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Anno V, n. 48, agosto 2011
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Letteratura contemporanea (a cura di Francesco Mattia Arcuri) . Anno V, n. 48, agosto 2011

Zoom immagine Gli eventi storici del Ventennio
si intersecano con l’indagine
del rodato duo Carruezzo-Serra

di Eliana Grande
Per Baldini Castoldi Dalai editore
un noir tinge la Storia di mistero


Dopo l’esordio con Faulas, seguito da Debrà Libanos e Scarpe rosse, tacchi a spillo, Luciano Marrocu, docente di Storia contemporanea all’Università di Cagliari, ha pubblicato di recente il suo ultimo romanzo.

Con questo noir di ambientazione storica, prosegue la serie delle indagini condotte da Eupremio Carruezzo e Luciano Serra, rispettivamente commissario e ispettore di seconda classe della Divisione affari generali e riservati, ai tempi del Ventennio. Due poliziotti fascisti come non te li aspetti, Carruezzo e Serra – stavolta alle prese con Il caso del croato morto ucciso (Baldini Castoldi Dalai editore, pp. 176, € 13,00) scollati da immagini stereotipate e accomunati da un vago senso di smarrimento esistenziale: «ero appena arrivato a Roma da Cagliari – ricorda Serra – e mi sentivo un uccello che si è perso, un pájaro perdido, come in quel tango argentino. [...] Avrei voluto vivere nascosto, e la sera, smontato dal servizio, sedevo su una panchina di piazza Verdi a non far altro se non attendere. Carruezzo apparteneva anche lui alla razza dei pájaros perdidos, lo compresi la prima volta che lo vidi».

Carruezzo ha la faccia da attore teatrale più che da poliziotto e il «cuore tenero, qualcosa che non dovrebbe esistere in natura se non ci fosse il nostro a dimostrare il contrario». Sembra di vederlo, nella descrizione minuziosa di Serra: «Capelli pettinati all’indietro neri e lucenti, un naso diritto, folti favoriti come li portavano allora i camerieri degli alberghi di lusso, il sopracciglio capace a comando d’inarcarsi a V. Una figura, insomma, di tipo operistico: sarebbe potuto entrare in scena nel secondo atto della Traviata come Germont senza trucco e senza cambiarsi d’abito».

 

Fatti storici e figure dell’immaginario

Fisionomie e identità sui generis fuoriuscite dalla mente dello scrittore e impiantate nell’intrico di avvenimenti che hanno fatto la storia di un secolo.

Allo stesso modo, parallelamente, lo stile narrativo intesse con fluidità rievocazioni di eventi e persone reali sullo sfondo di una vicenda – l’inchiesta condotta da Carruezzo e Serra – che è frutto di fantasia.

Salti cronologici ben ponderati sollevano di tanto in tanto il lettore immerso nella trama per collocarlo al di sopra degli eventi stessi, quasi a volergli offrire un altro punto di osservazione, fra prospettiva storica razionale e coinvolgimento diretto ed emotivo. I personaggi delineati dalla penna di Marrocu dialogano e interagiscono con quelli realmente esistiti con la stessa naturalezza con cui si fondono insieme le due anime di ogni romanzo storico, luogo di realtà e fantasia, di accaduto e di puramente immaginato.

 

Il punto di partenza

Roma, una mattina di fine settembre del 1934. In un appartamento di piazza della Chiesa Nuova viene ritrovato il cadavere di un croato morto ucciso. È Jure Stefanović, «un ustascia, un nazionalista, uno di quelli disposti a tutto, anche a mettere le bombe e ammazzare la gente, pur di ottenere che la Croazia fosse indipendente dalla Jugoslavia». La scena è raccontata da Serra con il tono di chi rivede un fatto rimasto nella memoria a distanza di anni; alla rievocazione delle immagini e delle impressioni il poliziotto fascista accosta le riflessioni maturate in seguito. Mentre restituisce i dettagli visivi della scena del delitto ricorda che a quei tempi gli ustascia erano ospiti ben trattati in Italia, ma lo sarebbero stati ancora per poco, fino a quando «Mussolini, per vari motivi, non sarebbe più stato interessato a una Croazia indipendente e allora, per gli ustascia, fine dell’accoglienza a cinque stelle». Fino al cambiamento di rotta definitivo, nel 1936, con il patto d’amicizia fra Italia e Jugoslavia, in seguito al quale «gli ustascia presenti nella Penisola sarebbero stati internati chi in Libia, chi in Somalia, chi a Lipari, chi invece in Sardegna. Ma al tempo in cui iniziò la nostra storia tutto questo non era ancora avvenuto e da noi ci stavano ancora da signori. Tutti fuorché Jure Stefanović, naturalmente, che era lì morto stecchito nell’appartamento di piazza della Chiesa Nuova».

Parte da qui l’inchiesta che condurrà Carruezzo e Serra ad attraversare un’Europa già disseminata di focolai di guerra e calata in un’atmosfera ambigua, fra spie, segreti e intrighi internazionali. Un’aria pesante che fa da preludio a eventi ancora da venire ma già fatalmente annunciati.

 

L’evoluzione delle indagini

La prima tappa è Parigi, alla ricerca di Gargiulo, scrittore e spia. Da mesi la polizia ne ha perso le tracce: l’ultima volta aveva promesso scottanti rivelazioni circa un possibile complotto da parte di un gruppo di ustascia che volevano assassinare il re di Jugoslavia.

Dopo Parigi, Barcellona. Qui, a fornire nuove informazioni, nella luce soffusa di un tabarin del Barrio Chino, è la cantante Lola Cabral, che non è bellissima e non ha nemmeno una gran voce ma ha ugualmente il suo fascino. E soprattutto la donna ha un indizio che suggerisce a Carruezzo e Serra in quale direzione proseguire le ricerche. È il nome di un albergo, l’Hotel del Londres, a Marsiglia.

E Marsiglia sarà l’ultima destinazione dei nostri prima del rientro in Italia perché, come sappiamo dalla storia, sarà proprio nella città francese che si consumeranno gli eventi decisivi.

 

L’epilogo

«Li riconobbi subito: Alessandro di Jugoslavia e Barthou colti un attimo prima dell’attentato. Il re indossava una feluca che ne sottolineava l’aria da monarca balcanico, un po’ da operetta, mentre il ministro, abito scuro, barba bianca e occhiali, esibiva anche per contrasto un tratto spiccatamente borghese».

Serra osserva la scena seduto su una poltroncina in una sala di proiezione all’interno di Palazzo Venezia, dove lui e Carruezzo sono stati convocati direttamente dal Duce per rendere conto delle indagini svolte. Avrebbero dovuto esserci anche loro «alle sedici e quindici minuti del 9 ottobre 1934, all’incrocio tra Place de la Bourse e la Canebière, nel punto indicato sulla lettera dell’Hotel del Londres, il punto dove il re di Jugoslavia e il ministro Barthou trovarono la morte». Ma così non fu: per via di nuove e impreviste circostanze – che lasciamo scoprire al lettore – Carruezzo e Serra si trovavano altrove, in quel momento...

Ancora una volta, fatti e volti di singoli individui emergono dall’immaginazione e prendono corpo sullo sfondo della grande storia, quella reale e collettiva. E, ancora una volta, è proprio lì, nel punto di intersezione tra memoria e fantasia, tra microstorie e macrostorie, che nasce un romanzo.

 

Eliana Grande

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno V, n. 48, agosto 2011)

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