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Anno IV, n. 32, aprile 2010
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Letteratura contemporanea (a cura di Maria Franzè) . Anno IV, n. 32, aprile 2010

Zoom immagine Racconto di povertà e coraggio,
un mondo di innocenza e colpa,
un’anima libera, incondizionata

di Serena Poppi
Pubblicata da Mediterranean media:
storia dolce amara di grave miseria


Già, perché nessuno va a prendere il tesoro incustodito? Forse perché a pochi è dato di riconoscere un tesoro quando, scalza, affamata, sporca e spaventata, corre da bambina a chiedere aiuto per i fratellini morenti; o quando non capisce, visto che è «l'ultima e di me non vi dovete preoccupare» perché si chieda a lei, che è solo una ragazzina, se le va bene di «essere venduta» come dice il fratello. Ricordo il racconto di mio zio Zvanein, quando dopo dieci colpi di pedale sull'enorme bicicletta lo fermano, per dire “non serve più il dottore, tua sorella è morta”. Così è la storia di Pasquinella, così è la storia di Zvanein, è così è la storia della nostra terra. Della povertà che condiziona le vite, ma non le anime, se resistono. Se ritrovano, nella propria umiltà di persone semplici, la forza che condizionerà la loro vita; la pazienza di sopportare e accettare condizioni dure e umilianti, per poi giungere alla resa dei conti; quando, con la stessa umiltà, riusciranno ad ottenere quello che è loro di diritto. Nulla di più, rispettando il giusto. È racconto di esordio per l'autrice Brigida Berlingeri, che con La storia di Pasquinella (Mediterranean media editore, pp. 122, € 9,50) vince il concorso letterario “Le collane di Med” promosso dalla Mediterranean Media con un notevole margine e, per la prima volta, fa vincere un libro calabrese. Il racconto riesce ad affrontare gli eventi di una nazione, di un paese e delle persone che lo abitano, mescolandoli saggiamente con la figura della donna: non si percepisce, qui, il narcisismo di una protagonista, che pur involontariamente lo è, ma si legge e si ascolta la volontà dei ricordi che possono essere di tutti. Una vita comune, da quelle parti, come al Nord: malattie infettive, alluvioni, personaggi ambigui e risvolti miracolosi, per qualcuno, non sono altro che il lavorio di quella cosa che chiamiamo vita. Ed è proprio per aiutarci a ricordare, che l'autrice utilizza una scrittura che è anche linguaggio, un tempo che pare sempre essere presente e al presente, anche se riferisce di eventi passati.

 

La terra come contatto

Non tutti hanno visitato i luoghi della Calabria dove è ambientato il racconto, ma tutti hanno visto i propri luoghi d'infanzia, dove innocenza e colpa sono entrati a far parte di noi, dove sono nate nuove consapevolezze e dove una parola, da chi ci ha osservato crescere, diventa il motore per compiere quei cambiamenti che daranno un senso alla nostra vita. Come Rosa, che a Pasquinella dà lezioni di vita su cosa vuole dire essere “donna chiacchierata”, sull'importanza di sapere cosa si vuole da questa vita.

La terra, descritta, raccontata, suggerita, riveste un ruolo da fondale di scena. È lo sfondo di una fotografia, che può proteggere o colpire alle spalle, che ti costringe a camminare a lungo, scalza, sulle montagne se vuoi trovare della legna, ma poi ti porta al paese dove incontri gli altri e fai amicizie nuove, che ti aprono ulteriori prospettive di vita. La terra come confine, dunque, ma il confine non è sempre limite; è anche contatto tra due terre.

 

Libertà raggiunta?

Forse è alle persone che ci vivono vicino che è dato di riconoscere un tesoro e proteggerlo, di essere come custodi che osservano silenziosi dietro le quinte, ma pronti ad intervenire se il tesoro è in pericolo. Lo fa Filippo, il dottore, che conosce Pasquinella fin da quando, bambina, gli portava la legna: insiste che sia curata e lo fa rispettando il padrone; preferisce parlare al padrone, artefice del contagio di quella malattia, di cui è bene non si sappia, e insistere con lui, affinché sia curata. Anche Vice, che ha visto Pasquinella crescere e la vede star male, vuole aiutarla e sa come fare: conosce 'Ntoni, il padrone e interviene, così per lei migliorano le condizioni di lavoro. Sono gesti, questi, che paiono piccoli a confronto con le difficoltà che deve affrontare nella vita Pasquinella, ma sono gesti voluti; sono fatti nel modo giusto, riconoscendo a chi possiede Pasquinella, perché Pasquinella nella sua vita ha sempre padroni, il ruolo di artefice delle scelte che la riguardano. Non le si impone la ribellione, né un'autodifesa che le sarebbe impossibile, ma le si spiana il terreno per quei tratti che non riesce a percorre da sola. É solo quando riconosce che sono i soliti gesti quotidiani che segnano lo scorrere del suo tempo che Pasquinella prova ad affacciarsi a un'altra vita, a metterne al mondo un'altra, facendo i conti col passato e pretendendo che venga risarcito il suo debito con le ingiustizie. Decide come e con chi trascorrere il proprio tempo, a chi dedicare i propri sorrisi e a chi lasciare il proprio cibo, digiunando. A scegliere liberamente; cosa che prima non credeva di saper fare.

 

Serena Poppi

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno IV, n. 32, aprile 2010)

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