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Anno IV, n. 32, aprile 2010
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Biografie (a cura di Fulvia Scopelliti) . Anno IV, n. 32, aprile 2010

Zoom immagine Illuminante saggio
sulla storia dell’Iran:
luci e ombre passate
e prospettive future

di Erika Casali
Tracciato da un’analisi Donzelli
il profilo sociale di una nazione
protagonista sulla scena mediatica


La maggior parte degli italiani che vede un telegiornale ignora le cause e i fatti che hanno portato l'Iran ad essere quello che è oggi nelle sue trasformazioni interne e nei suoi rapporti internazionali; Ervand Abrahamian  è uno storico specializzato sulla storia dell’Iran, armeno di nascita ma cresciuto in Inghilterra e trapiantato negli Stati Uniti; scrive la storia di una delle realtà più complesse del mondo partendo dal Novecento. Come scrive l’autore nelle prime righe della prefazione: «Questo libro è un’introduzione per il lettore comune che rimane perplesso di fronte al clamore e al furore dell’Iran moderno» e, proprio perché non si tratta di un lavoro destinato agli storici di professione, l'autore evita il pesante apparato delle pubblicazioni accademiche, benché il suo sia un lavoro rigorosamente documentato.

Storia dell’Iran. Dai primi del Novecento a oggi, scritto da Ervand Abrahamian e tradotto dall’inglese da Annalisa Merlino (Donzelli, pp. 238, € 27,00), aiuta a capire il processo complicato e pieno di contraddizioni che ha condotto la Persia fino all’età del nucleare. Quello che si cerca di spiegare, ripercorrendo gli accadimenti storico-politici di questo paese, è il perché al giorno d’oggi l’Iran compaia tanto spesso nei telegiornali italiani, attraverso quale processo sia diventato una repubblica islamica, dove si trovi l'ormai logorata connessione tra Le mille e una notte e una notte e l'immagine che oggi i media ci prospettano di questo paese millenario.

 

Il popolo al centro dell’analisi

L’autore mette in evidenza come la struttura storica dell’Iran sia stata determinata dall’ascesa e caduta di diverse dinastie con intervalli di confusione e caos che sono sfociate nell’instaurazione della repubblica islamica odierna. I principali avvenimenti che portano all'attualità sono quelli accaduti sotto le dinastie dei Qajar e dei Pahlavi e sotto la Repubblica islamica, l’importanza del ruolo dello sciismo, le origini della modernizzazione, la ricerca a più riprese di una riforma democratica, l’importanza fondamentale della partecipazione popolare nelle rivoluzioni del 1909 e del 1979. E ancora: gli anni della scoperta del petrolio e degli interventi imperiali, l’aspra guerra con l’Iraq negli anni Ottanta, la trasformazione della società sotto il governo dei religiosi e, più di recente, il rafforzamento dello stato, la lotta per il potere tra le vecchie élite, l’intellighenzia e la borghesia degli affari e infine le forti tensioni internazionali causate dalla politica aggressiva e nazionalista di Ahmadinejad, attuale presidente dell’Iran e considerato un conservatore religioso, ovvia conseguenza dei fatti e delle disillusioni politiche seguite al fallimento del primo presidente iraniano riformista, Khatami, che aveva promesso miglioramenti sostanziali per la condizione femminile e quella giovanile, mentre invece ha concesso, per reazione, spazio ad un futuro integralista.

Abrahamian cerca di spiegare le anomalie dell’Iran, stato autoritario ma democratico e prova ad illustrare il grande entusiasmo con cui era stata accolta la grandiosa rivoluzione popolare del 1979 che abbatteva una dittatura e dava il potere a Khomeini; mette in luce l’altro lato della rivoluzione popolare, non evidente a tutti, e cioè l’instaurazione di un regime autoritario. Nelle sue pagine sulla costituzione islamica, l’autore si raccomanda di non sottovalutare mai il ruolo della stupidità nella storia: «La Costituzione dotò in perpetuo la guida suprema di autorità a tutto campo. Poteva determinare gli interessi dell’Islam, stabilire le linee guida per la repubblica islamica, mediare tra l’esecutivo, il legislativo e il giudiziario». Khomeini era stato insignito di poteri costituzionali che non erano mai stati nemmeno sognati dagli scià: «La rivoluzione del 1906 aveva prodotto una monarchia costituzionale; quella del 1979 produsse un potere degno del duce».

Il popolo iraniano rimane il protagonista di questa Storia dell'Iran; Abrahamian riesce a dare voce e a raccontare le vicende dell’intera società senza soffermarsi solamente sulla storia politica, ma dando voce alle persone sopravvissute a un secolo di guerre e di rivoluzioni. Abrahamian predilige l’analisi sociale e lo studio delle classi fornendo una lente originale attraverso cui guardare e comprendere il dramma di un conflitto mai sopito tra le conquiste acquisite e il peso crescente del potere centrale. Un aspetto forte che viene messo in evidenza è il cambiamento delle paure quotidiane: all’inizio del secolo le persone comuni erano afflitte da problemi come rapine sulle strade pubbliche, banditismo tribale, bestie feroci, la superstizione, la carestia, la peste e le epidemie in genere. Prima della fine del secolo queste paure erano state sostituite dalle ansie che accomunano il mondo dopo la Rivoluzione industriale: disoccupazione, crisi del welfare, mancanza di alloggi, disagio degli anziani, inquinamento, morti violente causate dai moderni mezzi di trasporto, difficoltà nell’accedere ai sistemi di educazione.

 

I cambiamenti del XX secolo

Il presente dell’Iran è sospeso tra innovazione e tradizione, tra aperture al mondo e spinte integraliste: «L’Iran è entrato nel Novecento con i buoi e l’aratro di legno. Ne è uscito con le acciaierie, una percentuale di incidenti automobilistici tra le più alte al mondo e, tra lo sgomento di molti, un programma nucleare».

Il Novecento ha davvero cambiato radicalmente la faccia dell’Iran, catapultandolo nel nuovo millennio a velocità elevatissima. L’autore dice però che la metamorfosi più straordinaria riguarda la struttura dello stato: «all’inizio del XX secolo, lo stato, se così si poteva chiamare, era costituito solamente dallo scià e dal suo ristretto entourage personale» mentre invece «alla fine del secolo, lo stato pervadeva ogni livello e ogni regione del paese». Lo stato ha guadagnato sempre più potere e controllo sulla società attraverso una differenziazione che si evidenzia nei legami privilegiati tra i gruppi politici e diversi ceti. L’autore illustra e prende in esame le dinamiche reciproche tra i mutamenti economici e sociali e tra quelli culturali e politici, e come tutti questi abbiano influito sull'ideologia ufficiale dello stato e nella cultura politica della società.

 

Radici lontane

Paese complesso che svolge un ruolo cruciale nella drammatica situazione mediorientale, l'Iran è stato tra i più efferati nemici dell'Occidente degli ultimi decenni, il cui odio va fatto risalire alla fine del secolo XIX, più precisamente all’anno 1892, quando i religiosi strinsero l’alleanza con i mercanti per boicottare la decisione del sovrano che voleva dare il tabacco in concessione a uno straniero. Questo semplice fatto influenzò profondamente tutto il secolo successivo, culminando, nel 1979, nella rivoluzione che trasformò l’Iran in una teocrazia. L’antica alleanza tra mercanti e religiosi si fa sentire ancora oggi nei legami tra ayatollah e bazar, dettando le condizioni nell’atteggiamento assunto nei confronti dell’Occidente.

Questo libro è il racconto di come il regime ereditario sia stato sostituito da uno stato burocratico, in cui il centro domina sulla periferia, mostrando anche come la rivoluzione abbia continuato il lavoro dell’ancien régime, attraverso il sempre più incombente ruolo dello stato. L’autore pone alcuni importanti quesiti, che rimangono spesso senza risposta. Per esempio: come si sceglie di mettere fine a una dittatura liberale per dare vita a una democrazia totalitaria? Oppure: è più giusto che le donne siano libere di decidere come vestirsi, cosa studiare, dove lavorare, vivendo in un regime dittatoriale, oppure che siano costrette a portare il velo in una democrazia? Secondo Abrahamian la risposta è molto semplice, e si trova nella storia del paese: il presente dell’Iran è frutto delle decisioni prese in reazione prima alla rivolta contro lo scià, e poi all’istituzione della Repubblica islamica, in un momento in cui la metà del paese era analfabeta, nel periodo di transizione naturale conseguenza di tutti i cambiamenti politici forti. Il nazionalismo e la morale religiosa erano gli unici fattori che potessero unire il popolo.

 

Erika Casali

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno IV, n. 32, aprile 2010)

Redazione:
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