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A. XVIII, n. 199, aprile 2024
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Emozioni in versi (a cura di Mària Ivano)

Una fine silloge poetica
dai richiami kafkiani
esplora l’animo umano
e le sue sfaccettature

di Emanuela Pugliese
Da Zona editrice, il dramma esistenziale visto da Franz Krauspenhaar:
temi forti e casi surreali in versi dallo stile raffinato e a tratti giocoso


Parlare di poesia non è mai un’impresa facile: molti sono coloro i quali si definiscono poeti o si improvvisano tali, come se fare poesia fosse un esercizio alla portata di tutti, in quanto ispirazione spontanea dei propri stati d’animo o dei propri sentimenti. Inoltre si può ben dire che oggi essa ha perso il senso critico che aveva con Pasolini, con Saba o con Montale, per citarne alcuni, per i quali fare poesia aveva un preciso significato etico e civile.

Lo scopo che Franz Krauspenhaar − scrittore italo-tedesco contemporaneo tra i più prolifici e sorprendenti per stile, timbro e libertà di pensiero – ha inteso raggiungere con la sua ultima raccolta poetica dal titolo Effekappa (Zona editrice, pp. 120, € 13,00) è di tutt’altro genere: attraverso di essa, il poeta manifesta apertamente la drammaticità dell’esistenza umana e la fisicità del dolore.

Le due iniziali (effe e kappa), che danno il titolo alla silloge, riprendono volutamente e ironicamente sia le iniziali dell’autore sia quelle dello scrittore ceco Franz Kafka, al quale il poeta si accosta, tramite una dichiarazione di immodestia iniziale, e si ispira per ciò che concerne situazioni estreme e surreali, che ben si inseriscono nell’orizzonte kafkiano.

 

Le tematiche: il dissidio interiore e l’analisi della contemporaneità

Già autore di varie raccolte poetiche − ricordiamo l’ebook Champagne. Poesie 1981-2005, con il quale esordisce nel 2005, a cui seguono Monoscopio segreto nel 2007, Cocktail K nel 2008 e infine Franzwolf. Un’autobiografia in versi nel 2009 –, Franz Krauspenhaar affida alla poesia tematiche di natura autobiografica, quali, ad esempio, tensioni interiori, il tormentato rapporto col padre, la perdita del fratello, per poi spaziare in contenuti dal carattere universale, come riflessioni sulla letteratura, esperienze erotiche vagheggiate o vissute, nonché una serie di riferimenti sull’attuale situazione italiana.

In maniera del tutto nuova, la quotidianità viene rappresentata nella sua manifestazione più squallida e decadente, attraverso la ripetitiva raffigurazione di «pastine in brodo» elencate in maniera ossessiva o provocatoria.

Solitudine, sofferenza, alienazione dell’uomo e morte sono i temi principali; l’intera silloge è stata definita un vero e proprio «thriller poetico» per la presenza di una variegata descrizione di situazioni legate al proprio ego che, ripetutamente, viene esaltato, come nel finale della poesia che apre la raccolta: «Ergo sum, io solo soltanto posso fare, dire al mondo impasto cosmico di fango, che l’uomo immenso d’immodestia che sono, ama infinitamente quel che gli pare».

«La sua è la scandalosa presa di posizione di un io che, piaccia o no, non ci molla, ci fa vedere con i suoi occhi solo se stesso, che ci trasporta nel budello della propria malattia e in quel tunnel tra pietà e dolore delle memorie familiari»: così Cristina Annino scrive nell’Introduzione al libro.

Un intero microcosmo dell’esistenza, dunque, quello che viene rappresentato dall’autore. Non mancano, a questo proposito, neanche le poesie d’amore: si leggano, ad esempio, i versi di Scuse o Amami [e facciamola finita], nei quali la passione e il travaglio intimo si fondono per dare vita alla propria ansia creativa.

 

L’ironia poetica e i giochi linguistici

Di notevole interesse è la seconda sezione della raccolta dal titolo H 24 (Ventiquattr’ore d’un uomo. Poema eterogeneo possibile), all’interno della quale emerge una spiccata verve comica che, con sottile ironia e sarcasmo, descrive la dieta ideale di un uomo sopraffatto dalla propria malattia. Attraverso tale registro, dunque, il poeta ribalta la drammaticità dell’esistenza.

In tutto il libro troviamo veri e propri esperimenti della lingua e dello stile: quest’ultimo si caratterizza per il susseguirsi di immagini dense di asindeti e polisindeti, metafore e similitudini azzardate. È il caso della poesia che chiude la raccolta: Io sono la scimmia, l’uomo è superato [remix].

Inoltre, attraverso un lessico denso di termini aulici, citazioni letterarie ed espressioni del repertorio familiare e quotidiano si esprime il flusso di coscienza dell’autore, il cui intento è di rivelarlo al lettore con l’ars poetica, mediante l’uso di ripetizioni, rime interne, poliptoti e anafore in un sapiente alternarsi di prosa e poesia.

«K cattura, rapisce, si sente spropositatamente come noi vorremmo sentirci o riuscire ad ammettere di voler essere. Al di là della vergogna, della pudicizia, della tradizionale riduzione poetica rispettata dalla Poesia»: prosegue la Annino nell’Introduzione.

Alla fine della lettura, saremo completamente frastornati e trasformati dalle sue parole, dalle sue immagini che ci fanno rimbalzare da una situazione all’altra del suo “disordine esistenziale” e nella totale non accettazione di tutto ciò che viene imposto dall’esterno.

Effekappa è tutto questo: è caos, è alienazione dal mondo ed è, soprattutto, provocazione.

 

Emanuela Pugliese

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno VI, n. 63, novembre 2012)

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
Progetto grafico a cura di: Fulvio Mazza ed Emanuela Catania. Realizzazione: FN2000 Soft per conto di DAMA IT