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A. XVIII, n. 199, aprile 2024
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Editoria varia (a cura di Anna Guglielmi)

Zoom immagine La Calabria raccontata
dai suoi artisti: storie
di una terra da amare,
scoprire e riscattare

di Agata Garofalo
Scrittori e musicisti, uniti in un progetto editoriale targato Rubbettino,
esprimono in prosa, versi e musica i propri ricordi, emozioni e pensieri


La Calabria è da sempre terra di contrasti e paradossi, ricchezze dimenticate e lamentazioni inconsolabili, forse solo vittima di un popolo che non è pienamente cosciente delle sue potenzialità. Ad ogni modo, la consapevolezza delle risorse a propria disposizione si spreca in un inutile lamento autocommiserativo se non si trasforma in spirito d’iniziativa e di collaborazione. Sì, perché quello calabrese è anche un popolo disgregato ed indolente.

Ed allora bisogna informarlo, unirlo, spronarlo! A questo scopo nasce Ad esempio a me piace… Un viaggio in Calabria (a cura di Marco Ambrosi, Rubbettino editore, pp. 128, € 15,00), un libro con allegato cd audio frutto della collaborazione di vari scrittori, giornalisti, poeti, cantanti e musicisti, rivolto a chiunque abbia la capacità ed il coraggio necessari per apprezzare, amare ed aiutare questa terra.

Nato nel 1979 a Vibo Valentia, Ambrosi è musicista folk dedito alle sperimentazioni rock-etnico-elettroniche, nonché insegnante d’italiano e storia. Nella Nota del curatore, spiegando le motivazioni e finalità del progetto, è lui stesso a precisare che «l'artista deve avere il compito di segnare una via di cooperazione. In fin dei conti è solo un modo per far vedere che in Calabria si può essere uniti e si può esportare cultura».

 

Uno sguardo d’insieme

Ad esempio a me piace…, il cui titolo rimanda ad una bellissima canzone di Rino Gaetano, è un viaggio attraverso i mari, le montagne, le colline ed i campi calabresi, l’allegria misteriosa e fatiscente dei paesini, la vita ordinaria ed opprimente delle città, a stretto contatto con gli uomini e le donne che questa terra l’hanno affrontata, sopportata, ripudiata, sognata, scoperta o ritrovata.

Si tratta di una raccolta di racconti, saggi, poesie e brani musicali che descrivono viaggi immaginari e reali nello spazio e nel tempo della più meridionale delle regioni italiane, attraversando la sua storia, le sue aspettative, le sue suggestioni, la sua memoria personale e collettiva.

Ne risulta un insieme di musica e parole, una raccolta eterogenea di testi e canzoni di vario genere e stile: ce n’è per tutti i gusti, ed è molto difficile non lasciarsi suggestionare e trasportare tra le righe e sulle note di questo variegato progetto culturale.

Gli artisti che vi hanno partecipato sono calabresi per nascita, adozione o discendenza.

Il ricavato dell’opera è destinato all’Associazione Libera Terra, che coltiva le terre confiscate alla mafia, ed in particolare alla Cooperativa Valle del Marro.

 

I testi nel dettaglio

Lombardi Satriani apre la raccolta con un testo di carattere scientifico-descrittivo, ricco di richiami all’antropologo De Martino e di testimonianze sulla simbologia popolare e le tradizioni locali, ma che risulta in realtà essere un saggio con carattere personale, un viaggio attraverso la memoria dell’autore, che dichiara: «io non ho la mia memoria, sono la mia memoria, sono cioè quell’insieme inestricabile di persone che ho conosciuto».

Anna Lauria si identifica invece direttamente con la sua regione d’origine e tutti i grandi calabresi della storia in Sono la mia terra: «Sono figlia della mia storia […] Alla fine del viaggio / sono tutto e sono niente / sono l’anima della mia gente».

Il racconto di Vito Teti, incentrato sulla drammatica dicotomia tra partire e restare, è intercalato da riflessioni dell’autore che analizzano le differenti fasi e i vari aspetti, spesso trascurati, dell’emigrazione. Così egli si chiede se «il viaggio avrebbe senso o, addirittura, verrebbe compiuto senza qualcuno che attende chi parte? […] I grandi viaggiatori avrebbero fatto le loro grandi scoperte senza avere solide storie di attesa alle loro spalle, figure eroiche capaci di aspettare?». E poi, riferendosi a quelli che invece sono di ritorno, afferma: «vogliono annullare il tempo perduto. Debbono espiare quella che considerano una colpa: essere partiti. Cominciano a trovare i lati negativi dei rimasti […] Partiti e rimasti: ombre gli uni degli altri».

Provocatorio, duro per vocazione e fatalista per provocazione, Peppe Voltarelli scrive di personaggi strampalati e mitici che come Zombi zombini e zombetti popolano paesaggi decadenti, rassegnati al loro destino, perché «i pianobar e i karaoke hanno vinto / anzi stravinto […] ecco perché non nascono più lottatori / gente coraggiosa». Il suo stile è semplice e discorsivo quanto originale: senza punteggiature né maiuscole, solo le andate a capo segnalano i momenti di pausa e danno respiro al testo.

Nelle due brevi ma intense poesie di Eugenio Nastasi si mescolano rimembranze personali e collettive, descrizioni e sensazioni, natura e umanità, e sembra di sentire la voce dei castagni secolari personificati negli «avi perduti, / l’ultima metafora del tempo» o quella degli ulivi «d’anima fine».

Luigi Guarnieri descrive uno squarcio di vita militare durante la repressione del brigantaggio in Calabria nel 1863, in un racconto nudo e crudo di violenza inaudita alternata alle descrizioni appassionate e tenere dei paesaggi calabresi.

Quello di Annarosa Macrì è il racconto romantico e delicato, intenso ed evocativo, di un viaggio alla scoperta della Calabria attraverso occhi stranieri, innamorati e curiosi: Lontano, dove posso sentirti. Perché solo da lontano, con il giusto distacco, possiamo veramente vedere e sentire meglio sia le cose belle che quelle negative della nostra terra. Così quei bruttissimi «scheletri di case», se si vedono con occhi nuovi e artistici, diventano «affascinanti» come «un quadro di De Chirico», poiché «l’abbandono componeva un paesaggio di spettrale armonia, di decadente bellezza». Tenero e folgorante è l’accenno ad una signora che racconta della sua vita in America costretta a «mascherarsi» (cioè confondersi con la gente del posto, vestire normale) e che solo una volta tornata al suo paese ha potuto di nuovo essere se stessa, vestendo gli abiti tradizionali calabresi. 

I versi del giovanissimo Daniel Cundari denunciano l’orrore della mafia ed il coraggio di chi l’ha sfidata cercando il proprio riscatto attraverso le parole e la non violenza, in Condanna a vita di un non pentito.

Valentino Santagati propone il racconto veloce, ironico e fortemente simbolico di un episodio di vita apparentemente banale ma che fornisce un acuto sguardo d’insieme su una società che si nutre di stereotipi e convenzioni, in cui spiccano però lampi di hegeliana eccentricità.

Daniele Comberiati racconta di come la Calabria sfugge agli occhi di chi, forestiero, vorrebbe scoprirne il mistero e rivelarne la forza e nobiltà d’animo. Perché si tratta di un’energia latente e imperscrutabile, come quella nascosta in una penosa storia di emigrazione, ironica fino ai limiti della tragedia.

Toccanti, malinconici ed essenziali, i versi di Pino Blefari descrivono i confini, gli orizzonti e le prospettive del paesaggio e dell’esistenza nelle montagne calabresi, partendo dall’inequivocabile premessa che Non è bella la vita dei pastori in Aspromonte.

Nel racconto di Gianluca Veltri, tradizioni ed usanze dei cittadini che trascorrono in Sila le vacanze estive si mescolano con quelle dei vaccari che praticano la transumanza portando il bestiame ad alte quote durante i mesi caldi: vite difficili fatte di sacrifici, in cui si impara ad apprezzare le piccole cose della vita.

A chiudere l’elenco è la trascrizione di un dialogo “chattato” tra un calabrese altrove, «così vicino così lontano» e chi invece è rimasto, ma «con troppe cose lasciate a metà». Si parla ancora di un viaggio, questa volta in treno, e sono nuovamente i dettagli, gli episodi più insignificanti a svelare le più grandi verità, a mostrarci, Tutto in un’inquadratura, le sfumature di colore e di dolore di una Calabria che è «densa e malinconica […] feroce, opprimente, strisciante […] e sfatta […] ma accogliente e dolce».

 

La Calabria in musica

Arangara, Massimo Ferrante, Folìa, Konsentia, La Soluzione, Mandara, Mujura, Nuju, Pantarei, Parto delle Nuvole Pesanti, Peppa Marriti Band, Cataldo Perri, Quartaumentata, Ramsazìzz’, Baba Sissoko, Spasulati band, Turi e Peppe Voltarelli sono gli artisti che hanno partecipato a questo progetto con la loro musica.

Il cd allegato infatti è composto da 18 brani, quasi tutti dai ritmi moderni ma accomunati per lo più dalla scelta di strumenti musicali tipici e del dialetto come lingua d’espressione: reggino, cosentino, albanese, ecc. L’ultima traccia (scritta in lingua bambara, con ritornello in italiano) è una collaborazione dell’artista maliano Baba Sissoko con alcuni musicisti calabresi. Le melodie dei brani sono diverse e sorprendenti: alcune hanno forti influenze elettroniche, rap, etniche o arabeggianti, altre invece sono vere e proprie tarantelle in stile tradizionale.

Variegata è anche la natura dei testi: si va dai più forti, ironici ed energici a quelli vagamente malinconici, evocativi e poetici, con lo scopo di esortare, condannare o semplicemente ricordare. Tutte canzoni indissolubilmente legate alla tradizione, ma ricche di elementi di originalità, rappresentative di un popolo che è ben legato alle proprie radici e che da esse vuole ripartire verso un futuro di riscatto e reazione.

 

Agata Garofalo

 

(www.bottegascriptamanent.it , anno IV, n. 34, giugno 2010)

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
Progetto grafico a cura di: Fulvio Mazza ed Emanuela Catania. Realizzazione: FN2000 Soft per conto di DAMA IT