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ANNO I, n° 0 - Agosto 2007
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Letteratura contemporanea (a cura di Maria Franzè) . ANNO I, n° 0 - Agosto 2007

Zoom immagine Tra passato e presente, seguendo
le orme di tutti coloro che emigrano

di Antida Vetrano
Il lungo viaggio di una giovane coppia.
Lui del Sud, lei del Nord e un segreto


“Partire è un po’ morire”, recita un antico detto: triste, sì, ma che racchiude in una sola frase il senso del Viaggio nell’isola della vita di Paolo Catalano (Editoriale progetto 2000, pp. 284, € 15,00). Morire e rinascere, altrove.

Inevitabilmente, il pensiero va ai tanti “viaggi della speranza” del passato, la cui asprezza era lenita dalla prospettiva di un mondo nuovo, diverso da quello che si lasciava, che sicuramente sarebbe stato migliore, ma che, invece, si rivelava tale e quale. Gente del Sud costretta ad emigrare al Nord o, più lontano, in Germania, in America, in cerca di un lavoro che le consentisse di “tirare a campare”, di mandare un aiuto a chi resta, alle tante bocche da sfamare, o di pagare le rette della scuola e dell’università, lottando, prima, contro miseria e povertà; poi, contro diffidenza e pregiudizi. Uomini privati delle proprie donne, padri allontanati dai figli, famiglie sradicate dalle loro origini: questo era ed è il Sud, questo era ed è la Calabria, perché «la storia è sempre la stessa, non finisce mai».

Il romanzo, quindi, affronta il dramma dell’emigrazione, doloroso in passato come ai giorni nostri, percorrendo a ritroso la vita di un uomo logorato dai ricordi e dai sensi di colpa, che, anche se ormai morto, irrompe nel destino di due giovani appartenenti ad altrettante culture irrimediabilmente opposte tra loro, quella del Nord e quella del Sud, guidandoli fino a Creta ed al suo minuscolo villaggio.

 

«Nel più fantastico viaggio della storia»

L’incredibile avventura di Fabio e Marilena ha inizio. Lui, calabrese di Chianalea di Scilla, ha fatto tanti sacrifici per studiare e, ottenendo la dirigenza di «un ufficio così importante» di Verona, attira su di sé l’ira e l’invidia dei suoi colleghi, per i quali egli è solo un «muccusu» giunto fin lì tramite «chissà quali marchingegni». Essi non sanno, in realtà, quello a cui ha dovuto rinunciare, gli affetti e le bellezze che ha lasciato prendendo quel treno per il Nord: niente più albe dai colori cangianti, né tramonti viola, né corse a piedi nudi sulla sabbia, niente sarebbe più stato come prima. Lei, veronese, è cresciuta in un mondo ovattato, lontano dai problemi e dagli stenti, dove tutto è condizionato unicamente dal suo umore: allegra o spensierata, pensierosa o triste, ogni cosa si muove in funzione di lei e sono gli eventi a doverle stare dietro, non il contrario. «Era una di quelle anime che volevano volare libere nel cielo dell’immaginazione e nella ricerca delle sensazioni nuove» e per questo convince Fabio ad accompagnarla nel suo viaggio a Loutrò, piccolissimo borgo di Creta avvolto da un’atmosfera magica e surreale, al confine tra storia e leggenda.

La loro relazione rompe gli schemi della modernità, sfidando i preconcetti e le ipocrisie di una società schiava delle apparenze; un “terrone” ed un’erede di Giulietta: quale strano scherzo del destino si nasconde dietro tale unione? Tuttavia, noncurante – forse non del tutto... – dello scalpore destato, la giovane coppia prosegue il suo viaggio nel mare tempestoso della passione: si amano e si azzuffano, si lasciano e si cercano; è l'incontro-scontro di due mondi agli antipodi che, proprio per le troppe differenze, si attraggono inevitabilmente ed ogni volta con maggiore intensità. Inizialmente scettico, Fabio si renderà conto ben presto di essere stato coinvolto in una vicenda che lo riguarda molto più di quanto non creda...

Due vite, un’anima, con il proposito di far rivivere il passato, di svelare il mistero che ha avvolto l’esistenza di quell’uomo, Cosimo Catafamo, l’uomo per il quale Loutrò ha rappresentato il luogo ultimo dove attendere la morte ed espiare, nel frattempo, le sue colpe.

 

Il pianto della coscienza

Un vecchio burbero dallo «sguardo acquoso, stanco, animato solo da una luce interna che nessuno riusciva a vedere» tranne Marilena, che, da bambina, incontrandolo per la prima volta, ha provato per lui una tenerezza istintiva, quasi immaginando che, sotto quella corteccia dura ed impenetrabile, si celasse qualcosa di triste e di misterioso.

Dal canto suo, anche Cosimo nutriva uno strano affetto, pari a quello di un nonno premuroso, verso quella «piccola ragazza bionda» con la quale avrebbe voluto aprirsi, alla quale avrebbe voluto parlare, ma il suo aspetto trasandato non ispirava fiducia nei genitori di lei e perciò le occasioni per conversare erano davvero poche. Così, ritornando a Loutrò, Marilena prova una felicità immensa nello scoprire che lui le ha lasciato il suo tesoro, le sue lettere, all'interno delle quali c’è sicuramente tutto ciò che ha sempre desiderato sapere.

La coscienza di Cosimo è attanagliata da un peso enorme, troppo grande e ancora troppo vivo da dimenticare, nonostante il tempo abbia fatto inesorabilmente il suo corso, e scrivere rappresenta l’unico mezzo a disposizione per liberarsene, per far sì che qualcun altro condivida, capisca e lo assolva. L’entusiasmo e le speranze di gioventù hanno ceduto il passo alla stanchezza ed alla rassegnazione senili; un sogno si è infranto e non restano che i cocci, senza più alcun mondo da cambiare, né una realtà da stravolgere o un progetto da condividere insieme alla donna amata. Egli trascorre in solitudine i suoi ultimi anni, in una stanza modesta che si affaccia sul mare dei miti e degli dei, in quella terra del vento così simile alla Calabria tanto amata, dove, perseguitato dai ricordi e dai rimorsi, aspetta colei che, cullandolo, gli darà la pace che non ha più trovato da allora.

In uno scenario cangiante e contornato di luci ed ombre, in cui ogni cosa assume sembianze diverse a seconda del personaggio che vi si accosta, si rievoca un intreccio di destini in apparenza lontani ma, in realtà, vicini, una storia vecchia, ma ancora attuale, dal finale inaspettato e per nulla ovvio.

Fabio e Marilena leggono la prima lettera: «Mia cara, alla fine mi sono deciso»...

 

Antida Vetrano

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno I, n. 1, agosto 2007)

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