsi filoaristocratici del clero: «Fin dalla nascita alla gente comune veniva inculcata l’idea non si fosse il Padreterno mai sognato egalitarismo…».

 

Caratterizzazione linguistica

Petrangolo si può chiaramente definire un’opera a più voci, non solo per i già menzionati epistolari sovrapposti, ma per la pluralità di linguaggi riportati. Dall’italiano più aulico e ricco di termini desueti alle numerosissime varietà di dialetti calabresi, tra cui il grecanico; dal napoletano al latino, dallo spagnolo al greco antico passando per l’ebraico di Chlomo. Una Babele erudita dove, a seconda del parlante, una filastrocca dialettale può trasformarsi in citazione colta; un lessico dalle potenzialità infinite del quale è emblema il protagonista, in grado di destreggiarsi perfettamente tra registro alto e popolare. Il linguaggio usato marchia come un sigillo ogni personaggio, ne definisce il temperamento, i pensieri e la posizione sociale.

Bitonto scava nel cuore profondo della Calabria tessendo fili intrecciati in maniera inestricabile, luoghi e volti appartenenti a un passato non considerato alieno, ma vicino e familiare: insospettabili legami, infatti, uniscono l’autore stesso ai protagonisti del libro. Finzione o realtà, quindi? Il segreto è prendere Petrangolo secondo le indicazioni dell’autore, vale a dire come un «romanzo storico (per quel che basta)»: immergersi nell’universo multiforme del libro e accettarne il brillante mix tra realtà storica (rilevanti la descrizione del terremoto del 12 febbraio 1854 e l’incontro con la brigantessa Marianna Oliverio detta Ciccilla) e creazione letteraria.

 

Angela Patrono

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno VII, n. 66, febbraio 2013)

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
Progetto grafico a cura di: Fulvio Mazza ed Emanuela Catania. Realizzazione: FN2000 Soft per conto di DAMA IT