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Editoria varia (a cura di Manuela Mancuso)

Zoom immagine Ascoltare il passato oggi
ci ricorda chi eravamo:
il grande Giorgio Gaber
visto con occhi moderni

di Maria Rosaria Stefanelli
Dalla Fondazione “Gaber” con Sony Music, un omaggio al signor G:
cinquanta rivisitazioni dei testi che hanno segnato la musica italiana


Era l’1 gennaio 2003 quando Giorgio Gaber ha deciso di andarsene. Il primo dell’anno, mica un giorno qualsiasi. Ma c’era da aspettarsi un’uscita di scena singolare da uno come lui: uno che ha sempre schernito le convenzioni, i luoghi comuni, la banalità dell’essere umano ponendoli al centro della sua pungente satira, che non risparmiava l’uomo comune con tutti i suoi vizi e difetti che, quando si rivelavano goffe debolezze, ridimensionavano la sua ironia trasformandola in una accorata tenerezza. Sapeva riempire i teatri regalando emozioni contrastanti, riuscendo a trascinare la sua platea da un lungo scroscio di risate a un commosso silenzio.

Giorgio Gaber – nome d’arte di Giorgio Gaberscik – rifuggiva anche dalla convenzione di essere intrappolato in una definizione univoca. Attore, interprete, cantautore, “cantattore”, sceneggiatore, commediografo, mattatore, filosofo, poeta, voce pura della politica: ciascuna di queste parole esprime una parte consistente della sua personalità, ma nessuna di esse, da sola, basterebbe a delinearla per intero.

Il 13 novembre 2012, a quasi dieci anni di distanza dalla scomparsa dell’artista, la Fondazione “Giorgio Gaber” ha ideato e prodotto, in collaborazione con Sony Music, un progetto che ha poi definito come «la più importante iniziativa dedicata a Gaber dal 2003 a oggi»: Io ci sono (€ 25,90), un cofanetto composto da tre cd, in cui sono state raccolte cinquanta canzoni interpretate dai più importanti esponenti della scena musicale italiana – e, come si vedrà, non solo – che nel corso degli ultimi anni sono saliti sul palco del “Festival Gaber”, un evento organizzato annualmente dalla fondazione per rendere omaggio a questo grande uomo. Cinquanta artisti, pur con diversissime personalità musicali, hanno aderito con entusiasmo a questo progetto, dando vita a un album che anche i più rigorosi estimatori delle versioni originali non stenteranno a trovare originale e interessante.

 

Cinquanta interpreti per cinquanta canzoni

La successione dei brani e la loro divisione nei tre cd segue un ordine cronologico. Si parte dal 1958, anno di incisione del primo brano di Gaber, Ciao ti dirò, fino al 2002, data di Io non mi sento italiano, il suo ultimo lavoro discografico. Il primo cd include, dunque, i primi brani, a partire da quelli più melodici e adolescenziali degli anni ’50-’60 fino ad arrivare ai primi anni ’70, in cui la complessa ideologia dell’artista inizia ad affacciarsi nella sua musica.

Il brano di apertura del primo cd è proprio Ciao ti dirò, l’unico pezzo dell’album interpretato da Gaber in persona, in duetto live con Adriano Celentano durante la diretta della trasmissione 125 milioni di caz...te del 2001. Una sorta di passaggio del testimone che si snoda dalla voce del signor G – non a caso, proprio nella sua ultima esibizione dal vivo – alle voci degli altri, che con i loro appassionati tributi tengono in vita le sue canzoni, manifestando la loro ammirazione e gratitudine per l’immenso patrimonio poetico e musicale da lui ricevuto, come fosse un’eredità da custodire.

A seguire, Renzo Arbore esegue una Non arrossire in perfetto stile swing, che sottolinea tutta la dolcezza del brano. Le strade di notte, dalla voce di Claudio Baglioni, si colora delle tinte tipiche del cantautore romano nella sua versione più introspettiva e, appunto, “notturna”. Segue Roberto Vecchioni, che si diverte e coinvolge il pubblico sulle note della famosissima Ballata del Cerutti. Immancabile Enzo Jannacci, un artista che ha vissuto e lavorato a fianco a Gaber nel periodo giovanile, epoca in cui i due scanzonati ragazzi rock & roll costituirono il duo I due corsari, dando vita ad una proficua collaborazione. Una fetta di limone è il brano scelto da Jannacci come tributo, proposto in una versione molto lenta, quasi parlata. Interessante la rilettura di Dente di Pieni di sonno, che in quest’arrangiamento, potrebbe sembrare quasi un brano del repertorio del giovane cantautore.

Straordinario Daniele Silvestri in Il signor G nasce – “prima ricorrenza” dello spettacolo Il signor G del 1970 –, un brano che mette in evidenza la grande poliedricità dell’artista. Molto bella anche Latte 70, interpretata da Francesco Bianconi dei Baustelle; godibile Due donne, delicato jazz nelle mani di un sempre carismatico Sergio Cammariere; Enrico Ruggeri interpreta Un’idea, una sferzata di energia che riporta al rock dei Decibel della fine degli anni ’70.

Semplice ma gradevolissima è Far finta di essere sani, suonata chitarra e voce da Gianni Morandi, e notevole I cani sciolti eseguita da Luca Barbarossa, in cui di tanto in tanto si inserisce una carezzevole armonica, che rimanda ad atmosfere da Folkstudio. Un tocco di classe l’interpretazione di Nada de Le mani.

Il secondo cd contiene brani compresi tra la seconda metà degli anni ’70 e la prima metà degli anni ’90, periodo in cui la poetica di Gaber si trasforma facendosi più matura, acuta, riflessiva e a tratti polemica, ma sempre con quella irresistibile vena di ironia che ha caratterizzato tutta la sua scrittura. Il cd contiene quindici tracce. Da segnalare: Le elezioni, sussurrata garbatamente da Ornella Vanoni; una grintosa Pfm, che interpreta Quando è moda è moda; L’attesa, recitata da una intensa Gianna Nannini; e C’è un’aria, plasmata sulle corde di una graffiante Paola Turci. Particolare attenzione merita l’elegante versione di Benvenuto il luogo dove, in cui Morgan sfoggia tutta la propria espressività vocale accompagnato dal tocco raffinato del suo pianoforte. Una nota di merito va anche a Ivano Fossati, che propone L’illogica allegria, di per sé una splendida perla, qui ulteriormente impreziosita dal tocco di un grandissimo interprete. Simpatica la versione “rimodernata” da Gian Piero Alloisio de La strana famiglia, in cui, accanto ai personaggi e programmi televisivi degli anni ’90, sfilano quelli dei nostri giorni (chissà cosa ne direbbe, oggi, il nostro signor G?).

Presenza illustre è quella di Patti Smith, che presta la propria voce e la propria chitarra a una toccante versione di Io, come persona che, tradotta in inglese, diventa I, as a person: un’interpretazione più vicina al recitato che al cantato. Proprio da questo brano è tratto il titolo dell’album-omaggio, precisamente è estrapolato dal verso finale, che recita così: «io, come persona, ci sono».

Il terzo cd, infine, ripercorre gli ultimi anni di musica di Gaber, dal 1994 al 2002. Si apre con la strepitosa voce di Marco Mengoni, che si destreggia con disinvoltura dal blues al rock nella sua versione di Destra-Sinistra. Perfettamente a proprio agio ne Il conformista è Samuele Bersani, capace di rendere con abile versatilità le diverse sfaccettature di un brano non facile. Incantevole Andrea Mirò ne Il luogo del pensiero, la cui voce aderisce in modo sublime alla poesia del testo. Interessanti anche Chissà, reinterpretata da Pacifico, Il desiderio esaltata dalla voce vellutata di Rossana Casale e La parola io, intonata dal maestro Franco Battiato.

Laura Pausini regala, in conclusione, un dolce finale con Non insegnate ai bambini, un brano melodico molto adatto al suo stile e alla sua vocalità.

Accanto alle riuscite performance finora elencate, è d’obbligo sottolineare la presenza di qualche interpretazione un po’ azzardata, completamente stravolta rispetto alla versione originale, a volte al punto tale da risultare dissacrante: mi riferisco, soprattutto, a Qualcuno era comunista, uno dei brani più importanti del repertorio di Gaber qui riproposto da Luciano Ligabue, che si è preso la libertà di inserire nel testo recitato una sorta di ritornello cantato che ne smorza la tensione emotiva. Io non mi sento italiano, urlata con una rabbia quasi sgraziata dagli Articolo 31, lascia forse qualche perplessità a chi ama l’armonia propria di questo brano. Nonostante l’arrangiamento delicatissimo di Quando sarò capace d’amare, potrebbe non convincere del tutto l’esecuzione di Giuliano Sangiorgi dei Negramaro che risulta molto “personalizzata”. Non brillano particolarmente nemmeno le interpretazioni di Max Pezzali e Jovanotti, che eseguono rispettivamente Il comportamento e Si può, forse solo perché si tratta di due brani che richiedono sfumature espressive che non possono essere rese dal loro tipo di vocalità.

Tutto sommato, però, stringendo tra le mani il cofanetto, è difficile non farsi scappare un sorriso, anzi, due: uno, divertito, immaginando che faccia avrebbe fatto Gaber di fronte alle nuove versioni dei suoi brani – soprattutto di fronte a quelle più “coraggiose” ; un altro, intenerito, se si vuole credere che ciascuno di questi tributi, nel bene o nel male, prima di essere un’espressione artistica sia una manifestazione di affetto. Da questa prospettiva, chi ha amato – e ama – Giorgio Gaber non potrà fare a meno di avere Io ci sono nella propria collezione di dischi.

 

Maria Rosaria Stefanelli

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno VII, n. 65, gennaio 2013)

Collaboratori di redazione:
Ilenia Marrapodi
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