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A. XVIII, n. 199, aprile 2024
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Dibattiti ed eventi (a cura di Natalia Bloise)

La galleria d’arte “17° C” organizza una collettiva
di Monica Murano
Con uno stile insolito il gallerista Barberio crea un evento, “Sangue amaro”
per esporre i lavori di cinque pittori calabresi coinvolgendo molti visitatori


Un luogo abbandonato, “spento” e rianimato, se anche soltanto per una sera. Un ovile totalmente ripulito e messo a disposizione per una mostra collettiva di pittura. Si potrebbe paragonare alla zucca di Cenerentola nella sua serata di gloria, vestita di una magia che le ha permesso di esprimersi al di là della sua “semplice e scontata” natura.
Il 7 dicembre “l’ovile” di un piccolo paese, Pianopoli, in provincia di Catanzaro, con la realizzazione di questo evento, “Sangue amaro” (riferito all’uccisione del maiale, quindi alla carne) grazie anche al contributo del comune, che ha messo a disposizione attrezzature e materiali e alla disponibilità di amici, si è trasformato in un luogo d’incontro capace di sorprendere i visitatori per il contrasto creatosi tra arte, considerata, spesso, spazio mentale adagiato e mostrato in luoghi “importanti” e posto povero, costruito e vissuto, in passato, da semplici contadini. Ma, soprattutto, è stata un’occasione di unione tra persone di differente classe sociale e di molteplice cultura. Una contrapposizione armonica, un’incompatibilità conciliabile.
Il gallerista, Albino Barberio, in un contesto non banale, ha dato voce alla sua galleria, “17°C” (17 gradi centigradi) e ai lavori dei vari artisti, esposti a lume di candela. Cinque pittori calabresi, Marcello Balistrieri, Maurizio Carnevale, Pablo Carnevale, Francesco Milicia e G.B. Rotella, che, come evidenzia lo stesso gallerista «hanno dato la possibilità, al visitatore, di vedere e confrontare più opere di stili differenti».

L’atmosfera della serata
Un lungo tappeto rosso nell’ampia struttura “catturava” immediatamente lo sguardo, che di seguito notava tre spazi in particolare, quali ambienti resi accoglienti e comodi da tavolini e sedie, panche di legno e fonti di calore. Un buon vino rosso e un menu a base di carne (il tema della serata) hanno regalato un “gusto robusto” agli ospiti, mitigato da dolci di vario “spessore”. Il gallerista sottolinea con cura: «cerco sempre, e spero di riuscirci, di dare ai visitatori la giusta attenzione, che sia il più possibile soddisfacente».
A rendere ancor più coinvolgente la serata è stata la musica: dub, ska, rnb, reggae muffin ed altra ancora – rimanendo sullo stile musicale tribale – la quale ha ulteriormente contribuito a dar forma e senso all’atmosfera, che, col passare delle ore, si fondeva al cibo, al vino rosso e al “chiacchierare” dei visitatori, piacevolmente divertiti dalle esibizioni di un animatore, il quale giocherellava un po’ con tutti, creando complicità tra gli ospiti. Un insieme di situazioni ed elementi che hanno modellato una collettiva senza dubbio originale e apprezzata.

Albino Barberio: gallerista e “uomo”
Oggi, nella maggior parte dei casi, la galleria d’arte è concepita come spazio commerciale, a differenza di un passato, che, invece, viveva questo luogo con la concezione di scambio intellettuale. Secondo Albino Barberio: «la galleria deve essere un veicolo per l’arte dal punto di vista puramente artistico», che sensibilizza, quindi, i visitatori, appassionati o meno, alla pittura «e, al contempo, deve dare l’opportunità agli artisti, affermati o non affermati, di contribuire, attraverso mostre personali e/o collettive, a crear loro la strada migliore per emergere. Nella mia galleria – continua Barberio – non si pagano gli spazi e i servizi. Certamente i quadri vengono esposti se li considero validi».
È risaputo che il percorso dell’artista è sempre stato difficile, particolarmente per chi decide di vivere soltanto d’arte, seppure, come osserva lo stesso gallerista: «in questo caso l’artista è ancor più apprezzato». Certamente in un’era tanto tecnologica e veloce, la nostra internet potrebbe essere una via da considerare, ma Barberio, in merito a ciò, afferma: «per i pittori potrebbe essere utile, per i galleristi un po’ meno. Un quadro visto dal vivo viene acquistato senza remore. Inoltre c’è da considerare l’importanza del rapporto umano diretto, che internet non ha e che, a mio avviso, è fondamentale».
Continuando la chiacchierata con Albino Barberio, si nota che la sua creatività è rivolta alle cose, si potrebbe dire, “genuine” della vita. Infatti, lo scorso anno, ha organizzato un’altra collettiva, altrettanto originale, in un oleificio, scegliendo per tema l’olio, e ha già in progetto nuove idee che contribuiscono, oltre che a “far vivere” l’arte, a mantenere l’identità e la cultura tradizionale del luogo (la Calabria) e dei suoi abitanti. Il giovane gallerista vuole coniugare l’arte ai valori della sua terra, della sua fecondità e, dunque, dei suoi frutti; vuole ricordare che «le “cose semplici” della vita hanno un valore inestimabile, proprio come l’arte, e che non vanno trascurate, in quanto bisogni primari dei quali non si potrebbe vivere senza».
Ma come non è facile vivere da artisti, non deve esserlo neanche da galleristi! Paradossalmente “se non sei affermato non vendi, se non vendi non sei affermato”. Barberio di seguito a questa osservazione sottolinea realisticamente: «Il mio spazio – alludendo alla galleria – è un po’ nebuloso, ma mi piace vivere intensamente, mi piace sentirmi sul “filo del rasoio”. Può sembrare contraddittorio, ma le difficoltà che incontro nella mia professione mi stimolano ad andare avanti. Essendo l’arte una “merce” pregiata, non sempre è facile “venderla”. È una crescita lenta, che a volte si arresta e poi riprende, ma non muore – conclude Barberio – io sono innamorato dell’arte e della mia professione. Come per tutte le scelte, bisogna crederci».

Monica Murano

(www.bottegascriptamanent.it, anno I, n. 4, dicembre 2007)
Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
Progetto grafico a cura di: Fulvio Mazza ed Emanuela Catania. Realizzazione: FN2000 Soft per conto di DAMA IT