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Anno II, n° 9 - Maggio 2008
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Comunicazione e Sociologia (a cura di Pierpaolo Buzza) . Anno II, n° 9 - Maggio 2008

Zoom immagine La straordinaria vita politica
di un ambasciatore italiano:
la sua lunga vita nel mondo
fu un’Avventura diplomatica

di Alessandra Morelli
Autobiografia intensa, ricca di incontri
con eminenti politici. Edita Rubbettino


«La terminologia in uso per indicare la partenza del diplomatico è quanto mai pertinente ed esatta perché la professione del diplomatico è una vera missione. Alle doti personali deve accompagnarsi lo spirito del missionario e solo così potrà avere successo». Sono queste le parole che Francesco Mezzalama usa in una breve premessa al suo L’avventura diplomatica. Ricordi di carriera (Prefazione di Pietro Pastorelli, pp. 298, € 22,00, Rubbettino). Il testo che ripercorre i ben cinquantadue anni di carriera diplomatica svolti dall’autore in attività istituzionali e governative, soprattutto in ambito internazionale, è davvero il racconto di una vita avventurosa e, come afferma lo stesso Pietro Pastorelli – presidente della commissione pubblicazione documenti diplomatici – avrebbe potuto titolarsi “Autobiografia”, data la vastità e minuziosità con cui i ricordi sono riportati e perché un tal tipo di lavoro va spesso a coincidere strettamente con la vita personale del funzionario di stato. L’autore sottolinea come l’esperienza da ambasciatore fornisca la “fortuna” di incontrare  personalità della politica interna ed internazionale, uomini che professionalmente e umanamente si rivelano interlocutori di prestigio e di alto rango; altro aspetto affascinante di questa professione è l’altrettanto grande opportunità di osservare da vicino e in maniera dettagliata popoli, paesi e situazioni che si svolgono in condizioni spesso disagiate, problematiche.

 

Inizio di carriera

Francesco Mezzalana, laureatosi in Giurisprudenza e Scienze politiche a Torino, vinse il concorso di diplomazia nel 1951 e iniziò la sua carriera nel Dipartimento di Servizio Affari Generali per passare in breve tempo a quello del Cerimoniale dove svolse compiti relativi all’accoglienza di ospiti di medio rango, all’organizzazione di colazioni e al rilascio di autorizzazioni particolari.

Secondo incarico, ben più interessante del primo, fu alla Segreteria generale che lo vide dal 1953, per circa due anni, adempiere compiti di segreteria per il segretario generale, l’ambasciatore Vittorio Zoppi, e che gli diede la possibilità di essere testimone dell’intricato retroscena del processo diplomatico sulla questione di Trieste, degli inerenti intrecci tra politica estera e politica interna. A tal riguardo vengono riportate le pagine del suo diario attraverso le quali l’autore ci narra il clima di Palazzo Chigi in un periodo di frequenti alti e bassi, speranze e disillusioni relative al problema triestino.

 

Le prime sedi diplomatiche estere

Dal 1954 in poi le partenze verso le sedi diplomatiche estere: prima fra tutte l’ambasciata a Buenos Aires dove Mezzalama poté analizzare da vicino il regime fascistoide che Juan Domingo Perón aveva instaurato nel 1946 e assistere anche al suo crollo. Il peronismo si fondava su un populismo demagogico che faceva presa sulle masse attraverso propaganda e indottrinamento; i settori su cui si reggeva l’economia erano l’agricoltura e l’allevamento del bestiame ma allo stesso tempo si cercava di far decollare lo sviluppo industriale puntando sulla valorizzazione dei prodotti nazionali attraverso l’introduzione di un regime autarchico.

Già a partire dal 1954 il governo si stava indebolendo, non solo per i poco fruttuosi risultati economici, ma anche a causa di difficoltà sia con la Spagna, che lo accusava di non aiutare il franchismo, sia con la Chiesa cattolica che ostacolava l’introduzione del divorzio voluto invece da parte della società civile. La situazione cominciò a precipitare nel giugno del 1955 quando fu imposto il divieto di svolgere la tradizionale processione del Corpus Domini che innescò una scalata di disordini e violenze, finché il regime emanò, in risposta alla scomunica da parte del Papa contro quanti avevano violato i diritti della Chiesa, misure contro la religione cattolica abolendola come religione di stato. Tra il 16 e il 19 settembre Buenos Aires passò nelle mani del gen. Linardi mentre Perón chiedeva asilo all’ambasciata del Paraguay per rifugiare il 5 ottobre a Panama.

Dopo due anni dalla fine del peronismo Mezzalama visse, prima, una doppia esperienza consolare, dal 1957 fino al 1960, a Cleveland e, dal 1960 al 1963, a Parigi, per poi passare all’ambasciata di Damasco entrando così in contatto con il Medio Oriente, area di grande interesse.

I ricordi in relazione a quest’ultima esperienza si focalizzano sulla questione politica interna della Siria che viveva allora un momento particolare a causa di difficoltà interne che rendevano tortuoso il cammino del paese verso l’indipendenza, sulla collaborazione economica con l’Italia la cui realizzazione più importante era la costruzione dell’oleodotto del Karaciuk, sulla scoperta italiana della mitica Ebla e quindi di un interesse per la Siria anche archeologico e culturale.

 

Di ritorno a Roma

A termine dell’esperienza a Damasco e dopo quattordici anni all’estero l’autore fu richiamato a Roma e assegnato agli Affari Economici, incarico grazie al quale poté far parte della delegazione che accompagnava il presidente della Repubblica Saragat e il ministro degli Esteri Fanfani in un viaggio di tre settimane che avrebbe toccato tappe quali Canada, Stati Uniti, isole Fiji, Australia, Singapore e Arabia Saudita; un viaggio di pace che aveva come scopo quello di ribadire (soprattutto con Usa e Canada) la validità dell’Alleanza Atlantica che era il punto cardine della politica estera italiana.

Dal maggio del 1968 il racconto riguarda nuovamente un altro incarico ovvero quello di consigliere diplomatico del presidente della Repubblica, ruolo che fu ricoperto da Mezzalama per otto anni, in parte sotto la presidenza Saragat e in parte sotto quella Leone.

Ci vengono così descritte le rispettive personalità dei due capi di stato, i loro modi di lavorare, i momenti più importanti dell’attività internazionale e le visite in Italia di personaggi politici eminenti tra cui il presidente Richard Nixon, il negus Hailé Salassié, il maresciallo Josip Broz Tito, sotto Saragat; il presidente George Pompidou, il presidente Mobutu Sese Seko (citato come originale bizzarro), il presidente Nicolae Ceausescu, il presidente Anuar Sadat, sotto Leone.

Importante citare anche la visita ufficiale di Leone negli Stati Uniti nel settembre del 1974 di cui, oltre ai temi della politica estera analizzati nei vari colloqui come la situazione in Medio Oriente, la fedeltà italiana al Patto Atlantico e la sicurezza europea, si ricorda la chiara antipatia tra il ministro degli esteri italiano Aldo Moro e il sottosegretario di stato americano Henry Kissinger.

 

Ambasciatore italiano in Iran e ispettore Onu

Dopo ben otto anni presso la presidenza della Repubblica l’autore sentì il bisogno di «rientrare nel solco tradizionale della diplomazia», rientro che, dopo quattro anni come ambasciatore in Marocco, dal 1980 al 1983 come ambasciatore in Iran, gli consentì di assistere in prima persona ad uno dei momenti storici di più grande rilievo: la rivoluzione Khomeinista, la presa in ostaggio dei diplomatici americani nell’ambasciata statunitense a Teheran e la guerra tra Iraq e Iran.

Mezzalama racconta i vari colloqui con il presidente della Repubblica Pertini e diversi ministri tra cui Andreotti e Colombo che gli diedero consigli e avvisi data la pericolosità della nuova missione e, prima di entrare nella specificità dei fatti che la caratterizzano, e per renderli più chiari al lettore, descrive brevemente il passaggio in Iran da una monarchia che si stava avviando verso un moderno modello di progresso a una repubblica islamica che impose un regime teocratico e di assoluto rigore islamico.

Vengono tracciati in modo dettagliato la cattura, la prigionia degli ostaggi nell’ambasciata americana a Teheran, il fallito tentativo di liberarli nel 1980 da parte degli Usa, le numerose iniziative internazionali relative a tale causa tra cui quella del Nunzio Apostolico mons. Annibale Bugnini mossosi su istruzione del Papa e infine la liberazione a cui precedettero settimane frenetiche soprattutto a causa delle condizioni ultimative poste dall’Iran. Il 20 gennaio 1981 con soddisfazione di tutte le condizioni iraniane la liberazione ebbe luogo.

Altra parte importante del racconto inerente l’esperienza svolta nell’ambasciata a Teheran è quella dedicata al conflitto tra Iran e Iraq (protrattosi dal 1980 per otto anni) del quale si spiegano le motivazioni interne ed internazionali, ma anche i problemi che si crearono nei rapporti italo-iraniani nell’ambito della collaborazione economica per via del blocco delle forniture militari causato dalle sanzioni e dell’embargo; situazione che rese difficile l’azione diplomatica.

In mezzo a tanti avvenimenti Mezzalama non poteva non riportare le proprie impressioni sui principali attori della scena iraniana con i quali furono rari gli incontri e impossibile un dialogo politico equilibrato. Fra i maggiori l’Ayatollah Khomeini, il presidente della Repubblica Bani Sadr, il Primo ministro Mohamed Alì Rejai e l’Ayatollah Mohamed Hossein Beheshti, teologo della rivoluzione.

Conclusasi l’esperienza iraniana “l’avventura diplomatica” – dopo una breve parentesi come consigliere di Stato – dal 1983 fino al 2002 continuò in ambito Onu, prima per presiedere alla Commissione dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite, esperienza considerata da Mezzalama particolarmente interessante in quanto univa al multilateralismo proprio dell’Onu una valenza etico-giuridica legata alla tutela dei diritti umani, poi come ispettore in un organismo di controllo amministrativo e finanziario ovvero la Joint inspection unit la quale prevedeva lo svolgimento di un’attività multiforme.

Nel gennaio del 2003 a settantotto anni e con ben cinquantadue anni di carriera Francesco Mezzalama lasciò Ginevra, sede del suo ultimo incarico, congedandosi così dalla sua attività e ponendo fine ad una straordinaria carriera che gli permise il privilegio di assistere a vicende di grande interesse e gli diede la possibilità di vivere la storia e la politica internazionale in maniera diretta e coinvolgente: un’avventura che va davvero a coincidere con la vita personale di un uomo.

 

Alessandra Morelli

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno II, n 9 , maggio 2008)
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