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A. XVIII, n. 199, aprile 2024
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Dibattiti ed eventi (a cura di Giulia De Concilio)

Libri contro la mafia
per colpire alla radice
la mentalità malavitosa
nutrita dall’ignoranza

di Eliana Grande
La casa editrice Rubbettino, con il sostegno della Provincia di Catanzaro,
promuove la campagna di sensibilizzazione antimafia “Non bacio le mani”


Venerdì 16 aprile, presso la Casa delle culture di Catanzaro, ha avuto luogo la conferenza stampa illustrativa della campagna di sensibilizzazione antimafia “Non bacio le mani”, ideata e promossa dalla casa editrice Rubbettino con il sostegno e la collaborazione della Provincia di Catanzaro. «Una sinergia tra pubblico e privato – sottolinea l’editore Florindo Rubbettino – spesso difficile», ma che ha trovato proprio in questa iniziativa l’occasione per mostrare che «anche in Calabria c’è una reazione». La campagna, volta a promuovere la lettura come strumento di conoscenza ma anche di impegno concreto e fattivo nella lotta alla criminalità organizzata, è stata lanciata a partire dal 19 aprile, per due settimane, in tutte le Feltrinelli e nelle altre principali librerie italiane, oltre che sulla stampa e sul sito web www.nonbaciolemani.it. Parte integrante del progetto, il sito è anche canale di accesso per partecipare attivamente all’iniziativa, grazie a un concorso dedicato a tutti coloro che vorranno esprimere il loro impegno a “non baciare le mani” attraverso qualsiasi linguaggio artistico. L’editore ha fatto esplicito riferimento al concorso in risposta alla nostra domanda su un eventuale secondo step del progetto, che permettesse di tastare il terreno e ottenere un riscontro effettivo della misura in cui l’iniziativa sia stata raccolta. E ha aggiunto che al primo lancio in libreria seguirà una serie di visite nelle scuole insieme agli autori, per promuovere la diffusione del messaggio soprattutto tra i più giovani.

 

La comunicazione dell’iniziativa e i libri della collana     

«“Non bacio le mani” – afferma Rubbettino – è un invito all’eversione, a non abbassare la testa, a non piegarsi, anche solo culturalmente, alla mentalità mafiosa, a non rinunciare al proprio diritto alla libertà e alla dignità». Il claim della campagna, incisivo e di impatto immediato, diventa dunque marchio di riconoscimento di un prodotto: il libro, appunto. Ma l’editore non esclude che anche altri imprenditori farebbero lo stesso, per motivi economici oltre che morali: «in una società globalizzata non c’è spazio per il fardello di imprese che devono pagare il dazio alla malavita».  

Oltre che al titolo emblematico, la comunicazione del messaggio è affidata allo slogan “Leggere per approfondire”, presente sui segnalibri e le locandine che pubblicizzano la campagna. In evidenza sullo sfondo nero, spiccano parole bianche ma incomplete: “m fia”, “c m rra”, “n’ rangh ta”. «Le lettere mancanti – spiega l’editore – rappresentano l’invito ad approfondire tramite la lettura, per conoscere i tasselli mancanti della realtà mafiosa e capire come combatterla».  

Ma se il mezzo privilegiato per la conoscenza di qualcosa è la lettura, veicoli prioritari del messaggio sono i libri stessi. Nel caso specifico di questa iniziativa, la casa editrice di Soveria Mannelli ha scelto cinque dei suoi titoli, in un catalogo ricchissimo da questo punto di vista: «Rubbettino ha dedicato da sempre attenzione al fenomeno, con un catalogo che conta duecento pubblicazioni sull’argomento, e lo ha fatto fin dagli anni ’80, quando i siciliani erano ancora restii per vari e ovvi condizionamenti». E a tale proposito cita la prima di queste pubblicazioni, La mafia durante il fascismo, del 1986, recensito l’anno dopo da Sciascia sul Corriere della sera, con il famoso articolo sui “professionisti dell’antimafia”.

Ma torniamo alla collana. I cinque titoli sono: Il Gotha di Cosa nostra di Piergiorgio Morosini, ispirato all’omonimo processo contro la mafia siciliana e basato sul prezioso apporto di varie intercettazioni ambientali; Malitalia di Laura Aprati ed Enrico Fierro, che getta luce sul cambiamento della mafia da quella delle coppole e delle lupare a quella dei “colletti bianchi”; ’Ndrangheta di Enzo Ciconte, che punta i riflettori sulla mafia calabrese, oggi la più potente ma al tempo stesso la meno conosciuta e studiata; Peppino Impastato di Salvo Vitale, storia del giovane attivista e politico di Cinisi ucciso dalla mafia nel 1978; Storia criminale ancora di Enzo Ciconte, che ripercorre fin dalle origini la storia delle tre mafie.  

I libri sono stati scelti secondo un criterio simbolico, in grado di rappresentare e illuminare in maniera unitaria le molteplici prospettive geografiche, cronologiche e letterarie dalle quali è possibile guardare al fenomeno mafioso, sempre però da una posizione di aperto contrasto, libera da ogni ambiguità.

 

Il messaggio: portatori e destinatari

Lettura come approfondimento, dunque. Per capire e per reagire. Libri come veicoli di conoscenza, a salvaguardia della libertà e della dignità.

Portatori di testimonianze, contenitori di vite, fatti, parole in grado di scrollare via l’indifferenza dalle coscienze, i libri possono essere latori di libertà perché abbattono il muro dell’ignoranza, origine della mancanza di consapevolezza ed emancipazione, prima di tutto morale. Suscitatori di giusta indignazione, rivelatori dei vari risvolti di quell’attualità, di quella storia in cui siamo singolarmente e collettivamente immersi – non spettatori ma attori, ognuno nel suo ruolo personale e sociale –, i libri possono essere promotori di dignità.

E i destinatari di questo messaggio e di tutta questa iniziativa, allora, siamo tutti noi, i lettori, «un esercito di lettori», come afferma ancora l’editore ricordando Gesualdo Bufalino, secondo il quale «per combattere la mafia ci vorrebbe un esercito di maestri elementari». Questa espressione dello scrittore e insegnante siciliano afferra senza mezzi termini l’attenzione e trascina il pensiero in profondità, ben al di sotto della superficiale retorica, fino allo strato recondito in cui sedimentano e germogliano – nel fertile humus dell’ignoranza – le radici stesse del fenomeno malavitoso. Radici che sono disvalori assunti come valori, atteggiamenti e modi di pensare socialmente malsani, cultura dell’illegalità assurta a via privilegiata di affermazione e realizzazione personale, atrofizzazione della più elementare facoltà di discernere il bene dal male, intorpidimento morale.   

Il lettore ha un vantaggio enorme rispetto a tutto questo, perché ha in mano – letteralmente – lo strumento che gli permette di scavare fino in fondo nel terreno della realtà, osservarla da “dentro” e agire direttamente su di essa per promuoverne il miglioramento, l’evoluzione, il cambiamento.

Il lettore ha (o dovrebbe avere) il vantaggio di essere informato, al corrente dei fatti, consapevole. È un potere vero, questo, ma per vari motivi sottovalutato. Forse più o meno inconsciamente rifiutato, temuto, perché fermarsi alla superficie è più pratico, perché l’ignoranza è un comodo alibi di fronte alle accuse della coscienza, o per il presentimento che la via della consapevolezza conduce spesso a un’altra via, più ardua e in salita: quella della testimonianza e dell’impegno personale, affinché anche altri, a loro volta, diventino più informati e coscienti.

È la via seguita da tutti quelli che combattono in prima linea la lotta alla criminalità organizzata e lo fanno in vari modi e con vari mezzi. Uno di questi è la cultura.

 

Una riflessione conclusiva

Chi scrive libri crea (o dovrebbe creare) cultura, con disincantato realismo, nella consapevolezza che, come riconosce Rubbettino, «la cultura da sola non basta, ma è il fronte che può dare nel lungo periodo maggiori e migliori risultati». D’altra parte, è importante che la testimonianza e il messaggio di chi scrive non cadano nel vuoto ma vengano raccolti da un numero quanto più grande possibile di lettori, che sappiano coglierne il valore e realizzarne il senso.

A questo proposito, nasce spontanea una riflessione, che poniamo a conclusione di queste righe e in riferimento a una polemica accesa proprio nei giorni scorsi intorno alla letteratura sulla mafia: è sconcertante constatare come, in Italia, chi scrive di mafia, assumendo posizioni di contrasto radicale e accettando a volte di esporsi anche al pericolo della ritorsione, venga accusato di fare pubblicità alle cosche e dare un’immagine negativa del paese. È quanto ha recentemente affermato il nostro Presidente del Consiglio, Berlusconi, facendo esplicito riferimento a Gomorra di Saviano, un ragazzo che da anni paga con una vita sotto scorta la sua testimonianza di libertà, dignità e amore per la sua terra. Ed è stupefacente che, invece, molti dei suoi stessi compaesani e connazionali siano convinti che lo abbia fatto solo per desiderio di notorietà, visibilità, per stare sotto i riflettori, o per soldi. Affermazioni del genere conducono, a nostro parere, in direzione diametralmente opposta rispetto a quella che abbiamo fin qui indicato, volta a mettere in luce il beneficio sociale e collettivo che proviene dalla letteratura antimafia in termini di consapevolezza, ma anche di riscatto.

La letteratura antimafia è speranza preziosa del nostro paese, non cattiva pubblicità. E chi la produce non lo fa per se stesso ma per tutti noi. Per difendere i nostri diritti di libertà e dignità. Per testimoniare con la sua stessa vita che lui “non bacia le mani”.

 

Eliana Grande  

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno IV, n. 33, maggio 2010)
Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
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