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Anno IV, n. 29, gennaio 2010
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Home Page (a cura di Anna Guglielmi) . Anno IV, n. 29, gennaio 2010

Zoom immagine Ieri come oggi.
La tv italiana
rimane atipica

di Anna Guglielmi
Tra monopoli vecchi e nuovi.
Un saggio, edito da Iacobelli,
analizza l’autorità televisiva


Il nostro è un paese in cui anche l’assurdo può divenire normale e ammissibile. Tutto ciò che non va sembra appartenere ad altri, essere distante o addirittura inesistente. Da noi pare albergare una diffusa ignoranza, data dall’effettivo “non sapere” o – volgarmente – dalla semplice, banale e superficiale “voglia di non sapere”, perché tanto «non è  possibile cambiare nulla» (secondo il generale modo di vedere le cose). Così si finisce spesso con l’accettare tutto, l’abituarsi a tutto, come se solo la realtà che viviamo sia quella possibile, noncuranti della situazione presente negli altri paesi, ignari (davvero?) della fondata mediocre idea che gli altri hanno di noi.

In questo quadro generale, emerge la singolare situazione della nostra realtà televisiva, sapientemente sviluppata nel saggio L’anomalia (Iacobelli, pp. 224, € 9,90), a firma di Manlio Cammarata – giornalista free lance, nonché consulente e docente di Diritto delle tecnologie dell’informazione. È proprio “anomalia” il termine che (ahinoi) meglio definisce la situazione italiana relativamente all’intreccio politico-mediatico. Definizione che è stata più volte usata da diversi tra i maggiori organismi europei, in particolare dal parlamento, che così si è espresso nel 2004: «Il sistema italiano presenta un’anomalia dovuta a una combinazione unica di poteri». Inquietante è, ancor più, rendersi conto di come tale situazione persista da sempre e anzi, per molti aspetti, sia stata favorita dagli errori compiuti proprio nel nostro passato, così come viene sintetizzato dal medesimo sottotitolo Televisione. Il monopolio del potere da Mussolini al digitale terrestre.

 

Quale legalità?

Il lavoro di Cammarata ha l’intento di smascherare con decisione e lucidità questa situazione, ripercorrendo – come egli stesso afferma – «la storia e la cronaca seguendo un filo conduttore meno comune: quello della legalità». Si tratta infatti di un libro che, pur affiancando nella tematica numerose altre pubblicazioni, non appare assolutamente superfluo in quanto affronta la questione in modo differente e sicuramente utile dal punto di vista sociale. A rafforzare questa linea troviamo la constatazione che «da quasi mezzo secolo la storia della televisione italiana è segnata dal “botta e risposta” tra due istituzioni, la Corte costituzionale e il Parlamento». Il saggio, infatti, è un alternarsi di normative e sentenze che il più delle volte sollecitano il legislatore a emanare una legge generale che rispetti i principi costituzionali: una richiesta costante e ripetuta – perché necessaria, ma inascoltata – tanto che l’autore giunge a indicarla come un «tormentone».

Apprezzabile anche il modo in cui il saggio è scritto: lucido, analitico, lineare, senza tecnicismi giuridici; aspetti che contribuiscono a renderlo assolutamente piacevole e comprensibile.

È importante tenere presente che tutta l’analisi e la ricostruzione si basano solo su documenti formali, quali gli atti normativi e le sentenze dei giudici. È proprio la presenza degli stralci di tali documenti a fare da struttura portante all’intero saggio. Numerosi passi – riportati e sottolineati, poi commentati, infine confrontati – danno corpo al lavoro. In questa elaborazione, il valido e imprescindibile compito dell’autore è quello di fare chiarezza, di collegare tra loro i vari elementi, di evidenziare ed esplicitare aspetti fondamentali, quanto trascurati o volutamente messi in ombra. Il tutto con l’utilizzo di frasi brevi e dirette, che non lasciano spazio a interpretazioni errate o azzardate.

Cammarata apre il suo saggio tracciando un breve e lucido quadro dei poteri assoluti, evidenziando come agli originali tre – legislativo, esecutivo e giudiziario – si siano aggiunti col tempo altri due “poteri”: la stampa e la televisione. Definire il sistema televisivo un’autorità per il fatto che «influisce sulla vita e sulle idee delle persone attraverso diversi meccanismi» dà forza, conferma e spessore all’intera analisi dell’autore.

La puntuale ricostruzione cronologica – percorsa nelle pagine del saggio – prende avvio dall’era del monopolio, caratterizzata dalle figure di Mussolini e del primo Berlusconi; analizza la riforma del 1975, soffermandosi particolarmente sulla figura di «Sua Emittenza» e prosegue analizzando le varie leggi dalla Mammì alla Gentiloni, passando per la Maccanico e la Gasparri. All’interno di questa dettagliata e limpida trattazione, l’autore approfondisce e spiega altri elementi fondamentali che contribuiscono all’anomalia italiana. Si sofferma, infatti, sulla questione – cominciata nel lontano 1999 – relativa a Europa 7 (la «televisione che non c’è») e Rete 4: la prima (di Francesco Di Stefano) che «ha la concessione, ma non può trasmettere» perché non ha le frequenze, occupate dalla seconda (di Silvio Berlusconi) che «non ha la concessione», ma da dieci anni «trasmette lo stesso».

 

Nuovi monopoli e paradossi

Col tempo la realtà televisiva italiana (al contrario di quanto sarebbe lecito aspettarsi) non è tornata alla regola, ma ha proseguito nella sua condizione di atipicità fino a “toccare il cielo” con il monopolio di Sky che «decide quali canali rendere visibili e quali no, imponendo procedure complesse anche per ricevere i canali visibili». In pratica, la «lista dei canali […] è bloccata: l’ordine è deciso dall’emittente, che può cambiarlo a suo piacimento riprogrammando dal satellite l’apparecchio».

Altra questione affrontata – oramai familiare a una parte degli italiani – è il digitale terrestre che comporta il passaggio della televisione terrestre nel quadro, appunto, della digitalizzazione. Una soluzione Inutile, forse obsoleta. Ma indispensabile: ecco come l’autore – sottotitolando così il capitolo dedicato all’argomento – la sintetizza, spiegandone chiaramente i motivi. In pratica, considerate le potenzialità di questo sistema «nasce l’idea piuttosto diffusa che la televisione digitale terrestre sia sostanzialmente inutile» in quanto «non offre nulla che non sia già possibile avere con il satellite e molto meno di quello che offre l’internet». Effettivamente dal punto di vista «tecnico è vero». Al tempo stesso – considerata l’anomala condizione italiana – è «l’unico sistema possibile» individuato dall’industria e dalla politica «per superare il duopolio Rai-Mediaset», grazie al notevole aumento del numero di canali che comporta e alla conseguente integrazione di nuovi operatori. In conclusione, quindi, il «digitale terrestre è un paradosso: non serve a nulla, ma è indispensabile».

Un’analisi così articolata e dettagliata – come quella compiuta da Cammarata – non poteva escludere uno sguardo su quella porzione di realtà presente che apre, al tempo stesso, la strada verso il futuro: Internet e, in generale, l’evoluzione dell’informazione. A riguardo l’autore si sofferma non solo sul rapporto tra televisione e Internet, ma anche sul passaggio dalla carta stampata al digitale (un esempio, in tal senso, è costituito da «La Repubblica TV», una «emittente “nuova” che dal 2004 opera solo sul digitale terrestre»).

 

La storia diviene cronaca

Il saggio rimane aperto, Senza epilogo, poiché ciò che è stato raccontato è divenuto cronaca. Una cronaca, purtroppo, «non diversa dalla storia che la ha preceduta, fatta di leggi ad hoc, di polemiche inconcludenti, di rinvii all’infinito». Il “non epilogo” di Cammarata è costituito da una sintesi estrema degli elementi trattati nel saggio per fare maggiore chiarezza e fare il punto – in modo netto e conciso – della situazione attuale. Questa sezione “termina” con una provocazione a sintesi di quanto è stato detto e dimostrato con i documenti; provocazione che dà spunto ulteriore a riflessioni, discussioni e commenti.

Con lo stesso intento di chiarezza, viene proposta una Appendice, costituita dalla Cronologia di fatti rilevanti, legislazione e giurisprudenza dal 1910 al 2009. Nonostante le ricerche accurate compiute, l’autore segnala che i dati riportati potrebbero avere qualche inesattezza e presentano consapevolmente una serie di lacune che Cammarata invita a colmare, inviando una email all’indirizzo di posta elettronica appositamente attivato.

L’impostazione del saggio – favorita anche dall’argomento trattato – risponde a un progetto in fieri e a un’apertura alla collaborazione e interazione con i lettori e, in generale, con quanti siano interessati e informati sull’argomento. A riguardo, infatti, si evidenzia non solo la suddetta nota relativa alla Appendice, ma anche – e soprattutto – la disponibilità di un sito internet (http://www.lanomalia.it) costruito espressamente per «approfondire i temi del libro, discutere, aggiornare le informazioni e consultare le fonti citate nel testo». Riguardo a quest’ultimo aspetto si evidenzia come all’interno del testo ci siano una serie di note, costituite da link, che “collegano direttamente” il libro al web, dando la possibilità al lettore di accedere e consultare, in versione integrale, i documenti utilizzati.

Tutti questi elementi danno maggiore valore al saggio e confermano – qualora ci fossero dubbi in merito – l’assoluto interesse da parte dell’autore a fare chiarezza sull’argomento e a diffondere la giusta conoscenza e consapevolezza, con la speranza (riteniamo opportuno aggiungere) che tutti si rendano conto di quanto anomala sia la nostra condizione e di quanto sia assolutamente necessario provare seriamente e caparbiamente a cambiarla.

 

Anna Guglielmi

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno IV, n. 29, gennaio 2010)

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