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Corsi e concorsi (a cura di Carla Campana)

La leggenda di Alarico
e il suo eroico valore
attraverso la tradizione
e la cinematografia

di Angela Galloro
Un concorso indetto dal Comune di Cosenza che premia il corto migliore,
quello che ha saputo cogliere la storia e le antiche suggestioni della città


«Eppure le pietre vibravano sotto i miei piedi, sembrava volessero raccontarmi qualcosa, storie tramandate di generazione in generazione al cui richiamo non riuscivo a sfuggire... Alarico».

Una leggenda che dura milleseicento anni quella del sovrano dei Visigoti dall’imperitura fama, celebrata dal Comune di Cosenza con un bando di concorso dal tema Ho visto un Re… Corto in cui si sono cimentati sette registi dell’hinterland cosentino. Il premio è stato assegnato al cortometraggio di Alessandro Sammarra, Alarico, prodotto dall’Associazione socioculturale “OcchiettiNeri”. Si tratta di un lavoro articolato e complesso che annovera soggetto e sceneggiatura di Elisabetta Ricci, altresì unica attrice della docufiction, di cui la fotografia e il montaggio sono di Alessandro Sammarra, le voci narranti di Elisa Ianni Palarchio e Francesco Tricoli, le riprese di Marcello Vocaturo, la consulenza tecnica di Costantino Sammarra, la segreteria di edizione a cura di Maria Romina Calabrese, e realizzata con la collaborazione della Vm Produzioni video.

 

Il premio

Lo scorso 17 febbraio, presso la Casa delle Culture, la commissione giudicante ha insignito Alessandro Sammarra del premio con un’entusiastica motivazione: «il cortometraggio risponde in maniera efficace ai tre punti dell’art. 1 del bando, ovvero tema della sceneggiatura, ambientazione e genere cinematografico al quale attenersi. Un viaggiatore del tempo e dello spazio ci guida e ci accompagna in visita ai luoghi, alla storia, alla poesia della città. Immagini del Mab introducono e collegano la città nuova al centro storico, testimoniando la continuità della tradizione culturale di Cosenza. L’immaginario collettivo riaffiora dalle acque dei fiumi, dagli scorci di antiche mura, da viottoli scoscesi, da panorami familiari, conosciuti, ma sempre nuovi e che ci permettono ad ogni nuova visione di riscoprire nuove emozioni. Sono mute le pietre, ma ricordano, ri-narrano un passato che deve e può indicarci nuovi e migliori sentieri da ri-percorrere nel presente, oggi, e nel futuro, domani. Alarico e la sua eredità».

La trama si sviluppa in un’atmosfera magica: una misteriosa donna giunge in Calabria dalla Provenza e, affascinata dalla leggenda di Alarico, dopo accurati studi e ricerche sulla figura tanto affascinante quanto ambivalente del re dei Visigoti, si pone sulle sue tracce. Sanguinario condottiero o fiero e tenace sovrano barbaro che osò espugnare Roma per riscattare il suo popolo? Quella di Alarico è una storia scritta dai vincitori o dai vinti? L’ambiguità dell’eroe diventa così tema centrale.

 

Trame di un passato magico

La docufiction di Alessandro Sammarra si sviluppa su due piani narrativi. Accanto ai fatti storici di cui è protagonista Alarico, ricostruiti sulla base delle fonti, emerge l’umanità di un uomo che attraversò l’Europa e che passò alla storia per essersi distinto, nel bene e nel male. L’anelito alla libertà per il suo popolo e lo spirito di conquista lo animarono lungo il viaggio che lo portò sino in Calabria.

L’enfasi si sposta solo di rado sul famigerato tesoro. È la misteriosa donna francese che catalizza l’attenzione dello spettatore, nel suo andare, nel suo infaticabile peregrinare  senza meta come un’antica nomade senza storia.

La protagonista, infatti, è alla ricerca di se stessa: una ricerca introspettiva che la porta a misurarsi con una leggenda lontana milleseicento anni, che la conduce in luoghi incantevoli, da lei mai visitati prima, quasi stregati, sino a farle vivere la sua visita a Cosenza come una lunga sequela di déjà vu.

Alla sua riflessione sul senso della vita, della storia, dei corsi e ricorsi storici, si accompagna una straordinaria capacità di lettura dei segni del tempo, rivelati dalle mura sgretolate ed erose dall’inevitabile divenire, dai palazzi dismessi e abbandonati. Nell’opera di Sammarra la storia e l’arte antica si fondono con le architetture moderne, in un connubio meticolosamente documentato e sempre ben inserito nel contesto narrativo.

I vicoli, le corti, gli antichi edifici quasi d’incanto si tingono dei colori del passato, come se l’inoltrarsi nell’antica Cosenza rappresentasse un risalire all’indietro nel tempo, il quale, faticoso, lento e inesorabile, racconta amore, morte e distruzione attraverso gli occhi della misteriosa donna provenzale e quelli della fanciulla presa in ostaggio da Alarico, la nobilissima Galla Placidia. A seguito della morte del re barbaro, l’imperatrice, che seppe tenere le redini dell’immenso impero romano, fu portata in Provenza da Ataulfo, cognato di Alarico.

La donna francese si reca sulle sponde di un fiume silenzioso, ne saggia il greto sassoso che si staglia quasi bianco nell'imbrunire della storia. Lenti, eterni crepuscoli i suoi sogni e i suoi desideri. Il rimpianto per un tempo mai vissuto riaffiora dalle acque in un chiarore crescente e denso di emozioni.

Il cielo appare greve e carico di ricordi. Il rovello dei pensieri si acquieta e si distende in un fiume in crescendo che rappresenta Alarico, non già la sua leggenda bensì la sua storia,  quella di un uomo con passioni e fragilità, prima ancora che fiero condottiero.  

Quel fiume oggi è lo stesso di allora, la natura che ne lambisce le rive è sempre uguale a se stessa, selvaggia, impetuosa, dolcemente ammantata dei colori tenui e delicati della poesia.

 

Angela Galloro

  

(www.bottegascriptamanent.it, anno V, n. 42, febbraio 2011)

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
Progetto grafico a cura di: Fulvio Mazza ed Emanuela Catania. Realizzazione: FN2000 Soft per conto di DAMA IT