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Anno VII, N. 66, febbraio 2013

in un cupo giorno
in via Fani a Roma
di Rossella Michienzi
Da Ferrari, densa cronaca romanzata
in cui rivive la tragedia del caso Moro
I libri hanno un potere grandissimo, ossia quello di impedire l’oblio, di mantenere viva la memoria di episodi passati. I testi a sfondo storico, caratterizzati dall’inevitabile necessità di dare voce agli eventi in maniera obiettiva, costituiscono un bene prezioso, in quanto offrono la possibilità di venire a conoscenza della storia dell’uomo, delle diverse realtà politiche e socioculturali e delle loro evoluzioni. Scrivere di Storia o, più specificatamente, di personaggi storici significa, tra le altre cose, rendere “immortali” uomini o donne che hanno avuto il coraggio di credere fino in fondo ai propri ideali, senza mai perdere di vista il bene comune. È il caso di un grande leader politico italiano: Aldo Moro. A lui il professore rossanese Salvatore Martino, caratterizzato da una forte passione educativa e da un peculiare senso di responsabilità, ha dedicato un intero libro, un romanzo storico dal titolo Aldo Moro. Il seme amaro della speranza (Ferrari editore, pp. 232, € 15,00).
La Storia e una storia oltre la mitizzazione
Il romanzo storico di Salvatore Martino si rende veicolo di un duplice racconto: quello riguardante gli eventi caratterizzanti della storia politica, sociale e culturale italiana e quello legato alla storia di un uomo, Aldo Moro, il cui percorso di vita si è intrecciato indissolubilmente alle vicende di quegli anni. È di estremo interesse il peculiare punto di vista proposto dall’autore; egli, infatti, offre ai suoi lettori la possibilità di interpretare la vita di questo personaggio in modo del tutto innovativo, presentandola non come il prologo del suo destino amaro ma come l’esperienza di un uomo che non ha mai smesso di credere che qualcosa potesse cambiare. Martino tenta di andare oltre la mitizzazione del personaggio.
Aldo Moro è stato colpito da un doppio tragico destino: se, da un lato, ha sofferto il rapimento, la prigionia e la barbara condanna a morte, dall’altro, quarant’anni d’importante protagonismo politico hanno rischiato di essere offuscati dal “drammatico incidente” che ha sottratto un grande uomo della storia italiana, oltre che ai suoi cari, anche alla società. La figura di Aldo Moro, la sua centralità in tutti i passaggi-chiave della nostra storia, dal Fascismo alla fase costituente, per passare ai governi del miracolo economico fino al centro-sinistra e agli anni bui della contestazione e del terrorismo, finisce per essere schiacciata sulla disamina, quasi morbosa, di quei tragici cinquantacinque giorni di sequestro precedenti l’uccisione. Ma Aldo Moro è stato molto più delle sue lettere dal carcere, del suo memoriale e della tragica alternativa tra il negoziato e la fermezza. Martino delinea con grande minuzia di dettagli il percorso politico e umano dello statista, aprendo nuovi spunti per l’analisi della sua vita e delle sue idee.
Aldo Moro e l’idea di una nuova società
Tra il Secondo dopoguerra e gli anni ’70, sorgeva, dalle macerie di un’Italia dilaniata dal conflitto mondiale, una flebile speranza di rinascita, una nuova idea di stato e, quindi, di società. In questo, che fu uno dei momenti più difficili nella storia del nostro paese, si fece sentire sempre di più la voce di un uomo che aveva deciso di lottare per portare avanti delle idee. Moro intendeva fare della politica non più un mezzo per ottenere il potere ed esercitarlo liberamente, facendo il proprio comodo, ma credeva nella necessità di sottoporre la politica ad una metamorfosi che la rendesse uno strumento volto a rappresentare il cittadino, attraverso un rigoroso lavoro nei confronti del paese.
Le due forze politiche che si confrontavano in ogni battaglia elettorale, ottenendo i risultati più significativi, erano proprio le forze che si opponevano ideologicamente e reciprocamente con maggior rigore.
Il centro contro la sinistra, la Chiesa contro il comunismo, la Democrazia cristiana contro il Partito comunista italiano. In un clima teso come quello della politica un grande diplomatico come Aldo Moro aveva proposto di fare un passo fondamentale, muovendo per primo gli animi del proprio partito nei confronti del Pci, azzardando l’idea del “compromesso storico”. Quella che narra Martino è la storia di un giovane, poi uomo, che s’innamora di un’idea, che vi si appassiona, la sceglie, le giura eterna lealtà per poi declinarla in ogni aspetto della sua vita.
Un libro ben scritto, quello di Martino, impreziosito dalla Prefazione di Tommaso Greco, professore di Filosofia del diritto presso l’Università degli studi di Pisa, che decide di calare i lettori in una riflessione su quella che dovrebbe essere una Repubblica democratica: «La democrazia vive di una tensione continua tra realtà e ideale. [...] Quando la bruta realtà prende il sopravvento [...] si parla di crisi della democrazia o addirittura di crisi della politica». Possiamo dire che, in questo, Aldo Moro rappresenta una vera e propria eccezione alla regola, alla tendenza di cui parla Greco. Moro, infatti, è stato un uomo ed un politico in grado di evitare al tempo stesso l’astrattismo inconcludente ed il pragmatismo senza etica. Nel libro, il lettore affronta un percorso che culmina nella comprensione di un personaggio storico e dell’ideale da cui si è sempre fatto guidare nella sua attività pubblica e politico-istituzionale ossia la «costruzione delle condizioni politiche, e poi anche sociali, della convivenza tra le diverse anime di un Paese dilaniato dalle divisioni ideologiche, storiche, economiche». Il Moro che qui si vuole far emergere è quello che non ha mai perso di vista il bene comune, fautore del benessere collettivo e uomo di fede dalla forte connotazione spirituale.
La metafora del titolo incastonata in uno stile originale
L’autore del libro intreccia sapientemente le diverse vicende della vita dell’onorevole Moro. Alle varie tappe storiche si uniscono continuamente, come in un lunghissimo flashback, tutte le mosse, gli spostamenti di una mattina apparentemente tranquilla: la famosa mattina del 16 marzo del 1978.
«Il bel tempo spingeva verso l’ottimismo e invogliava a pensare che tutto, in quella giornata, sarebbe andato nella direzione giusta». Forse questo pensava Aldo Moro mentre si preparava per una giornata cruciale, una giornata in cui avrebbe dovuto recarsi in Parlamento «per la presentazione del programma del IV Governo presieduto dall’on. Giulio Andreotti, che avrebbe dovuto dire la parola “fine” a una delle crisi più lunghe e pericolose del dopoguerra». Attraverso una scrittura originale, il testo si presenta come una completa riflessione dalla duplice prospettiva: quella storica e quella personale, quella degli avvenimenti politico-sociali, e quella delle vicissitudini di un uomo che ha contribuito attivamente al miglioramento dell’Italia. Qui, Salvatore Martino dedica ampio spazio ad un uomo consapevole che un paese cresce e si sviluppa nella misura in cui dispone di risorse da impiegare e da spendere in percorsi vantaggiosi per tutti. Un uomo che ha sempre segnato, in cima alla lista dei suoi innumerevoli impegni, la realizzazione del bene comune. Il libro di Martino è meritorio da ogni punto di vista, specie in un momento di crisi, come quello attuale, in cui riportare alla luce la memoria di un grande politico, ma in primis di un grande uomo, non può che essere un bene per la ridefinizione delle priorità collettive.
Infine, impossibile ignorare il titolo del libro Aldo Moro. Il seme amaro della speranza: la metafora è sottile ma assolutamente efficace. Solo se il seme cessa di esistere, si può ottenere il frutto; quindi, il sacrificio di una vita come quella dello statista e politico italiano rapito e ucciso dai terroristi porta con sé una fine amara che implica al tempo stesso una speranza positiva per il futuro.
Rossella Michienzi
(www.bottegascriptamanent.it, anno VII, n. 66, febbraio 2013)
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