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A. XVIII, n. 199, aprile 2024
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Riflessi d'autore (a cura di Mària Ivano)

Zoom immagine Una silloge poetica
che dà voce al silenzio,
cercando nelle parole
la via per la libertà

di Angela Patrono
Da Falco editore una raccolta di liriche in cui Anna Lauria esalta
la ricchezza propria del silenzio per sfuggire al vuoto della società


Non sempre il silenzio è sinonimo di quiete assoluta, di assenza di suono: siamo noi esseri umani, preoccupati di non sfigurare al festival del semplicismo a buon mercato, che pretendiamo di etichettare ogni cosa. In virtù dell’armonia degli opposti, la dicotomia pieno-vuoto non ha ragione d’esistere nel silenzio, perché possiamo intenderlo come abisso dal quale emergono le sillabe primordiali, ventre materno che ospita la vita verbale allo stadio fetale. Varie sono le definizioni come i volti del silenzio: quello dettato dall’imbarazzo, quello in segno di rispetto, quello – il più vile – marcato dall’indifferenza; e poi c’è quello, vibrante, dell’ascolto, quello soprannaturale della natura, quello in cui la mente elabora contenuti e li combina in una sorta di estasi creativa, da cui nasceranno illuminazioni, pre-sentimenti, visioni. È il silenzio della meditazione, degli asceti. È il silenzio dei poeti, che Anna Lauria ha designato come nucleo pulsante della sua silloge Dal silenzio (Falco editore, pp. 48, € 10,00). Con questa raccolta, la poliedrica poetessa inaugura per Falco editore una collana dall’emblematico titolo fabbridiparole; perché l’autrice forgia la sua poetica dal materiale grezzo del mondo e dei sentimenti. Una quotidianità mai edulcorata, ma filtrata attraverso uno sguardo partecipe, a tratti critico e, soprattutto, affamato di libertà.

 

Un obiettivo: la vittoria dell’essere sull’avere

Come ipostasi plotiniche, dal silenzio emergono sei grandi tematiche, sei grandi punti interrogativi e altrettante risposte: Dell’Esistenza, Dell’Etica, Dei Sentimenti, Dell’Amore, Del Quotidiano, Dedicate. Sono le sezioni della silloge, che contribuiscono a dare una parvenza d’identità alle quarantotto liriche, benché queste rifuggano dalle banali categorizzazioni e siano incentrate sull’aspirazione più universale: la libertà. Libertà di pensiero, di espressione, di sentimento, per stagliarsi al di sopra delle oppressioni che ci inchiodano senza possibilità di fuga: la noia, la banalità, la frivolezza del mondo attuale, l’orrore insito nel cuore umano. Ognuno, quindi, è libero di cercare la propria strada, anche sbagliando se necessario, a patto di pensare con la propria testa: «i miseri indicano scorciatoie / meglio sbagliare da sé / tirando una linea breve e faticosa». Il conflitto tra l’io critico e il mondo, però, si riacutizza. L’individuo si sente schiacciato, oppresso da una società che omologa il pensiero e l’azione, che tende a soffocare le voci fuori dal coro, bollandole come follie inconsulte: «e se provi a dire / o sei pazzo o sei inutile». L’essere esce ammaccato dallo scontro con l’avere, figlio di un consumismo incentivato dai media e di un mondo che «ci vuole così / idioti e giulivi». Non solo, la linea di confine tra reale e virtuale è ormai quasi scomparsa, il che induce a un’amara constatazione: «guarderemo un tramonto / senza più capire / se sia in 3D». La dicotomia reale-virtuale si ripropone in altre liriche, come Voci su Facebook (il titolo dice tutto) e la delicata Dal greto del mondo, poesia d’amore in cui si invita l’interlocutore a uscire dal Truman Show telematico, perché «tocca toccarsi / con mani leggere e / incrociare la pelle / sentire come un cieco sa sentire». Riscoprire quindi i sensi, il calore umano, la bellezza dell’amore creativo. Perché l’essere ne uscirà pure ammaccato, ma non sconfitto.

 

Condividere i sentimenti: un’ancora di salvezza

Davanti alla desolazione della società contemporanea, se «i quadri sono vuoti» e «le cattedrali piangono», la poetessa rivendica il valore sacro dell’arte condivisa, e lo fa con un vago accenno alla Ginestra leopardiana: «Fate catene di mani / per non disperdervi nella nebbia». Un inno alla solidarietà, per scampare agli orrori che la storia non smette di propinarci: guerre, torture, razzismo, campi di sterminio. La poetessa non si copre gli occhi, non può e non vuole dimenticare. Dichiara: «Sono immune dalla menzogna» e canta nei suoi versi dolenti le ferite del mondo, il sogno spezzato dei profughi, lo strazio della guerra in Egitto del 2011. L’autrice, fortemente empatica, crede nel valore delle emozioni condivise nel bene e nel male. In uno slancio sentimentale, che non diventa mai sentimentalismo, vorrebbe affidare il mondo, diventato palla di neve, a un bambino, «custode del giorno», desidera proteggere i figli «dal mondo rapace / e dalla nostra saccenza», si ricorda di lei bambina e di quell’affetto reciproco mai espresso per il suo papà. E poi c’è la dimensione erotica, cantata con versi raffinati e delicati, che esprimono un sentimento accogliente, ardente, incondizionato: «vorrei essere / in quell’angolo acuto del tuo sguardo / a rubare il fuoco / che riveste e sazia la mia lingua ladra».

 

Comunicare nel segno della sperimentazione

Colpisce vedere due poesie tradotte in spagnolo: Noi che siamo stati, diventata Nosotros que hemos estado grazie alla poetessa argentina Ana Caliyuri; ed Eros, tradotta da Raffaele Serafino Caligiuri. Questo atto di apertura a un’altra lingua dimostra la poliedricità di Anna Lauria, che adora giocare con la forma poetica e le sue possibilità, in particolare inserendo metafore tratte da esperienze e oggetti quotidiani: la luna è «uno spicchio d’arancia / nel cocktail dell’imbrunire», «i desideri si attaccano al cielo / come post it». La poesia Lo scolapasta, ad esempio, è un’originalissima prosopopea che infonde vita ed emozioni nel più comune degli utensili da cucina. La poetessa non è nuova alle sperimentazioni: si occupa infatti personalmente di poesia dorsale e visiva, organizzando rassegne e installazioni con la collaborazione di artisti e poeti di tutta Italia. Ma senza dimenticare le proprie radici. Nella sezione Dedicate è presente la lirica Sono la mia terra, lungo omaggio d’amore alla sua Calabria fatta di luci e ombre, che l’autrice descrive e concatena con innegabile maestria. La sua è una voce accogliente e consapevole, che racchiude aspetti conflittuali del mondo per riconciliarli nella propria scrittura poetica, sapendo che le migliori ispirazioni arrivano Dal silenzio.

 

Angela Patrono

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno VI, n. 59, luglio 2012)

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
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