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Anno II, n° 12 - Agosto 2008
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Letteratura contemporanea (a cura di Maria Franzè) . Anno II, n° 12 - Agosto 2008

Zoom immagine Vita, cuore ed anima di un narratore regionale
di Margherita Amatruda
Una biografia dell’intellettuale “senza titolo di studio” Nicola Misasi
in saggio edito da Brenner in associazione con il Centro Jazz Calabria


Una biografia inedita di Nicola Misasi attraverso i suoi scritti, dai primi componimenti giovanili alle opere della maturità. È questo che ci propone Claudia Misasi, pronipote del letterato calabrese, nel suo libro Nicola Misasi tra le righe. Una vita, tante storie (Brenner editore ed Edizioni Cjc, pp. 160, € 14,00), frutto della collaborazione che l’autrice ha prestato al Centro Jazz Calabria di Cosenza, per la realizzazione del film Anima Rerum, documentario sulla vita di Misasi. L’autrice, nel chiaro tentativo di essere imparziale (vista la parentela con il letterato) resta estranea alla narrazione e fa in modo che sia lo stesso Misasi a parlarci di sé. Attraverso le poesie, i racconti, i discorsi dell’avo, desidera, come viene detto nella Prefazione, «[…] restituirci un Nicola Misasi, per quanto possibile, senza mediazioni appunto, da leggere più tra le sue proprie righe, piuttosto che dalla rilettura o interpretazione di altri».

 

Un intellettuale “senza titolo di studio”

Nicola Misasi nasce il 4 maggio 1850 forse a Cosenza o forse a Paterno Calabro, paesino posto sulle colline del cosentino, luogo di origine della sua famiglia. Poche sono le notizie note sulla sua formazione culturale, poiché gran parte della biblioteca di casa e dei suoi scritti autografi sono andati smarriti durante la Seconda guerra mondiale. Di certo attraversa un’infanzia irrequieta ed è (per quei tempi) uno studente indisciplinato, tanto che nel 1862 (all’età di 12 anni) viene espulso da tutte le scuole del Regno per quattro anni. Rientrato a scuola, dopo aver scontato la punizione, viene nuovamente bocciato, probabilmente sempre per problemi disciplinari, e così abbandona definitivamente la carriera scolastica. Suo unico titolo di studio è la promozione alla seconda classe ginnasiale. Alle fredde mura scolastiche il giovane Nicola preferisce lunghe passeggiate all’aria aperta. Ama fermarsi a leggere sotto un vecchio ulivo. Egli stesso in uno dei suoi scritti afferma: «[…] E sotto quell’albero più e più volte centenario avevo iniziato i miei studi; ero un reprobo della scuola, un alunno indisciplinato […]. Io invece studiava là sotto gli ombrosi rami del venerando ulivo: sentivo uno sconfinato amore per la lettura, amore sconfinato, a cui ora debbo tutte le gioie della vita che mi resta a vivere». Da autodidatta perfeziona la sua preparazione umanistica, divorando i testi contenuti nella biblioteca paterna e in quelle degli amici di famiglia. La sua sete di conoscenza, il suo desiderio di esplorare la vita lo spingono ad essere un acuto osservatore e uno straordinario interprete del tempo e della società in cui vive. Ad influenzare la sua opera letteraria, infatti, oltre alla lettura degli autori del tempo, concorre in massima parte l’esperienza fatta, accompagnando il padre nelle sue ispezioni alle carceri del Regno, della realtà sociale che lo circonda.

 

Misasi e il brigantaggio

Già da bambino Misasi ascolta le storie sui briganti che sua nonna e la zia Nicolanna amano narrargli e ne rimane affascinato. Durante i suoi viaggi col padre, poi, a contatto con la dura e misera realtà delle carceri, questo suo interesse si rinnova. Nelle sue novelle, nei suoi romanzi, Misasi parla spesso dei briganti, narra «le audaci imprese brigantesche, le storie truci e insieme pietose» come afferma egli stesso. Ma questo non deve trarci in inganno, perché se da un lato lo scrittore calabrese propone una visione romantica del fenomeno, facendo dei briganti degli eroi che si ribellano all’oppressione francese, dall’altro ha parole aspre di condanna verso il famigerato brigante Musolino che gli chiede di scrivere di lui.

«No, caro Musolino, tu sarai un disgraziato come vuoi e come dici, ma io non scriverei mai di te; il mio brigante non è colui che uccide». Addirittura Misasi tiene a sottolineare che l’appellativo “brigante” riferito a Musolino è assolutamente improprio. «La cosa strana è questa – dice – che Musolino, l’omicida di Reggio […] non è punto un brigante, eppure per lui è tornato di moda, per dir così, il brigantaggio, com’era di moda quando io pubblicai sedici anni or sono i “Racconti calabresi” e “In Magna Sila”. […] L’omicida di Reggio, scrissi io, non è un Carlo Moor, un Ernani, un Ettore di Serralta, protagonista del mio romanzo Senza dimani, anime assetate di libertà e di giustizia che sorgevano per difendere i deboli contro i forti, gli oppressi contro gli oppressori…».

 

Tra Napoli e Roma

Nel 1880 si reca a Napoli, dove inizia il periodo più importante della sua vita di scrittore. Qui è accolto con entusiasmo da Martino Cafiero, direttore del Corriere del mattino e molti dei critici letterari del tempo, tra cui Benedetto Croce e Natalino Sapegno, si interessano al suo pensiero e alle sue opere. È in questi anni che si dibatte se Misasi si debba collocare nel Romanticismo o nel Verismo.

Il letterato è completamente conquistato da Napoli e in una lettera ad un’amica, datata 5 settembre 1880, dichiara tutto il suo amore per questa città. La popolarità dell’autore va via via crescendo, destando l’interesse di giornalisti e scrittori dei più alti circoli letterari, tra i quali Gabriele D’Annunzio, Salvatore di Giacomo, Eduardo Scarfoglio e Matilde Serao. È stimato ed apprezzato dal pubblico, soprattutto quello femminile. Nel 1882 si trasferisce a Roma, dove vivrà per due anni. L’opportunità del trasferimento gli viene offerta da Ferdinando Martini, che lo vuole come collaboratore al Fanfulla della Domenica (periodico fondato dallo stesso Martini nel 1879). Nella capitale Misasi collabora con diversi giornali, ottenendo molti consensi ed entra a far parte del celebre cenacolo che raccoglie, attorno all’editore Angelo Sommaruga, scrittori quali Giosuè Carducci e Gabriele D’Annunzio. Negli anni trascorsi tra Napoli e Roma, si può notare come progressivamente la sua produzione poetica ceda il passo ad una narrativa di carattere sociale.

Nel 1884, lo scrittore torna in Calabria e grazie ai suoi meriti artistici, pur non essendo laureato, ottiene la nomina straordinaria di professore di Letteratura italiana, con un decreto ministeriale, emesso in base alla Legge Casati. Sua prima destinazione è il Liceo “Filangieri” di Monteleone (odierna Vibo Valentia). Nel 1894 viene trasferito al Liceo classico “Bernardino Telesio” di Cosenza, dove insegnerà fino al 1921, anno in cui sarà costretto a ritirarsi dall’insegnamento per raggiunti limiti di età.

 

L’opera di Nicola Misasi

Il periodo più florido dell’opera narrativa di Misasi è quello che va dal 1880 al 1907. In quegli anni pubblica: Marito e sacerdote (1883), Femminilità (1887), Anima Rerum (1889), Senza dimane (1891), O rapire o morire (1892), Mastro Giorgio (1892), Resurrezione (1892), Storia d’amore (1893), L’assedio di Amantea (1893), Sacrifizio d’amore (1894), Carmela (1899), Il gran bosco d’Italia (1900), Il romanzo della rivoluzione (1904), Il tenente Giorgio (1904), Anime naufragate (1905), Briganteide (1906), La mente e il cuore di San Francesco di Paola (1907) e molti altri ancora. Al centro della sua opera c’è sempre la Calabria, con i suoi paesaggi, i suoi costumi e le tradizioni, le sue vicende storiche. Nicola Serra a proposito dello scrittore calabrese dice: « […] Scrivesse poesie, novelle, romanzi, articoli su quotidiani; tenesse conferenze […] l’anima, la penna, la parola erano sempre in servigio dei dolori e dei bisogni della propria terra dimenticata o non abbastanza ricordata; erano per questa sua Calabria, per questa sua Cosenza, per le virtù palesi e nascoste germinanti in questi luoghi doviziosi di storia e poveri di fortuna; ed anima, penna, parola avevano irresistibili richiami fascinosi, teneri nostalgici rimpianti, aspirazioni veementi, entusiasmi generosi».

All’inizio del secolo Misasi si dedica quasi esclusivamente al genere del romanzo. La sua fama ha raggiunto gran parte d’Europa, la Tunisia, la Turchia e l’America Latina.

Nel periodo che precede la Prima guerra mondiale, il letterato non compone altre opere ma viaggia molto in Italia e all’estero poiché invitato a tenere diverse conferenze. Sempre in quegli anni scrive diversi articoli nei quali si scaglia contro coloro che danneggiano la Calabria, affermando che tutta la sua opera è dettata dalla volontà di difendere «un popolo generoso, calunniato dagli storici della Rivoluzione». Nel 1921 pubblica il suo ultimo romanzo, Il dottor Andrea e l’anno seguente si trasferisce a Roma per stare vicino ai figli. Qui il 20 novembre 1923 si spegne in seguito a problemi cardiaci. La salma viene trasferita a Cosenza e anche se Misasi non è iscritto al partito fascista, Benito Mussolini ne ordina i funerali di stato.

 

Margherita Amatruda

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno II, n. 12, agosto 2008)

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