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Direttore editoriale: Maria Ausilia Gulino
Anno III, n° 19, Marzo 2009

nella voragine
di una borgata
di Lorenza Rodio
Dalla giovane Csa editrice,
una storia d’intense passioni
che agitano un paese rurale
L’immagine pacifica e benevola di un paese che vive ancora di antiche tradizioni, lavori artigianali e rapporti dettati più dal dovere che dai sentimenti, non sembra essere scalfita dalla fretta e dalla smania di cambiamento e mercificazione della società moderna. Questa è la superficie, senza parvenze di mistero, che ci viene narrata nel romanzo Il garzone del maniscalco (Csa editrice, pp. 96, € 12,00), di Vincenzo Lista, nato a Cerenzia, in provincia di Crotone, nel 1937. L’autore esordisce con un romanzo di facile lettura, dove per facilità s’intende la capacità di narrare, con un linguaggio secco e senza fronzoli, un mondo che si cela sotto la normalità della vita di paese. A volte, la semplicità è un dono, soprattutto quando ci si abbandona alla descrizione di profonde passioni che non hanno bisogno di termini aulici, capaci di annoiare e raffreddare quella tensione tipica della sensualità.
Come ne I Malavoglia di Verga, i personaggi portano nomi tipici: mastr’Antonio, Maria, Teresa, Turuzzo, lontani dai canoni odierni di discutibile adattamento a modelli che vengono dall’estero. Non incontreremo quindi, donne dai nomi francesi o inglesi, non c’imbatteremo in creature che vestono abiti pregiati o s’imbellettano con gioielli costosi. Tradizione, sembra essere la parola chiave di questo romanzo; il continuo battere del maniscalco sull’incudine per forgiare il metallo, è l’unico sottofondo musicale ad una scia di passioni, tradimenti e sangue, il lavoro campestre dei contadini e le faccende domestiche delle donne ci accompagnano fino all’ultima pagina. Soltanto alla fine, con l’evoluzione e la risoluzione degli eventi, la vita di paese lascia finalmente spazio ad una parvenza di modernità, perché paradossalmente un fatto di cronaca apre nuovi spiragli, vie di fuga per vari personaggi e soprattutto per il protagonista, Turuzzo. Quest’ultimo rappresenta la freschezza e l’ardore della prima giovinezza, combattuto tra il richiamo della passione mista all’erotismo e la ragione, il rispetto di valori importanti, come l’amicizia. Egli tradisce, infatti, il legame di rispetto e fiducia intrecciato con mastr’Antonio, per consumare attimi di intensa passione con la moglie del maniscalco, la signora Mariantonia. Questa rappresenta la tipica donna del desiderio, poiché non un reale sentimento spinge il protagonista sedicenne a rincorrerla nei pensieri, bensì una fame sensuale che lo rende bramoso di un amore che non ha nome, perché ha tante, troppe sfaccettature.
Tra apparenze e salvaguardia dell’onore
Nonostante la storia sia narrata, a nostro avviso, da un punto di vista “maschile”, con un linguaggio esplicito circa gli incontri amorosi, le donne rappresentano il motore che tutto spinge e tutto fa muovere. Si tratta di affascinanti e calde creature dalle forme generose che ricordano un po’ le matrone di Botero, simbolo di una bellezza fuori moda in una società dove la magrezza e l’artificialità sostituiscono il vero. Le donne di questo romanzo sono aperte, disponibili, calorose, pronte ad accogliere, ma anche a rifiutare e tradire, sono come sirene il cui richiamo rimbomba nella mente del protagonista, la cui unica preoccupazione è l’amore. Egli si trova combattuto tra la sensualità viscerale di Mariantonia, il romanticismo malinconico di Maria e la triste convenienza economica che gli deriverebbe dal suo eventuale matrimonio con Teresa, non bella ma innamorata di lui, seria e di buona famiglia, in sintesi la tipica brava ragazza. E poi c’è Serafina, madre di Maria, giudicata con disprezzo dalle altre donne che gridano allo scandalo, perché pronta a soddisfare, dietro compenso e soprattutto senza alcun coinvolgimento sentimentale, le voglie di tutti gli uomini, magari anche quelle dei loro mariti. La loro gelosia ricorda «l’ira funesta» delle donne di paese, cantata da De Andrè in Bocca di rosa, scandalizzate dall’arrivo di una creatura capace di ammaliare tutti gli uomini, «dal commissario al sagrestano». Infine ricordiamo la madre di Turuzzo, preoccupata per il futuro e le cattive frequentazioni del figlio, impegnata nella crociata contro Serafina e nell’impresa di aiutare Teresa a conquistare il cuore di suo figlio, uno sforzo non disinteressato.
La donna mamma, la donna oggetto del desiderio, la donna schiava e padrona delle sue stesse voglie, la casta, la pura, la traditrice, la sirena, l’astuta e la sciocca, donne descritte come docili prede, si trasformano in “carnefici” di un uomo che le ama, le rincorre, le desidera fino allo struggimento.
Salvare le apparenze e il proprio onore sembra essere la preoccupazione principale dei personaggi di questo romanzo, e proprio quelli che giudicano gli altri nascondono vili segreti. La maldicenza primeggia sulla verità che viene detta sottovoce, in un piccolo paese dove ci si chiama per nome o soprannome, dove ci si conosce tutti e tutti sanno, o peggio immaginano, i particolari della vita di ogni compaesano. La realtà, infatti, non è quella riportata dai pettegolezzi delle donnette, risiede, invece, nella passione che anima le figure del romanzo.
Non conviene ergersi a giudici delle azioni dei personaggi, perché queste sono testimoni della loro umanità. Senza retorica dobbiamo ammettere che spesso la passione, intesa nella totalità del suo significato e dunque non solo come componente dell’amore, è in grado di vincere sulla ragione. Si vuole gettare luce su sentimenti discordanti che appartengono a tutti, perché è possibile che a volte l’amicizia o l’amore vengano insidiati dal tradimento, è ancora possibile che la protezione mostrata verso il partner sia pura gelosia, insicurezza o peggio volontà di possedere l’altro. La santità è concessa a pochi eletti in questo mondo, tutti gli altri preferiscono rincorrere la normalità che, seppur relativa, è comunque una parvenza di umanità.
La difesa ad oltranza dei buoni sentimenti non deve escludere l’esistenza e la tentazione che il loro esatto contrario esercita su ogni essere umano. L’apparenza, inoltre, non deve trarre in inganno, perché donne tacciate di malaffare, come Serafina, in realtà hanno il cuore buono, una generosità sconosciuta alle altre che la giudicano. Allo stesso modo e in senso contrario, una figura apparentemente bonaria come Geppino, considerato lo “scemo del villaggio”, nasconde un violento rancore e una voglia di vendetta, ignorata da chi ne avrebbe il diritto, perché tradito.
Un paese sonnecchiante pullula di vita sotterranea, come quella che scorre nelle vene di ogni personaggio. Ci chiediamo perché, dunque, quelle stesse figure che nel romanzo hanno agito fin dal primo capitolo, soffrendo, sognando, alla fine preferiscono accettare la realtà e lasciare le cose al loro posto. Forse perché tramortiti dagli eventi accaduti? Forse per paura di rimanere soli o semplice timore del cambiamento? Si può attendere una persona per l’eternità? Probabilmente sì, nel segreto del proprio cuore. Ma la vita, intanto, cambia e continua.
Lorenza Rodio
Elisa Calabrò, Mariangela Monaco, Maria Paola Selvaggi, Tiziana Selvaggi
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Natalia Bloise, Pierpaolo Buzza, Elisa Calabrò, Maria Franzè, Anna Guglielmi, Luisa Grieco e Mariangela Rotili, Angela Potente, Francesca Rinaldi, Maria Paola Selvaggi, Tiziana Selvaggi