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Anno IV, n. 35, luglio 2010
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Home Page (a cura di Agata Garofalo) . Anno IV, n. 35, luglio 2010

Zoom immagine Storia di un amore virtuale:
i sentimenti nell’era informatica

di Agata Garofalo
Tra sogno e razionalità, un romanzo sul rapporto tra uomo e donna
con i nuovi strumenti di contatto. Di Giulia Fresca, edito Pellegrini


Si ama col corpo o con l’anima? Per innamorarsi e poi coltivare un amore servono i gesti e gli sguardi o bastano le parole ed i pensieri? Con l’avanzare delle tecnologie informatiche ed il modificarsi dei concetti stessi di comunicazione e rapporto interpersonale, è sempre meno scontato porsi queste domande. I nuovi linguaggi telematici diventano strumento di contatto, interazione e memoria, fornendoci la possibilità di conoscere meglio noi stessi e l’altro nonché di archiviare le informazioni scambiate. Il nuovo romanzo «algo-epistolare» – così definiscono i protagonisti la loro corrispondenza – di Giulia Fresca (Sognatore di Algoritmi, Luigi Pellegrini editore, pp. 376, € 20.00) ci fa riflettere sui pro ed i contro di un mondo sempre più virtuale ed effimero, «piccolo e fitto di opportunità per ritrovare nell'altro un po' di se stessi».

 

Il sogno e l’algoritmo

Già dal titolo del libro si vuole evidenziare una visione dualistica della vita, che mette in contrasto e nello stesso tempo tenta di unificare lo spirito dionisiaco e la visione apollinea dell’esistenza: senso e significato, passione e regolamento, istinto e razionalità, fantasia e metodo. La stessa autrice spiega, nelle Note dell’autore, che «sogno ed algoritmo, sono le facce di una stessa medaglia», proprio come il maschile ed il femminile (l’uomo e la donna protagonisti del romanzo).

L’intera opera è basata sull’idea di dualità ed è caratterizzata, come afferma Pio Colonnello nella Prefazione, da una «struttura dicotomica dell’esposizione, che alterna positivo e negativo, naufragi e trionfi, perdite e conquiste». La Fresca sembra indagare gli elementi in comune ed in contrasto tra i grandi poli dell’esistenza, nel tentativo di effettuare una sintesi tra di essi, di trovare una realizzazione ai propri sogni ed una soluzione all’algoritmo della vita.

Come anticipa Ottavio Rossani nella Nota critica, «l’autrice affronta il “senso della vita”, cioè il “grande mistero” dell’Amore, reale, necessario, mai completamente risolto. Nemmeno lei può risolverlo, ovviamente. Il gioco letterario però è compiuto. E questo era l’obbiettivo da raggiungere».

 

La concretezza di una storia “immaginata”

Siamo nel 2035: attraverso un cd-rom una ragazza ha accesso ad un diario che raccoglie per intero la fitta corrispondenza di lettere informatiche avvenuta un quarto di secolo prima tra Antoñejo e Jodie.

Quest’ultima è una giovane giornalista calabrese, lui uno psichiatra galante e misterioso.

È lui a contattare la donna tentando un approccio “telematico” attraverso un indirizzo email trovato in rete, ma sarà lei a lasciarsi andare per prima a frasi affettuose ed effusioni, attratta dal suo tono dolce e pacato, conquistata ed incuriosita da un interesse che sente puro e profondo, che non scade mai in considerazioni materialistiche.

Una sera, dopo due settimane di corrispondenza continua ed una giornata in cui avevano discusso dei loro sogni e del loro incontro definendolo un «algoritmo informatico», è Jodie a rivolgersi a lui come ad un «romantico “sognatore di algoritmi”»: in questa definizione individuano la sintesi perfetta del loro rapporto, e concordano che sarebbe il titolo adatto per un romanzo sulla loro storia. Una storia che è una lotta continua tra razionalità e irrazionalità, un percorso conoscitivo che non necessariamente deve rappresentare la «negazione o conferma di qualcosa… ma semplicemente [la] scoperta che, forse, ciò che cerchiamo, non sempre è strettamente connesso ad una “logica” algoritmica».

Nei primi mesi di corrispondenza Jodie si apre totalmente col suo nuovo amico-amore-psichiatra-diario (lei stessa confessa di pensare a volte a lui come ad un diario che ogni tanto risponde), fornendo dettagli concreti della propria vita, scavando a fondo nei meandri del proprio animo. Dall’altra parte c’è un Antoñejo affascinato da una personalità vulcanica e traboccante, ma restio a “scoprirsi”. I due disquisiscono più che altro di amore e sogni, desideri ed illusioni, razionalità e speranze, politica e lavoro, guerra e violenza, vita e morte: argomenti forti ed astratti, solo di rado connessi alla realtà quotidiana delle cose. Jodie confessa che in lui era convinta di aver trovato «un’anima, uno spirito che fosse in grado di volermi bene senza scadere nella volgare quotidianità dei gesti e delle parole… Il sentimento puro che non è materialismo». Rivela inoltre di non aver mai avuto un confidente e di riuscire solo ora ad aprirsi con lui, la cui presenza la rasserena e fortifica… «forse non è molto normale! Ma cos’è “normale” in questa vita? Chi è “normale” oggi? Chi vive di amore? o [sic!] chi spera nell’Amore?».

Dopo i primi mesi di frequente corrispondenza entreranno in gioco due variabili che ostacoleranno il naturale svolgersi della relazione: la malattia e la lontananza. Sarà Antoñejo ad affermare che la risoluzione dell’algoritmo è giusto che rimanga inespressa, poiché «in gran parte incompatibile con le variabili di una parte della mia vita».

Il finale è aperto e metaforico, e lascia quel sapore amaro e fastidioso come di qualcosa di incompleto, come un rimorso per qualcosa che non si è avuto il coraggio di tentare, come un amore mai nato per paura di farsi del male o forse solo di non essere all’altezza della situazione.

 

Le caratteristiche formali

Nonostante non vi sia una chiara e definita diversificazione di stili che permetta di delineare le distinte psicologie dei personaggi, dalle differenze contenutistiche e dal “tono” di scrittura si colgono le principali diversità caratteriali dei due protagonisti: lui è sereno, pacato, chiuso e pacificatore, lei è emotiva, dinamica, aperta ed inquisitrice.

È Jodie, infatti, l’unica a fornire dettagli concreti del contesto in cui vive – cioè la città di Cosenza – citando ad esempio le sue visite all’Unical ed al Castello Svevo. La bellezza, le potenzialità, i disagi ed i problemi della regione di provenienza della protagonista sono tra i temi affrontati nel libro, che l’autrice dichiara essere, tra le altre cose, «un omaggio doloroso alla terra di Calabria».

Ottavio Rossani, nella Nota critica, parla di un romanzo di autoanalisi reciproca e di una scrittura sperimentale in quanto composita di generi letterari. Si tratta infatti di tante storie in una: racconti, articoli, frasi veloci, molte poesie, comunque testi per lo più brevi, che rendono la lettura scorrevole e veloce. Spesso i due protagonisti si scrivono solo poesie, e allora sembra di leggere un lungo poema a due mani, fatto di brevi frasi da cui chi riceve deve interpretare i dettagli della giornata dell’altro e indovinare i suoi pensieri. La poesia diventa uno strumento di “contatto” e conoscenza profonda: ha per loro lo stesso valore che hanno i momenti di silenzio, le carezze, gli sguardi profondi che entrano e scavano fin dentro l’anima.

Anche i frequenti puntini sospensivi sono legati alla dimensione dell'inconscio e contribuiscono a creare quell’atmosfera di sospensione ed attesa che caratterizza l’intero romanzo.

 

Agata Garofalo

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno IV, n. 35, luglio 2010)

Redazione:
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