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Direttore editoriale: Mario Saccomanno
A. XVII, n.187, aprile 2023

è un mezzo per criticare il potere di Marina Benvenuto
Ripubblicate le traduzioni di Gramsci
che mostrano la loro forza pedagogica
«Ho tradotto dal tedesco, per esercizio, una serie di novelline popolari proprio come quelle che ci piacevano tanto quando eravamo bambini... la vita moderna... non è ancora penetrata abbastanza a Ghilarza perché il gusto dei bambini d’ora sia molto diverso dal nostro d’allora. Vedrò di ricopiarle in un quaderno e di spedirtele, se mi sarà permesso, come un mio contributo allo sviluppo della fantasia dei piccoli» [1].
Dal febbraio 1929 e fino al gennaio 1932, Gramsci tradusse 24 fiabe dei fratelli Grimm scelte dall’edizione tedesca di un’antologia di 50 racconti ricevuta in carcere. Furono tradotte per inviarle ai figli in Sardegna nel desiderio del padre di coltivare un legame e ridurre la lontananza, cercando una via di comunicazione per esprimere, anche dal carcere, la propria paternità. Il regime gli impedì di inviarle alla famiglia. Infatti, la loro prima pubblicazione avvenne solo nel 1980, per Vallecchi). continua
sugli eventi indecifrabili di Mario Saccomanno In un testo edito Bertoni, Marino discute
dei mezzi d'indagine dell’inaccessibilità
La pareiodolia è un’illusione subcosciente attraverso cui si tende a ricondurre a schemi ordinati e familiari quanto invece è disposto in modo casuale. Un classico esempio sono le immagini, quali un orso o un cavallo, che un bambino può scorgere in modo semplice nelle multiformità delle nuvole. Ancora, riportando un altro caso, si pensi al “sembiante della luna”, cioè il vedere un volto umano nel soffermarsi con lo sguardo sul satellite.
Si tratta di un processo psicologico che risulta essere amplificato dalle credenze religiose. Così, tramite la pareiodolia si può spiegare il rinvenire la figura della Madonna o di Gesù in alcune macchie. Dunque, la mente, in uno svolgimento identificativo che risulta del tutto istintivo per l’uomo, agisce componendo gli elementi riscontrati. continua
luogo di pace di Emiliano Peguiron Autoriflessioni
e sofferenza in un
libro Città del sole
L’autobiografia può essere considerata un’arma a doppio taglio. Da una parte, infatti, in un mondo editoriale che è abbondantemente popolato da questo genere letterario, può risultare un azzardo e può fare un rapido salto nel vuoto; dall’altra, invece, una che riesca a coinvolgere il lettore e offra degli spunti di riflessione può, se non cambiare delle vite, arricchirle di persone sconosciute e luoghi difficilmente raggiungibili: insomma, di esperienze irripetibili.
L’emporio delle ridondanze (Città del sole edizioni, pp. 112, € 12,00) di Mimma Mollica, insegnante al liceo di storia e filosofia, è un’autobiografia che appartiene di diritto al secondo tipo. Ciò è reso possibile dallo stile dell’autrice, da una scrittura tagliente e ironica, capace di ridere di sé, di scherzare in maniera costruttiva anche e soprattutto sulle proprie disavventure.
Ed è probabilmente questa forza d’animo che l’ha portata prima a superare paure e blocchi emotivi e, in un secondo momento, a scrivere un testo di questo livello.
Infine (ma, per quanto concerne l’opera, dal principio), vi è l’India, luogo e argomento d’eccellenza, senza dubbio fulcro del discorso di Mollica. Ma di questo e altro si parlerà una volta che ci saremo addentrati nella struttura di quest’opera forte, come l’autrice che l’ha realizzata.
Un titolo enigmatico
Un’autobiografia preziosa, dunque, che arriva dritta continua
dibattuto: la morte.
Quindi parliamone di Mario Saccomanno Un saggio di Nep edizioni in cui
Carolo mostra nuovi spazi d’analisi
Il tema della morte è sempre stato ricorrente nell’indagine filosofica. In merito, non di rado, le riflessioni di pensatori imprescindibili hanno fatto leva su una concezione dualistica che discerneva il corpo dall’anima. Così, si è sovente posta una distinzione netta tra una parte caduca e una più elevata che, in quanto tale, spesso è stata intesa come capace finanche di sfuggire alla decomposizione materica.
In merito, si può affermare che, nelle varie dottrine che accettano questo vero e proprio principio vitale imperituro contenuto in ogni essere vivente, la morte equivale a una separazione, un evento che porta a un nuovo ciclo di vita dell’anima.
Dunque, sin dagli albori del pensiero mitico-filosofico, il rapporto tra anima e corpo è risultato essere centrale. Discuterne ha sempre voluto dire soffermarsi anche, e soprattutto, sulla morte terrena che è stata vista come un ritorno, come il modo attraverso cui poter sfociare nell’universale o, ancora, tra altre innumerevoli prospettive, come fase conclusiva di una preparazione o un costante avvicinamento a un’esistenza più compiuta.
Sta di fatto che è pressoché superfluo annotare quanto sia tutt’oggi impellente il problema della morte. Per esempio, lo si nota nel dibattito bioetico, in cui emerge a chiare lettere la difficoltà di riuscire a far coincidere la salvaguardia della vita con l’autodeterminazione del soggetto. continua
di un libro
“sbagliato” di Massimiliano Bellavista Ediciclo sfrutta un refuso
a suo vantaggio, in un libro
che esalta la natura
Nel nostro mondo, ci sono errori dappertutto, e il mondo delle parole e dei libri non può certo fare eccezione: persino nella prima edizione della nostra Costituzione si trovano refusi (ne abbiamo anche parlato qui), come del resto nelle prime versioni a stampa della Bibbia. continua
diventare
grandi! di Alessandro Milito Veronica Raimo per Einaudi
si racconta in un romanzo
tra autoironia e fiction
La pandemia ha riscritto i rapporti interpersonali, costringendo a rivedere gli equilibri sui quali si reggevano coppie, amicizie e famiglie. La dimensione della quarantena, e i suoi faticosi strascichi, hanno messo a nudo le contraddizioni e le verità alla base di tante relazioni: continua
Ilaria Iacopino, Ilenia Marrapodi, Maria Chiara Paone